Ai gesti quasi inconsapevoli ai quali gli uomini del XX secolo hanno conformato le loro sempre più comode vite (schiacciare l’interruttore della luce, aprire il rubinetto dell’acqua, accendere il gas, eccetera), noi uomini del XXI secolo abbiamo aggiunto altri quasi inconsapevoli gesti con i quali una serie sempre più numerosa di oggetti basati sui computer e i microprocessori ci vengono quotidianamente in aiuto (accedere a internet, telefonare, trovare la strada con un navigatore, fare una fotografia, programmare una lavatrice, eccetera). Per richiamarci alle origini di tante opportunità, non fa male che ogni tanto qualcuno offra al grande pubblico l’opportunità di ripercorrere il complesso cammino con il quale si è arrivati alla loro “democratica” messa a disposizione di strati sempre più vasti della popolazione. È quanto ha fatto Daniele Casalegno, professionista e appassionato milanese nel campo dell’elettronica e dell’informatica, con il libro Uomini e computer. Storia delle macchine che hanno cambiato il mondo.



Il libro è stato presentato il 26 gennaio durante una simpatica serata svoltasi nella Sala Biancamano del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, nel corso della quale sono intervenuti autorevoli esperti del mondo dell’informatica, quali il prof. Giorgio De Michelis del Dipartimento di informatica della Università di Milano-Bicocca e l’ing. Fulvio Capogrosso della IBM-Italia, sponsor della manifestazione.



Benché i testi sulla storia dei computer e dell’informatica non manchino nel panorama editoriale italiano, sia ad opera di autori italiani, sia come traduzione di alcuni dei numerosi testi disponibili sul mercato americano, il libro di Casalegno ci pare abbia il pregio di essere di facile lettura, e di non essere prolisso, pur senza essere superficiale. Ripercorrendo i passi essenziali della lunga storia che ha portato dai primi strumenti di ausilio al calcolo, alle prime macchine calcolatrici, per finire con la nascita dei personal computer, ci sembra quindi che il libro abbia i numeri per diventare un utile compendio non solo per i curiosi, ma anche per quanti svolgono attività di formazione e di didattica in campo informatico, proprio per dare ai loro allievi una visione ad ampio spettro della materia, prima che essi si perdano nei dettagli delle singole specialità.



 

In questo senso ci pare appropriato il riferimento che Massimo Temporelli ha inserito, nell’introduzione del libro, ad un racconto di fantascienza di Isaac Asimov, del 1956, nel quale si immagina che un vecchio saggio raccomandi ad un ragazzo del futuro, interessato a diventare esperto di robot, «se vuoi diventare un vero tecnico programmatore devi imparare a conoscere la storia del calcolo». Nel contempo il libro offre una agile base da cui partire per approfondire singoli argomenti. A questo proposito ci pare significativo che l’autore, prendendo atto che soprattutto per le giovani generazioni sia ormai scontato cercare qualsiasi cosa prima di tutto in Internet, abbia incluso nel libro, una “sitografia”, invece della solita bibliografia, proprio con l’intenzione di guidare i lettore nel mare magnum dei siti web che si occupano di storia dei computer e dell’informatica.

Vale anche la pena di segnalare che la sede museale nella quale si è svolta la presentazione del libro ha dato ai partecipanti l’opportunità di vedere all’opera una delle primissime macchine da calcolo di cui si conservi memoria. Questa macchina fu progettata agli inizi del ’700 dal quasi sconosciuto marchese veneziano Giovanni Poleni (peraltro ai suoi tempi studioso di fama europea di materie umanistiche e scientifiche), che ce ne ha lasciato una descrizione dettagliata in una sua opera. Così, pur non essendoci pervenuto nessun originale, è stato possibile ricostruire un esemplare funzionante, di questa macchina, che è conservato presso il museo milanese.

 

 

Massimo Temporelli, curatore della sezione comunicazione e calcolo del museo, ha dato l’altra sera una dimostrazione convincente del funzionamento della macchina, che ha il pregio, rispetto ad altre di qualche decennio precedenti (ad esempio la nota addizionatrice di Pascal e la macchina calcolatrice di Leibnitz, entrambe realizzate verso la metà del ’600) di essere automatica, cioè di muoversi per suo conto, una volta dato inizio al calcolo, senza bisogno di azionare nessuna manovella.

Certamente può sembrare un po’patetico che una semplice moltiplicazione abbia richiesto alla macchina di “macinare” i suoi ingranaggi per trenta o quaranta secondi, ma questo dovrebbe renderci ancora più consapevole del lungo cammino e dei tanti sforzi che ci hanno portato a godere oggi, così facilmente, di tante possibilità.