Nel periodo delle feste natalizie abbiamo assistito a un’eccezionale ondata di maltempo che ha investito l’Italia. La regione più colpita è stata la Toscana. Giorni di continue piogge hanno provocato numerosi disagi tra cui la rottura dell’argine del fiume Serchio e l’altissimo rischio di esondazione del lago di Massaciuccoli. Superata l’emergenza abbiamo incontrato il professor Valerio Milano, docente di costruzioni idrauliche presso la facoltà di ingegneria dell’Università di Pisa, per approfondire il fenomeno delle esondazioni e i possibili interventi per prevenirlo o limitarlo.



La paventata esondazione del lago di Massaciuccoli era dovuta all’inadeguatezza degli argini: perché sono stati progettati in modo sottodimensionato o perché non sono stati realizzati a regola d’arte?

Il Lago di Massaciuccoli è contornato da argini, di altezza peraltro molto limitata, solo lungo una parte del suo perimetro. Gran parte del terreno limitrofo è di natura torbosa e quindi soggetto a forti fenomeni di subsidenza, innescati dai lavori di bonifica sistematica della zona eseguiti a partire dagli anni ’30 dello scorso secolo, con la costruzione di impianti idrovori alcuni dei quali scaricano le acque sollevate proprio nel Lago; la bonifica ha avuto anche l’effetto di ridurre la superficie del lago da 20 a 7 km quadrati circa. L’abbassamento della falda idrica dovuto alla bonifica ha provocato abbassamenti del suolo molto forti, che, in alcune zone limitrofe al Lago, hanno abbondantemente superato i 2 m.



Questo fatto che cosa ha comportato?

La necessità di realizzare nuovi piccoli argini e rialzare le arginature del lago, già esistenti in alcuni tratti, per evitare la tracimazione, ma questa operazione è risultata particolarmente difficile perché i rilevati arginali poggiano su uno strato torboso molto spesso che va incontro a notevoli costipamenti anche per effetto di aumenti di pressione assai modesti. La conseguenza di ciò è stato un processo a catena: ogni piccolo rialzamento della sommità degli argini veniva in buona parte vanificato dal cedimento del terreno alla base degli argini stessi. Questo fenomeno ha in pratica impedito la realizzazione di argini di adeguata resistenza e di altezza tale da contenere i livelli di massima piena con un sufficiente franco.



A quale metodo ottimale di costruzione si sarebbe invece dovuti ricorrere?

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Sarebbe stato necessario rimuovere lo spesso strato di terreno torboso su cui posano gli argini o realizzare intorno al lago manufatti di difesa con fondazioni profonde. Entrambe tali soluzioni sarebbero risultate enormemente onerose e quindi sono state scartate in quanto il rischio di esondazione per rottura arginale non è tutto sommato molto elevato proprio perché gli argini sono di altezza molto limitata e quindi poco cimentati; sono inoltre controllabili più efficacemente durante una piena sempre per la loro contenuta altezza.

 

In genere, ci sono altri fattori, oltre alle piogge (ambientali, naturalistici, meteorologici, geodinamici) che possono aumentare le minacce di esondazione?

 

I fattori che, oltre alle piogge, possono aumentare le minacce di esondazione sono prevalentemente gli interventi antropici di vario genere. Basti pensare per esempio a tutti gli interventi sui bacini che riducono il tempo di corrivazione, provocando una diminuzione dei tempi di formazione delle piene con un conseguente aumento delle portate di picco; agli interventi di impermeabilizzazione di vaste superfici, che provocano un forte aumentano del coefficiente di deflusso; agli interventi di urbanizzazione in zone limitrofe agli alvei, che sottraggono enormi volumi alla libera espansione delle acque durante le piene, costringendo i corsi d’acqua a defluire in spazi più angusti, con conseguente incremento delle portate massime. Tra l’altro, tali aree sono quelle a più elevato rischio idraulico, non solo a causa della frequenza e dell’entità delle esondazioni, ma anche per l’elevata gravità dei danni, non solo economici, conseguenti alle esondazioni stesse. Oltre a quelli citati, diversi altri interventi antropici giocano un ruolo rilevante sul pericolo di esondazione.

 

I sistemi di controllo e monitoraggio possono permettere di intervenire in tempi utili?

 

I sistemi di controllo e monitoraggio risultano senz’altro efficaci. Basti pensare ai sistemi di preannuncio delle piene in tempo reale, basati sulla previsione delle precipitazioni meteoriche e, per i fiumi che hanno un bacino imbrifero sufficientemente esteso (Po, Tevere, Arno, Adige ecc.), sulle precipitazioni già verificatesi fino a un determinato istante e sugli idrogrammi di piena rilevati fino allo stesso istante in tutte le stazioni idrometriche esistenti sull’asta principale e sugli affluenti a monte del tronco in cui si vuole fare la previsione. Ciò permette di prevedere la piena con un anticipo temporale tale da poter mettere in atto tutti gli interventi possibili per ridurre l’entità della piena stessa (per esempio, con l’apertura di paratoie che alimentano scolmatori e casse di laminazione, con una opportuna gestione dei laghi artificiali ecc.) e per aumentare temporaneamente la capacità di deflusso degli alvei (per esempio, con un sopralzo provvisorio degli argini e delle difese di sponda in genere, mediante sacchetti di sabbia, paratoie ecc.); è inoltre possibile allertare la popolazione, in modo da limitare i danni conseguenti a eventuali esondazioni.

 

Vengono applicate tutte le risorse tecnologiche oggi disponibili?

 

Certo, ma occorre sottolineare che è molto importante il controllo sistematico delle arginature, per potere intervenire ai primi accenni di cedimento o danni d’altro genere. È altresì importante il controllo degli argini durante le piene stesse, in modo rilevare il verificarsi di eventuali corrosioni, di infiltrazioni e di fontanazzi, che preannunciano la possibilità di crolli improvvisi; in questi casi si può prevenire il crollo arginale mediante una serie di interventi di somma urgenza.

 

In Italia tali sistemi sono efficienti?

 

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In Italia i sistemi di monitoraggio della Protezione Civile e delle Autorità di Bacino dei corsi d’acqua più importanti utilizzano le moderne tecniche oggi disponibili e sono senz’altro efficienti. 

 

Che tipo di interventi si dovranno fare in futuro, sia sul Lago sia nell’intero bacino idrografico, per prevenire casi analoghi?

 

Per quanto riguarda il lago di Massaciuccoli, a mio avviso gli interventi più opportuni per evitare che possano crearsi frequenti situazioni di pericolo sono da effettuare sul bacino idrografico. Tali interventi consistono nel ridurre le portate massime e i volumi idrici complessivi che durante le piene dei vari immissari vengono scaricati nel lago e nell’aumentare, quando è necessario, i volumi che il lago stesso scarica attraverso gli emissari, magari con l’ausilio e il potenziamento del sollevamento meccanico. In questo modo si riesce a tenere sotto controllo il livello massimo del lago, evitando che possa raggiungere quote pericolose e tali da destare allarme. Gli interventi diretti sul lago che risultano possibili sono costituiti da un modesto rialzamento delle sommità arginali in alcuni tratti e nel dragaggio del lago, in modo da far aumentare il volume invasabile. Tali interventi risultano molto più difficili e onerosi: riguardo al primo, ho già riferito rispondendo alla prima domanda.

 

E riguardo al dragaggio?

 

Posso dire che, per risultare efficace, dovrebbe essere di notevole entità, e poiché un dragaggio del lago, per quanto mi risulta, non è mai stato effettuato, i sedimenti da asportare potrebbero risultare, con elevata probabilità, molto inquinati e quindi classificabili come rifiuti speciali per cui i costi di smaltimento sarebbero estremamente elevati.

 

Il caso del lago di Massaciuccoli potrebbe verificarsi anche in altre zone d’Italia?

 

In teoria ciò non si può escludere a priori. Tuttavia il lago di Massaciuccoli rappresenta un caso del tutto particolare; è infatti molto difficile trovare un lago, nei pressi del mare, il cui livello di piena risulti più alto del terreno circostante, per cui le aree limitrofe al lago devono essere difese da eventi alluvionali mediante arginature, sia pure di modesta altezza. Quando il lago non è contornato da argini, le esondazioni dovute a un innalzamento del livello liquido sono molto graduali e interessano aree di limitata estensione, in quanto sono contenute dal naturale rialzamento del terreno circostante. Le inondazioni quindi, per l’entità sia delle superfici allagate, sia dei tiranti idrici, non sono assolutamente paragonabili a quelle che possono verificarsi a seguito di un crollo di un tratto arginale di un lago arginato.

 

Gli argini dei fiumi italiani sono mediamene sicuri o siamo a rischio?

 

Gli argini dei fiumi italiani sono soggetti a un continuo controllo, per cui sono senz’altro generalmente sicuri. Data però l’enorme lunghezza complessiva degli argini di tutti i fiumi, è inevitabile che, a seguito di eventi eccezionali, qualche tratto arginale possa andare in crisi e che quindi possa essere tracimato o peggio andare incontro a cedimenti e crolli.