Segnali contrapposti in questo periodo dalla vecchia Europa e dai progressisti Stati Uniti sul fronte della ricerca sulle cellule staminali. In Italia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha conferito l’autorizzazione alla produzione di cellule staminali cerebrali umane utilizzabili per terapie avanzate sull’uomo al “Laboratorio cellule staminali, Cell Factory e Biobanca” di Terni guidato da Angelo Vescovi. Ad Atlanta, allo Shepherd Center, l’azienda privata Geron, dopo aver ottenuto il placet dalla FDA (Food and Drug Administration), ha avviato il primo test con cellule embrionali per ricostruire la guaina dei nervi di un paziente dopo una lesione spinale; mentre dall’Harvard Stem Cell Institute arriva l’annuncio di un nuovo metodo per riprogrammare cellule della pelle in staminali. In proposito abbiamo interpellato il professor Vescovi, che sta procedendo con grande decisione ed energia sulla linea delle staminali adulte, non solo a Terni ma ora anche nella sua qualifica di direttore scientifico del IRRCS Casa Sollievo della Sofferenza di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e dell’Istituto di ricerca Mendel di Roma. Il suo entusiasmo per le nuove piste di ricerca, supportato dall’ampliamento delle strutture a disposizione, non riduce la pazienza con la quale attende, nei prossimi mesi, il via libera da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, essendo convinto che «non si tratta di burocrazia ma di tutelare pienamente l’interesse dei pazienti, offrendo soluzioni che sappiano dare la massima efficacia col minimo rischio».



Questa autorizzazione dell’AIFA cosa vi consente di fare?

L’autorizzazione significa che le cellule staminali prodotte nella Banca delle staminali di Terni, cioè cellule staminali del cervello, sono già autorizzate al trapianto nell’uomo e quindi possono venir utilizzate in tutte quelle sperimentazioni cliniche che tentano di sostituire cellule nervose. Più precisamente ci permette di tornare alla commissione di Fase 1 per la sperimentazione clinica dell’Istituto Superiore di Sanità (alla quale avevamo già fatto richiesta) e verificare se quello che abbiamo fatto nel frattempo è giusto e quindi poter procedere con la sperimentazione nel caso della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica).



A quali altre patologie pensate di applicare, prossimamente, il vostro metodo?

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Stiamo pensando di allargare queste sperimentazioni ad altri tipi di malattie come quelle genetiche-metaboliche in età pediatrica (morbo di Tay Sachs) e, successivamente, anche a forme gravemente invalidanti di sclerosi multipla.

 

Quali sono in breve i vantaggi del vostro metodo?

 

Per poter parlare di vantaggi ci dovrebbe essere qualcosa di comparativo. Attualmente io non vedo altri metodi che consentano di fare quello che noi possiamo fare. L’unica sperimentazione progettata con le staminali embrionali, che di fatto sta ancora per partire, ha richiesto 40 milioni di dollari e non è proponibile su nessuna scala pratica. Non è quindi un metodo che compete con un altro: semplicemente, non ce n’è un altro.



 

Lei si riferisce ai test annunciati dalla Geron?

 

Sì. Devo aggiungere che non credo sia necessario spendere tutti quei soldi per una sperimentazione e penso che quella non sia neppure la sperimentazione che loro stessi avevano inizialmente preparato. Rifiuto nel modo più totale quanto affermato dall’amministratore delegato di Geron e cioè che quello è l’unico modo di produrre le cellule adatte per il trapianto nei pazienti. Noi, infatti, lo facciamo e, se mi è permessa la battuta, ai ricercatori della Geron che volessero venire qui nel nostro laboratorio a prenderle potremmo darne un secchiello pieno a costo zero. Di queste sperimentazioni non penso né bene né male. Dico solo che: primo, non c’era bisogno di utilizzare cellule staminali embrionali; secondo, trovo sospetto che un trial clinico parta nel momento in cui si manifestano alternative, come quella della staminali cerebrali o quella della riprogrammazione cellulare. Non posso non pensare a una mossa politica.

 

In che senso?

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È chiaro che il trapianto o lo fanno adesso o non potranno più farlo. Inoltre, sono fortemente preoccupato per il tipo di modello scelto. Da quello che posso capire, stanno pensando a un trapianto in un caso di lesione spinale acuta; ma in casi del genere non è possibile predire come evolverà e quindi non capisco come pensano di interpretare i risultati: infatti, qualunque variazione si riscontri potrebbe essere dovuta semplicemente all’evoluzione fisiologica della lesione. Agire in tale situazione mi sembra – ma è un parere molto personale – più simile all’utilizzo dell’essere umano come cavia e non a finalità terapeutiche. E poi non ci vogliono tutti quei soldi. Tenga presente che nel nostro caso, con tutte le difficoltà aggiuntive che ci sono nel no-profit, abbiamo speso due milioni di euro.

Cosa pensa invece dell’annuncio dell’Harvard Stem Cell Institute di un nuovo metodo per riprogrammare le cellule?

Sulla riprogrammazione delle cellule adulte ho più volte espresso delle valutazioni positive. Quando Yamanaka ha diffuso i suoi risultati c’erano già delle evidenze sperimentali dirette: un nostro articolo su Science del 1999, molto criticato, mostrava che da una cellula adulta di un certo tessuto si potevano produrre cellule di altri tessuti. Insomma, che si potessero ottenere cellule staminali senza produrre embrioni era nell’aria. Yamanaka ha avuto il grande merito di crederci e soprattutto di sviluppare una tecnica adatta. Ora, nell’arco di cinque anni, abbiamo ormai cellule umane clonate e quasi pronte per la sperimentazione umana. Non ho mai visto un settore svilupparsi così rapidamente e con una tale coerenza di risultati. Questa è la strada che la scienza propone e che tutti stanno seguendo; non lo dico solo io, l’ha scritto recentemente il New York Times. Pertanto è difficile giustificare l’insistenza su altri approcci, come quelli di coloro che hanno propugnato l’utilizzo di cellule embrionali per interessi che poco hanno a che fare con il bene del paziente ma per loro interessi scientifici, ideologici, politici o puramente commerciale.

 

Quindi è questa la tecnica del futuro?

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Sì. La tecnica della riprogrammazione si sta avvicinando a grande velocità alla possibilità della sperimentazione clinica. Ricordo peraltro che con questa tecnica è possibile clonare le cellule, quindi non c’è più il problema del rigetto e la clonazione ha un’efficienza assolutamente vincente. Inoltre non presenta alcun problema di tipo etico.

 

Anche voi state svolgendo ricerche in questa direzione?

 

Sì, ci stiamo muovendo in questa prospettiva. Mentre adesso per la genesi delle cellule e la loro modificazione partiamo dal tessuto cerebrale, stiamo sviluppando un progetto per cui le cellule che entrano nel processo, che pure rimane identico, non saranno più le cellule cerebrali ricavate dagli aborti spontanei ma verranno dalle cellule riprogrammate del paziente. È un’operazione che sappiamo fare molto bene con le cellule di topo; ci basta ora avere a disposizione le cellule riprogrammate umane: per questo ho messo a punto uno specifico progetto con l’Istituto Mendel di Roma.

 

Il vostro centro di Terni si pone ormai come un punto di eccellenza e anche di servizio a livello internazionale?

 

Prossimamente devo partecipare al congresso mondiale di neuroscienze e lì lancerò questa proposta: che la Biobanca di Terni i diventi un punto di riferimento internazionale per tutti quei ricercatori che hanno evidenze preliminari della possibilità, se avessero a disposizione le cellule adatte, di condurre una sperimentazione clinica. Ebbene, la mia proposta è che qui possano avere accesso alle cellule già di grado clinico, per testarle su animali e poi per allargare subito la sperimentazione sull’uomo. Tutto ciò dovrebbe essere condotto su base no-profit e così moltiplicare il numero di sperimentazioni cliniche nel mondo. Oggi infatti il collo di bottiglia per queste sperimentazioni è la disponibilità di cellule di grado clinico umane ed è proprio ciò che ci è stato certificato.

(a cura di Mario Gargantini)