Alcune molecole organiche, polimeri o molecole più piccole, sono caratterizzate dalla proprietà di possedere elettroni delocalizzati (ovvero, con linguaggio più chimico, sono molecole coniugate), che le rende simili a piccoli conduttori o semiconduttori. Di tali molecole, se organizzate a formare un materiale solido, sono costituiti i cosiddetti semiconduttori organici che, da circa quindici anni, si stanno sempre più affermando come semiconduttori del futuro, grazie ai vantaggi, previsti o già dimostrati, che possono offrire rispetto ai tradizionali semiconduttori inorganici.
Per esempio, le quasi illimitate possibilità offerte dalla chimica nella sintesi di nuovi composti organici permette di progettare le proprietà secondo necessità; si è dimostrato in più casi come, con composti organici simili, ma differenti per la presenza di opportuni sostituenti chimici, il gap elettronico del semiconduttore si può far variare con continuità in tutto l’intervallo spettrale del visibile. Inoltre questi materiali sono leggeri, flessibili, richiedono costi di produzione relativamente bassi e purezze più limitate di quelle dei semiconduttori tradizionali.
Tutto ciò ha stimolato lo studio di questi nuovi materiali e il loro uso in dispositivi elettronici, il successo dei quali è già stato dimostrato nel caso di diodi emettitori di luce, transistor, rivelatori e celle solari organici.
Uno dei parametri microscopici importanti dei semiconduttori organici in vista del loro utilizzo in dispositivi fotovoltaici è la lunghezza di diffusione degli eccitoni, cioè una sorta di spessore di materiale utile per il funzionamento di una cella solare. Quanto maggiore è la lunghezza di diffusione degli eccitoni, tanto migliore sarà l’efficienza con cui si sfruttano le proprietà del materiale organico che costituisce la cella.
È proprio questo l’argomento di un articolo (“Observation of long-range exciton diffusion in highly ordered organic semiconductors”) apparso recentemente sulla rivista Nature Materials. Ma che cosa sono gli eccitoni nei semiconduttori organici? Che cos’è più precisamente la loro lunghezza di diffusione e perché è rilevante per l’effetto fotovoltaico?
Ecco come funziona una cella solare organica. La luce solare viene assorbita da parte del materiale semiconduttore organico generando gli eccitoni, che sono coppie legate delle due cariche di segno opposto elettrone e lacuna; gli eccitoni migrano all’interfaccia tra semiconduttore ed elettrodi metallici, dove avviene la separazione delle due cariche che vengono poi raccolte, completando la conversione di energia luminosa del Sole in energia elettrica. I fattori determinanti nel processo fotovoltaico completo sono, quindi: l’assorbimento efficiente di luce in tutto lo spettro solare, che genera gli eccitoni; la migrazione degli eccitoni verso gli elettrodi; la separazione e il trasporto di carica.
Mentre l’assorbimento può essere migliorato scegliendo opportuni materiali o progettandone di nuovi, il trasporto di carica è limitato spesso dalla presenza di stati che intrappolano le cariche, impedendone quindi un’efficiente raccolta. Quanto alla migrazione degli eccitoni, che è un processo di diffusione, solitamente avviene per lunghezze di cammino nel materiale di 20÷50 nanometri (chiamato lunghezza di diffusione), oltre il quale le due cariche, legate appunto a formare l’eccitone, si ricombinano e l’eccitone stesso termina la propria vita.
Nell’articolo su Nature Materials si dimostra che in un semiconduttore organico di elevata qualità, nel caso specifico è un cristallo singolo di rubrene, la lunghezza di diffusione degli eccitoni raggiunge valori fino a 2÷8 micrometri, cioè cento volte maggiori rispetto a quelli solitamente osservati.
Questo fa sì che, con materiali di tale qualità cristallina, si possano sfruttare per l’effetto fotovoltaico tutti gli eccitoni generati nel materiale, ovvero tutti quelli generati dallo spessore di materiale semiconduttore interessato dall’assorbimento di luce, che solitamente è di circa 1 micrometro. Tutti infatti possono migrare fino a raggiungere gli elettrodi, contribuendo alla generazione di corrente.
Naturalmente, altri parametri possono e devono ancora essere migliorati in vista di ottenere piena efficienza e affidabilità di dispositivi fotovoltaici organici, tra cui anche la geometria della cella, per esempio costituita di più materiali organici che contemporaneamente contribuiscono all’effetto. Nell’articolo citato si è dimostrato che è possibile rimuovere uno degli ostacoli attraverso il controllo della qualità cristallina dei materiali utilizzati.