La mattina del 5 ottobre scorso, giorno dell’annuncio dell’assegnazione dei premi Nobel per la Fisica 2010, squilla il telefono al laboratorio del Condensed Matter Physics Group  dell’Università di Manchester dove lavora il trentaseienne fisico russo Konstantin Novoselov. All’altro capo del telefono c’è Adam Smith, caporedattore del sito web della Fondazione Nobel, che chiede di parlare con Novoselov. Risponde proprio lo scienziato e subito Smith gli porge le congratulazioni per la vittoria del prestigioso premio assegnato dalla Accademia delle Scienze Svedese. Poi gli chiede di potergli fare una breve intervista, come è tradizione con i neo vincitori. “Ma, proprio adesso?”. Smith, sorpreso per la titubanza dell’interlocutore, conferma “sì, adesso”; Novoselov riprende: “Mi spiace, ma sono nel bel mezzo di un esperimento, sto facendo una serie di misure e …”. Sempre più sorpreso il giornalista si scusa per aver interrotto l’attività dello scienziato ma insiste: “Faccio questi servizi da anni e so che fra poco avrà addosso mezzo mondo …”; e l’altro: “quindi lei vuol dire che devo proprio interrompere l’esperimento?” e alla fine si rassegna e concede l’intervista.
Queste battute danno un’idea del personaggio: un tipo semplice, appassionato del suo lavoro e della sua ricerca su questo strano nuovo materiale, il grafene, sottile e resistente, che da sei anni sta studiando insieme a Andrej Gejm col quale ha condiviso il Nobel. È un’impressione che vien confermata nell’intervista esclusiva che ha concesso a ilsussidiario.
Sarà curioso vederlo in smoking a Stoccolma il 10 dicembre, quando ritirerà dalle mani del Re di Svezia la medaglia d’oro e l’assegno di 745mila dollari.



Come ha deciso di dedicarsi allo studio del grafene? Che cosa l’ha incuriosito?

Quello che all’inizio abbiamo tentato di fare, è stato realizzare dei transistor a effetto di campo basati sulla grafite. Già il primo esperimento ebbe successo, seppure condotto senza metodi troppo sofisticati.
Ci interessava usare un sistema metallico in cui la costrizione dei portatori fosse molto bassa. Poi il progetto si è sviluppato fino ad arrivare al grafene.
 
Che cosa ha guidato il vostro originale approccio al problema? C’è stato qualcosa in particolare che vi ha ispirato o vi ha suggerito in che direzione muovervi?

Partendo quindi dalla grafite, il nostro scopo era creare film sempre più sottili. Quello che ci sembrava ovvio infatti è che più il film fosse stato sottile, più le performance nelle applicazioni dei transistor sarebbero state migliori. Così ci siamo spinti fino a un livello tale da chiederci quale fosse il limite minimo dello spessore ottenibile. Non potevamo prevedere che il singolo strato atomico sarebbe stato stabile. Questo è stato il percorso che ci ha condotto al grafene.



Adesso cosa c’è ancora da capire del grafene e come procederete nelle vostre ricerche?

 

Molte proprietà di questo materiale sono assolutamente inusuali: è il sistema più conduttore in natura, è molto resistente, le sue proprietà ottiche sono particolari . Inoltre la combinazione di tutti gli effetti stessi lo rende ancora più interessante. Non è capitato mai in passato di avere a che fare con un materiale simile.
Quello che sembra cruciale è la conoscenza delle sue proprietà meccaniche e elettroniche. Questi sono i campi più interessanti che meritano di essere approfonditi.



Quanto ha contribuito al vostro successo l’ambiente scientifico di Manchester, la collaborazione tra voi due e con altri ricercatori?

Per Manchester sicuramente questo è stato un grande evento. Abbiamo un grande numero di Nobel in questa università e credo che tutti ne siano soddisfatti. Rispetto alla ricerca che verrà condotta in futuro ci sono due scenari che a mio parere si potrebbero delineare, l’uno positivo, l’altro negativo.
Nel primo caso si tenterà di promuovere la ricerca sul grafene. Gli ingegneri si concentreranno su si esso entrandovi in merito il più possibile senza saltare tutti i passi necessari prima di arrivare a delle applicazioni concrete.
Nell’altro caso gli stessi potrebbero spostare l’attenzione verso altro, anche se a mio avviso questo sarà improbabile: è un sistema troppo interessante per lasciarselo trattarlo troppo sbrigativamente.

Che effetto fa ricevere il premio Nobel alla sua età? Come pensa che cambierà il suo lavoro?

Beh, la mia speranza è che il Nobel non cambi affatto la mia vita! Farò di tutto per che questo non accada. Ad esempio cercherò di respingere coloro che mi inviteranno troppo spesso alle conferenze … Insomma spero di essere meno impegnato all’estero quest’anno rispetto a quanto non lo sono stato in passato. In realtà, onestamente, credo che ciò sarà impossibile; ma uno può tentare di minimizzare gli effetti.

(a cura di Margherita Sepioni e Mario Gargantini)