È senz’altro stimolante per dei ragazzini (ma non solo per loro) essere chiamati a immaginare le condizioni ambientali fra quarant’anni ed è una sfida che vale la pena raccogliere quella di indicare i comportamenti che potrebbero compromettere la vita sul Pianeta o viceversa renderla più confortevole e vivibile. Questa è la proposta che si troveranno di fronte i visitatori della mostra “2050. Il Pianeta ha bisogno di te”, aperta da pochi giorni a Milano (alla Rotonda di via Besana) fino al 30 gennaio 2011.
L’idea è stata sviluppata con successo di pubblico presso il Science Museum di Londra e il format è stato importato tale e quale in Italia a cura dell’Assessorato alla cultura del Comune di Milano, con la collaborazione del mensile Focus. L’itinerario espositivo svolge in modo certamente attraente, con il supporto delle più moderne tecnologie multimediali, il tema di grande attualità come la sostenibilità della vita sul nostro Pianeta. E non si propone come luogo neutro di analisi del problema ma indica subito, senza mezzi termini, una situazione compromessa e bisognosa di precisi interventi di miglioramento.
Gli ambiti individuati su cui agire per arrivare a un mondo migliore sono cinque: l’alimentazione (“Mangiare” e “Bere”), dalle risorse disponibili alle nuove possibilità tecnologiche, tra cui OGM e nanotecnologie; il tempo libero (“Divertirsi”), per comprendere come gli stili di vita (dal gioco, alle vacanze, alle comunicazioni) determinino uno specifico impatto ambientale; i trasporti (“Spostarsi”) che sono in continua evoluzione verso nuovi mezzi e modalità, tra cui i nuovi carburanti; gli edifici (“Abitare”) che, oltre a proteggerci dagli elementi naturali, conferiscono un senso di identità e di comunità.
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Il viaggio attraverso queste sezioni è accompagnato da quattro personaggi virtuali (Buz, Eco, Tek e Dug) che arrivano direttamente dal 2050 e rappresentano diverse modalità di approccio alla responsabilità per il futuro del Pianeta. Il percorso si snoda attraverso un tour digitale, con il tipico approccio “hands on” – ormai diffuso nella impostazione museale moderna – studiato appositamente per i bambini come un grande gioco interattivo: una “Carta Pianeta” assegnata a ogni giocatore ne registra via via le abitudini quotidiane per arrivare a indicare, alla fine della mostra, se il suo comportamento sia virtuoso o meno in termini di sostenibilità ambientale.
I cinque ambiti individuati sono indubbiamente al centro del dibattito ambientale; ma, trattandosi di un’iniziativa con dichiarato intento educativo, perché non avere anche il coraggio di inserire una voce del tipo “studiare” o almeno “conoscere”? Una proposta di questo tipo è certamente coinvolgente e offre agli educatori numerosi spunti sui quali poi proseguire un (necessario) approfondimento.
Ma siamo proprio sicuri che il modo migliore per responsabilizzare i futuri cittadini del 2050 sia quello di presentare loro il Pianeta come un luogo pericoloso e minacciato da continue emergenze? Forse “incontrare il Pianeta” (è l’invito contenuto nel depliant di presentazione dell’iniziativa) in primo luogo nella sua bellezza, nella ricchezza delle sue risorse e nella delicatezza dei suoi equilibri può far scattare la giusta molla che poi sostiene i comportamenti responsabili.
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È un concetto ben segnalato in alcuni interventi introduttivi del catalogo della mostra (Codice Edizioni) ma che poi non trova corrispondenza nel percorso, concentrato esclusivamente sui comportamenti e sui piccoli o grandi accorgimenti quotidiani; col rischio di indurre l’idea che salvare il Pianeta in fondo è facile e che basta attenersi ad alcune norme “corrette” per risolvere i problemi.
Quello che più giova alla causa ambientale è il coraggio di mettere l’uomo al centro, smettendo di considerarlo solo come minaccia per la Terra; nel citato depliant, ad esempio, presentando il pacchetto di iniziative collaterali che accompagnano la mostra, si dice: “Soggetto centrale delle iniziative è la Terra, con i suoi equilibri naturali minacciati dall’attività del mammifero più evoluto vivente sul Pianeta, l’uomo”.
Il Pianeta può certo trarre giovamento dai comportamenti virtuosi ma prima ancora ha bisogno di persone che cerchino una consapevolezza di chi sono e del loro posto su un Pianeta; e che si accorgano di averlo ricevuto come dono per poterlo meglio “coltivare e custodire” (secondo l’invito rilanciato all’Angelus di domenica scorsa da Benedetto XVI).