Fluorescent long DNA: è questo il nome del nuovo test che potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce dei tumori al colon. A mettere a punto la tecnica sono stati i ricercatori italiani dell’IRST, l’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori; l’istituto, interamente dedicato alla cura, alla ricerca clinica, biologica e traslazionale e alla formazione in campo oncologico, è operativo dal 2007 all’interno delle strutture dell’ex Ospedale Civile di Meldola (FC) a partire da un’alleanza pubblico-privato tra enti non profit. I risultati dell’efficacia del test sono stati pubblicati dalla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention.
Il tumore del colon rappresenta oggi la seconda causa di morte per cancro al mondo. Proprio per il lento progredire della malattia, una diagnosi eseguita il più precocemente possibile aumenterebbe di molto la possibilità di sopravvivenza a questo tipo di cancro. «Attualmente la metodica più utilizzata per la diagnosi precoce del tumore al colon è quella che prevede la ricerca di sangue occulto nelle feci» spiega Daniele Calistri, uno degli autori dello studio.
Questo test però presenta ancora alcuni problemi dovuti all’incertezza del risultato in termini di falsi negativi, ovvero persone che nonostante risultino negative stanno sviluppando la malattia. Il tumore al colon infatti ha la caratteristica di sanguinare ad intermittenza e, soprattutto nelle fasi più precoci del suo sviluppo, questo fenomeno può essere assente e quindi non individuabile attraverso le analisi. Proprio per questa ragione si è alla ricerca di un test più affidabile per lo screening sulla popolazione.
L’analisi è stata condotta ricercando il DNA presente nelle feci dei pazienti. Le cellule che normalmente sono contenute al loro interno sono generalmente cellule morte che presentano del DNA frammentato. Al contrario, in caso di lesioni o tumori, l’intestino rilascia delle cellule vive che come tali possiedono un DNA più integro di quelle morte.
«Analizzando la quantità e il grado di frammentazione del DNA delle cellule presenti nelle feci -continua Calistri- è possibile valutare la presenza o meno di un eventuale tumore». Gli studi che hanno dimostrato l’innovativa efficacia del test sono stati effettuati in persone positive al test del sangue occulto (il cosiddetto test Fobt): l’indagine è stata condotta su un’ampia serie di pazienti con quelle caratteristiche reclutati nell’ambito del programma di screening in corso presso l’Unità oncologica di prevenzione dell’ospedale Morgagni di Forlì, per gli individui di età compresa tra 50 e 69 anni.
Lo scopo ultimo della nuova metodologia di screening ideata dai ricercatori italiani è quella di sostituire l’attuale test d’indagine per arrivare ad individuare per tempo le persone malate sin dai primi stadi dello sviluppo tumorale. «Dato che la diagnosi definitiva deve però comunque essere effettuata tramite colonscopia -conclude Calistri-, la maggior accuratezza diagnostica della nuova metodica permetterebbe di diminuire il ricorso a questa tecnica invasiva e di diminuire i casi di falsi negativi».