L’eccezionale sviluppo tecnologico e scientifico di cui siamo spettatori e utenti sempre più affascinati si è basato negli ultimi decenni su un’esplosione impensabile dei sistemi elettronici e informatici: abbiamo avuto infatti a che fare con strumenti sempre più potenti, cioè capaci di svolgere sempre più operazioni simultaneamente, più rapidi e in grado di immagazzinare quantità di dati incredibilmente elevata. Queste tre caratteristiche base sono quelle su cui normalmente si misura la qualità di un computer o di uno strumento elettronico evoluto come uno smartphone.
Ovviamente nessuna operazione di nessun computer o strumento elettronico può essere definita istantanea e, a seconda di quanto tempo impiega il sistema a leggere quello che dobbiamo utilizzare, il nostro lavoro sarà più o meno rapido e la nostra soddisfazione nel suo utilizzo maggiore o minore. Non ci riferiamo a lunghe attese per lanciare pesanti programmi da specialista, ma anche all’attesa all’accensione del nostro PC fisso o portatile o del nostro smartphone.
Colpisce pensare che questa attesa, insieme al mantenimento dei dati nella RAM, la memoria volatile necessaria per il funzionamento dei programmi durante le sessioni di lavoro, porti con sé anche un dispendio energetico considerevole su scala planetaria: si stima che accensione e mantenimento in funzione dei computer e dei dispositivi elettronici costi circa il 6% del consumo complessivo di energia elettrica e che, se la tecnologia rimanesse quella di adesso, questo dovrebbe toccare il 15% del totale entro il 2025.
Stanco delle perdite di tempo di avvio dei computer e della perdita di energia per operazioni non direttamente produttive, Mathias Kläui, ricercatore del Centro Ricerche IBM di Losanna, ha pensato di usare le sue conoscenze in materia di nanotecnologie e di spintronica per risolvere il problema. L’idea che lo ha guidato è originale e promette di fare significativi passi in avanti nella capacità di storage (cioè di immagazzinamento dei dati) e nella velocità di lettura. Ha preso come modello gli ormai quasi inutilizzati nastri magnetici, come i VHS: il punto originale è però che i suoi “nastri” sono bobine di materiale conduttore (nanocavi in nichel-ferro) che hanno le dimensioni di pochi nanometri (un nanometro è un miliardesimo di metro) e permetteranno di ottenere memorie a stato solido, come le attuali memorie flash e i dischi rigidi dei PC, ad altissima densità e ad altissima velocità.
Queste bobine ovviamente non sono avvolgibili come i nastri delle VHS, ma sono elementi fissi sede di correnti dotate di polarizzazioni di spin, che hanno una velocità di centinaia di metri al secondo: come leggere un’intera videocassetta in meno di un secondo. Non a caso sono state citate le correnti spin-polarizzate: ciò che permette questo nuovo interessantissimo sviluppo tecnologico è infatti la spintronica, una branca della fisica della materia che studia le caratteristiche dello stato solido quando in un flusso di corrente tutte le particelle portatrici di carica hanno il loro asse di spin direzionato allo stesso modo.
Lo spin è uno dei numeri quantistici – quei numeri, cioè, che indicano lo stato quantico di una particella – e corrisponde in fisica classica all’asse di rotazione della particella su di sé. A prima vista la spintronica sembrerebbe qualcosa di esotico e senza utilità pratica diretta: in realtà la spintronica è esattamente ciò che permette già attualmente la realizzazione dei dischi rigidi di tutti i computer. Lo spin infatti individua anche un momento magnetico, che per effetto della meccanica quantistica ha valori discreti. Giocando opportunamente con queste caratteristiche si possono tradurre in linguaggio binario i linguaggi informatici e scrivere nei supporti magnetici come i dischi dei nostri hard disk le serie di 0 e 1 necessari al funzionamento della macchina.
L’implementazione delle “racetrack memories” (letteralmente “memorie pista”) permetterà di avere memorie per dispostivi elettronici molto più capienti, ma soprattutto fino a 100.000 volte più rapidi. Di fatto potrebbe non essere più necessaria la memoria RAM, in quanto tutti i dati per il funzionamento del nostro dispositivo sarebbero letti direttamente dalla memoria fissa, in tempi più che rapidi e con un notevole risparmio energetico. La prima racetrack memory potrebbe essere messa in commercio fra 5-7 anni.