Terribili malattie che potrebbero tornare. Tubercolosi, colera, malattie sessuali e anche malaria. L’occidente europeo è di nuovo a rischio contagio epidemico dopo decenni in cui si pensava di aver debellato certe malattie. Invece…

Regno Unito: circa novemila casi di tubercolosi diagnosticati su base annua. Quattro su dieci di questi casi si ritrovano a Londra. Negli ultimi 10 anni la percentuale di crescita dei casi di tubercolosi è salita del 50%. Ma secondo gli esperti queste cifre non rappresentano il vero livello di incidenza della malattia, esso sarebbe molto più alto. Che succede? La tubercolosi, una malattia da sempre presente nella storia dell’umanità (si è riscontrato fosse già diffusa ai tempi dell’uomo preistorico), si pensava fosse stata ormai quasi del tutto debellata dalla fine della Seconda guerra mondiale.



La tubercolosi, diffusa nei ceti poveri, era largamente presente nell’Europa industriale del XIX secolo. Nel 1815, una morte su quattro in Inghilterra era causata da questa malattia; nel 1918 una morte su sei in Francia era ancora causata dalla TB. Nel XX secolo la tubercolosi ha ucciso circa 100 milioni di persone. Dopo la certezza nel 1880 che la malattia era contagiosa, la TB venne resa in Gran Bretagna una malattia “ad obbligo di notifica”, cioè una malattia di cui le autorità competenti devono essere a conoscenza per il rischio di contagio della stessa.



La speranza che la malattia potesse essere definitivamente sconfitta è stata resa vana dall’insorgenza di ceppi resistenti agli antibiotici negli anni Ottanta. I casi nella Gran Bretagna di tubercolosi, attorno ai 117.000 nel 1913, erano crollati a circa 5.000 nel 1987, ma sono risaliti, raggiungendo i 6.300 casi nel 2000 e i 7.600 casi nel 2005.

Secondo il professor Alimuddin Zumla dell’università di Londra, il motivo del ritorno della malattia è dovuto alla forte immigrazione d paesi poveri del cosiddetto terzo mondo: “La crescita della malattia nel Regno Unito” dice il professore “è presente in maggior parte nei gruppi di persone provenienti da altri paesi. Nel 2009, la presenza della tubercolosi era del 28% nei gruppi di africani, del 27% negli indiani e solo del 10% nei bianchi inglesi”.



Ma la cosa curiosa è che la maggior parte dei casi di tubercolosi sono stati registrati comunque in persone che vivono da uno o due anni in Inghilterra. “E’ comune” dice il professor Zumla “nei quartieri poveri di Londra. Case poveri, ventilazione inadeguata e sovraffollamento sono le cause della tubercolosi che colpisce Londra”. Circa due miliardi di persone al mondo, un terzo della popolazione mondiale, è esposta al rischio tubercolosi. Ogni anno si ammalano di questa malattia 8 milioni di persone e ne muoiono due milioni.

Haiti, dopo il terremoto, il colera. Ai primi di dicembre, il tragico computo registrava 80mila contagi e 1.815 vittime. Ogni giorno nell’isola si registrano un migliaio di nuovi ricoveri e da 20 a 40 casi letali. Il colera è una malattia infettiva del tratto intestinale, caratterizzata dalla presenza di diarrea profusa, spesso complicata con acidosi, ipokaliemia e vomito, causata da un batterio identificato per la prima volta nel 1859 dall’anatomista italiano Filippo Pacini e studiato dettagliatamente nel 1886 dal medico tedesco Robert Koch. Sebbene le cause esatte siano tutt’oggi non ancora del tutto conosciute, è certo che il colera si sviluppa in presenza di condizioni igieniche scarse.

La situazione di Haiti, rasa al suolo dal terribile recente terremoto, ovviamente ne ha permesso lo sviluppo. Ma è interessante notare come a fine agosto del 1979 una epidemia di colera si diffuse nella nostra città di Napoli, estendendosi poi fino in Puglia, soprattutto a Bari. Ci furono unta trentina di morti, di cui la maggior parte nel capoluogo campano. Il motivo? Il deteriorarsi delle condizioni igieniche e dal mancato smaltimento dei rifiuti. Ma anche l’inquinamento presente nel mare dovuto alle fogne che aveva attaccato l’allevamento di cozze. Il mercato ittico infatti dopo quella epidemia crollò totalmente.

Chiunque legga le cronache recenti della crisi dello smaltimento dei rifiuti a Napoli e provincia, dovrebbe preoccuparsi molto di possibili ritorni dell’epidemia anche in questo terzo millennio.

 

La sifilide è una malattia infettiva a prevalente trasmissione sessuale. Il morbo, che si può trasmettere anche in via prenatale se la madre ne è colpita al nascituro ancora in pancia, si trasmette però essenzialmente per via sessuale. Fu scoperto da Fritz Schaudinn e Paul Erich Hoffmann nel 1905. Per secoli si è attribuito ai marinai che andarono in America con Cristoforo Colombo la copla di aver portato la malattia in Europa, prendendola dagli indigeni.

Si è invece scoperto, studiando scheletri, che già nel medioevo in Europa c’erano casi di sifilide. La prima vera epidemia di questa malattia sembra sia scoppiata a Napoli nel 1495, con l’arrivo delle truppe francesi. Con il loro spostarsi verso nord, il morbo si diffuse in tutta Italia. Debellata da decenni, oggi si assiste a un ritorno della malattia tramite la prostituzione diffusissima nei grandi centri metropolitani del nostro paese. A Milano proprio in questo mese di dicembre è stato rilevato un caso di tubercolosi in una prostituta rumena, ma i casi di trasmissione di sifilide sono in aumento.

Nel 2010 si è calcolato che sulle strade del capoluogo lombardo ci siano circa 1500 prostitute o viados: sono stati 207 i casi di sifilide in Lombardia nel 2007. Indagini portate avanti dagli istituti sanitari lombardi rivelano che il 32% delle persone osservate, soprattutto egiziani, marocchini e sudamericani, non si è mai sottoposta a visita medica. I clandestini ovviamente non ne fanno per paura di essere mandati via dall’Italia. Gianpaolo Landi, assessore milanese alla salute, ha recentemente dichiarato: “Ci sono malattie come la sifilide che stanno tornando a diffondersi e il fenomeno crescerà se non si regolamenta la prostituzione”.

– La malattia portata dalle zanzare che ha origine nelle zone paludose e ricche di acquitrini, è considerata debellata in Italia sin dagli anni Trenta, grazie alle grosse bonifiche di ampie zone del Lazio e della Toscana effettuate in epoca fascista. Nel secolo precedente, si calcola morissero in Italia circa 15mila persone all’anno a causa della malaria. Ma negli ultimi tempi si è assistito a un ritorno anche nel nostro paese della terribile malattia. Nel nostro paese si registrano più di mille casi di malaria ogni anno.

Questo fenomeno è dovuto in parte anche alla diffusione di ceppi di P.falciparum resistenti ai farmaci antimalarici. Come mai questo ritorno? Per via dei molti viaggiatori che si recano in paesi africani (dove si registra il 90% dei casi di malaria di tutto il mondo) per turismo o lavoro, e viceversa, i molti immigrati che arrivano in Europa. Il rischio di contrarre l’infezione è molto elevato in caso di soggiorno in Africa intertropicale, mentre è inferiore, salvo alcune aree altamente endemiche, in caso di soggiorno in America latina e in Asia.

Ogni anno circa 10.000-30.000 viaggiatori europei e americani si ammalano di malaria. Assieme alla tubercolosi e all’Aids, la malaria è oggi una delle principali emergenze sanitarie del pianeta. Oltre a essere endemica in molte zone del pianeta, la malaria viene sempre più frequentemente importata anche in zone dove è stata eliminata, grazie ai movimenti migratori e ai viaggi. Annualmente, le persone che muoiono nel mondo a causa della malaria sono circa un milione.