Nel presentare un libro che raccoglie e commenta gli interventi di Ratzinger/Benedetto XVI sul tema scienza-fede la tentazione più forte è di continuare a proporre citazioni dai ricchi contributi che vanno dagli anni dell’insegnamento universitario ai più recenti discorsi in occasione di congressi o anniversari scientifici. Ma le citazioni significative sarebbero troppe e non si finirebbe mai. Così conviene rinunciare alla pretesa di una presentazione completa e organica e limitarsi a sottolineare (citazioni comprese) uno dei temi toccati, quello riguardante il binomio creazione-evoluzione, che è anche quello sul quale più si è espresso il pontefice, tanto da farne un accenno anche nell’omelia inaugurale del suo pontificato: «Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario».



Nel volume “Fede e Scienza – Un dialogo necessario” (Lindau), curato da Umberto Casale, oltre a un’accurata e ampia introduzione con un inquadramento storico e teologico, vengono riportati in forma antologica i principali contributi raggruppati in due sezioni: quelli del teologo e del cardinal Ratzinger, che è stato anche membro della Pontificia Accademia delle Scienze; e quelli del Papa che alla stessa Accademia è tornato più volte per incontrare premi Nobel e scienziati di ogni nazione e ogni credo.



Il tema del rapporto tra fede ed evoluzione è stato sviluppato dal teologo bavarese fin dagli anni ’60 nella convinzione che non si tratti di due ottiche inconciliabili: la creazione parla del perché esiste qualcosa e non il nulla (piano ontologico), l’evoluzione invece affronta il perché ci sono queste specie e non altro (piano fenomenologico). Infatti «la creazione afferma che l’essere nel suo complesso deriva da qualche punto, l’evoluzione invece descrive l’intima struttura dell’essere e vuole arrivare all’origine specifica di ogni realtà».

Già in “Introduzione al cristianesimo”, il limpido e rigoroso saggio che ha lasciato un’impronta decisiva in quanti l’hanno meditato in quegli anni turbolenti, dopo aver analizzato i diversi atteggiamenti della modernità di fronte alla realtà (storicismo, pensiero della tecnica), viene precisato lo specifico  della fede: «È la forma, non riducibile a scienza e incommensurabile ai suoi parametri, assunta dalla posizione dell’uomo nel complesso della realtà; è l’interpretazione senza la quale l’intero uomo rimarrebbe campato in aria; è l’atteggiamento che precede il calcolo e l’azione dell’uomo, senza il quale in definitiva non potrebbe né calcolare né agire, perché tutto ciò è in grado di farlo unicamente nell’ambito di un senso capace di sostentarlo».



Quanto all’evoluzione: «Si tratta di sapere se la dottrina evoluzionistica può presentarsi come una teoria universale di tutto il reale, al di là della quale le ulteriori domande sull’origine non siano più lecite né necessarie, o se domande ultime di tal genere non superino il campo della ricerca scientifica-naturale». Questo problema ultimo non può essere risolto con argomenti tratti dalle scienze naturali e anche la filosofia giunge qui al suo limite.

Approfondendo la questione della casualità e del finalismo – in riferimento anche alle ripetute prese di posizione di scienziati che insistono ad alzare il vessillo dell’evoluzione per cancellare l’idea di creazione – il curatore del volume riporta un passo dell’udienza generale del novembre 2005 che precisa come il paradigma evolutivo non possa rimanere senza finalismo: «Le parole di questo Padre del IV secolo [Basilio] sono di un’attualità sorprendente quando dice: “Alcuni, tratti in inganno dall’ateismo che portavano dentro, immaginarono un universo privo di guida e di ordine, come in balia del caso”. Quanti sono questi “alcuni” oggi? Essi, tratti in inganno dall’ateismo, ritengono e cercano di dimostrare che è scientifico pensare che tutto sia privo di guida e di ordine, come in balia del caso. Il Signore con la Sacra Scrittura risveglia la ragione che dorme e ci dice: all’inizio è la Parola creatrice. All’inizio la Parola creatrice – questa Parola che ha creato tutto, che ha creato questo progetto intelligente che è il cosmo – è anche amore».

Non è difficile vedere in questi “alcuni” i vari Dawkins, Hitchens, Hawking che ripetono, pur sapendo che non sono veritiere, le varianti di quanto il chimico inglese Peter Atkins diceva nel 1981: «la sola fede di cui abbiamo bisogno è la credenza che tutto può essere capito (dalla scienza) e che – alla fin fine – non c’è nulla da spiegare»; nell’universo «alla fin fine c’è soltanto caos, non scopo».

D’altra parte Casale fa notare come, avendo assunto il rapporto creazione/evoluzione come un capitolo importante del più generale tema dei rapporti fede/scienza, Ratzinger-Benedetto XVI, superando decenni di incomprensioni e in continuità con la riflessione di Giovanni Paolo II, prenda sul serio la dottrina scientifica dell’evoluzione: «Vi è un’apertura di fondo verso l’ipotesi scientifica dell’evoluzione e non c’è più traccia del problema esegetico, cioè i primi capitoli della Genesi non sono un ostacolo per dialogare con l’evoluzionismo».

Ciò che non vedono i neoscientisti è che  la fede teologica nella creazione è in effetti una «spiegazione» eccedente l’evoluzione fisica, «la ragione non finisce dove finiscono le scoperte sperimentali, essa non finisce nel positivismo: la teoria dell’evoluzione vede la verità, ma ne vede soltanto metà; non vede che dietro c’è lo Spirito della creazione». E perché questo dialogo, questa integrazione dei saperi possa continuare, occorre quello che Benedetto XVI ha chiamato “allargamento della ragione”.

Quello dell’evoluzione è solo un tratto emblematico di una grande sintesi operata da Ratzinger-Benedetto XVI, che – come osserva Casale – riesce ad essere coerente con la Tradizione ma al contempo originale ed eloquente rispetto alle domande e alle inquietudini degli uomini contemporanei.

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