Il bilancio della scienza in questi primi dieci anni del terzo millennio è senz’altro accompagnato dall’emozione dei risultati già raggiunti all’acceleratore LHC del Cern di Ginevra. È lì che nei mesi scorsi sono iniziate le collisioni ad alta energia tra le particelle pesanti che, dapprima hanno “riscoperto” tutta la fisica precedente, poi hanno riprodotto il mix primordiale di quark e gluoni e proprio all’inizio di dicembre hanno iniziato a dare segnali di una nuova fisica, aumentando le speranze di poter raggiungere gli ambiziosi obiettivi prefissati.



Tutto il decennio è stato dominato da questa gigantesca macchina della fisica, che ha avuto una partenza drammatica, segnata da un guasto imprevisto che ha fatto temere il peggio, ma che poi si è ripresa e ha iniziato a produrre dati nei quattro esperimenti sotterranei: solo negli ultimi sei mesi sono stati immagazzinati circa 15 petabyte (un milione di miliardi) di dati derivati dalle collisioni; un numero tale che, se quei dati fossero tutti masterizzati in cd, formerebbero una colonna di 20 chilometri, 61 volte la Tour Eiffel. E fra un decennio, stando alle ultimissime decisioni del Cern, potremmo avere una macchina ancor più potente, con trenta nuovi magneti superconduttori (probabilmente di niobio-tre-stagno) che consentiranno di aumentare il numero di collisioni e quindi la probabilità di scoperte.



Sull’altro versante della realtà naturale, il macrocosmo, si sono intensificate le tappe di avvicinamento al big bang con quella che è stata chiamata cosmologia di precisione. Un primo passo importante è stato quello della sonda Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP): è l’erede del satellite COBE che nel decennio precedente ci aveva regalato una spettacolare mappa del fondo cosmico di microonde con i segni delle fluttuazioni di densità nell’universo primordiale che rappresentano i “semi” dai quali si sono formate le galassie e tutte le strutture cosmiche che oggi conosciuto.



Le misure di WMAP, elette a scoperta dell’anno 2003, sono state più precise di quelle dei predecessori e hanno scoperchiato una serie di questioni alle quali potrà rispondere la nuova missione Planck dell’Esa, partita nel maggio 2009 con lo scopo di eseguire misure di altissima precisione proprio di quelle disuniformità dell’universo neonato. I primi anni della decade che si sta aprendo potranno forse svelarci cosa è successo poco meno di quattordici miliardi di anni fa, alzando anche il sipario su alcuni grandi enigmi della cosmologia come la natura della materia oscura e dell’energia oscura che sospinge l’espansione accelerata dell’universo.

In campo biologico, tre vicende sono da trattenere. La prima riguarda il Progetto Genoma, il cui completamento è stato annunciato proprio al debutto del nuovo millennio: il suo obiettivo era di mappare la sequenza dei geni della specie umana e la loro posizione sui vari cromosomi. In realtà, l’analisi completa della sequenza è avvenuta solo nell’aprile 2003 e il progetto si poteva dire concluso solo nel 2006, quando il NIH statunitense ha resa pubblica via Internet la sequenza del cromosoma 1, il più lungo e più difficile da analizzare. Ora si affacciano anche voci critiche e molti si sono dichiarati delusi per le promesse non mantenute e per l’assenza di risultati eclatanti; ma forse erano le aspettative ad essere sovradimensionate e poi nella scienza gli avanzamenti non sono sempre legati a risultati clamorosi da prima pagina.

 

Un’altra scoperta che ha trovato conferme in questi anni è relativa al ruolo di quello che in precedenza era considerato “DNA spazzatura”, che costituisce una parte considerevole del genoma umano ma non codifica proteine: il suo contributo sembra essere altrettanto importante quanto quello dei geni, intervenendo nella genesi di alcune malattie e contribuendo nei processi di adattamento degli organismi all’ambiente.

 

Infine, la ricerca sulle staminali ha visto una serie di risultati che hanno mostrato grandi potenzialità di sviluppo di tecniche non legate alle staminali embrionali: dalle tecniche di riprogrammazione di cellule adulte umane per farle funzionare come staminali pluripotenti, all’impiego delle staminali mesenchimali multipotenti nella medicina rigenerativa e riparativa. Sono tutte piste interessanti, anche se non esenti da problemi che dovranno essere adeguatamente studiati e ponderati.

 

Sulla frontiera a cavallo tra ricerca di base e applicazioni sta la progressiva espansione delle nanotecnologie, che secondo alcuni rappresentano la quarta rivoluzione industriale: sta imperversando la costruzione di nano macchine di ogni forma e funzione e crescono a ritmi elevati le applicazioni ai settori più diversi: dalla medicina, all’ambiente, all’hi-tech.

E non possiamo ignorare la matematica, che ha visto tra i suoi risultati la soluzione di uno degli enigmi più complessi della storia: la Congettura di Poincaré, dimostrata nel 2003 dal russo Grigori Perelman con un procedimento che per essere esaminato ha richiesto agli altri matematici due anni di lavoro. La storia però è passata agli onori della cronaca più che per il suo contenuto scientifico per il fatto che Perelman ha rifiutato la medaglia Fields (una sorta di Nobel per la matematica assegnato ogni quattro anni) che nel 2006 non è stata quindi attribuita.

 

Quanto all’Italia, mentre proseguono senza rilevanti novità i cronici dibattiti sulla fuga dei cervelli e sull’insufficiente quota di risorse destinate alla ricerca, c’è da considerare che abbiamo portato a casa un Nobel per la fisica, a Riccardo Giacconi nel 2002, mezzo Nobel per la medicina, a Mario R. Capecchi nel 2007 (ma Capecchi vive in Usa da quando era bambino) e abbiamo subito lo scippo nel 2008 del Nobel per la fisica a Nicola Cabibbo, poi scomparso nell’agosto scorso.

 

Ora si apre il secondo decennio del secolo, ancora una volta col suo contorno di progetti, di promesse e anche di timori. Ma per non caricare gli scienziati di troppe aspettative forse sarà bene riflettere su questa affermazioni di un grande studioso di storia della scienza, il benedettino Stanley Jaki, vincitore del Premio Templeton 1987 e scomparso nell’aprile 2009: «Scienza e tecnologia non possono automaticamente assicurare né il progresso, né la stabilità nel mondo… Scienza e tecnologia possono soltanto assicurare al genere umano i mezzi necessari per fare certe cose. Ma non forniscono né gli scopi, né la determinazione, né la buona volontà. Tutto ciò esula dalle preoccupazioni della scienza».