L’Antartide: probabilmente il luogo più inospitale del pianeta. Una grande isola così fredda, secca e lontana dalle nostre abituali condizioni di vita da sembrare quasi un altro pianeta. Una coltre di ghiacci perenne, spessa in alcuni punti anche più di tre chilometri, lo ricopre interamente, la flora nelle regioni interne è inesistente, la fauna si è adattata alle condizioni estreme del freddo polare, ma riesce a sopravvivere solo in alcune zone, non troppo lontane dalle coste.



Immagini vivide di quanto sia inospitale l’Antartide per la vita sono contenute nel memorabile documentario “La marcia dei pinguini” che mostra l’incredibile calvario del pinguino imperatore alle prese con il suo processo riproduttivo nelle infernali condizioni dell’inverno polare.

In questo luogo così tremendo non esistono ovviamente insediamenti umani autoctoni, ma qualcuno lo ha scelto come posto di lavoro, seppur temporaneo. Chi, se non qualche scienziato, poteva pensare di riservarsi – per così dire – il privilegio di passare periodi più o meno lunghi sul pack antartico? Può sembrare sorprendente, ma la presenza di rappresentanze scientifiche internazionali relativamente folte nelle zone costiere e in alcune regioni interne dell’Antartide è un dato ormai consolidato da decenni.



E non è tutto: altra sorpresa per il lettore poco informato, quella italiana è da sempre una delle pattuglie più attive e presenti nella comunità scientifica internazionale che svolge attività di ricerca al Polo Sud. Sin dall’inizio infatti l’Italia si è distinta nel campo della ricerca scientifica polare, entrando per questo a far parte già nel 1987 dei membri consultivi del Trattato Antartico, l’accordo internazionale che regola i rapporti fra i Paesi presenti in Antartide.

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In questi giorni è stata riavviata la presenza italiana in Antartide: quella iniziata è la 26esima campagna di studio, ricerca e osservazione nel continente bianco e si svolgerà in due periodi:l’invernale (fino a febbraio 2011) e l’estivo (fino a novembre 2011), coinvolgendo nell’anno a venire 140 fra ricercatori e personale tecnico e logistico, ospitati nelle basi italiane e straniere, grazie ad accordi internazionali.



 

 

L’inizio della campagna ha visto l’apertura della base italiana Mario Zucchelli, a Baia Terranova, che sarà la sede della campagna estiva, mentre la campagna invernale vedrà 14 persone in totale coinvolte, delle quali 6 italiane, che affronteranno i 9 mesi del temibile inverno antartico in completo isolamento all’interno della Stazione italo-francese Concordia, lontana dalle coste, ubicata a Dome-C, un punto in cui il ghiaccio raggiunge uno spessore maggiore ai tre chilometri.

 

 

In un clima teso per via delle proteste contro la riforma universitaria e i tagli al sistema della ricerca, si può salutare positivamente il fatto che il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) sia stato ridisegnato con Decreto interministeriale del ministro Gelmini, di concerto con il ministero dello Sviluppo economico, in modo da consentire efficienza di esecuzione e maggiori economie di spesa, oltre che garantire l’efficacia scientifica delle ricerche.

All’interno del rinnovato PNRA, fra i molti istituti di ricerca coinvolti, il CNR svolgerà compiti di programmazione e coordinamento scientifico, nonché di gestione e diffusione dei risultati prodotti, mentre l’ENEA si occuperà della programmazione operativa e della gestione tecnico-logistica delle attività di ricerca nel continente antartico.

 

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Il tutto rifinanziato con 18 milioni di euro da qui a fine 2011. Certamente la continuità nei progetti di ricerca più impegnativi è fondamentale; da questo punto di vista, bene hanno fatto i ministri a riprendere in mano la programmazione anche delle missioni in Antartide e a rifinanziarle.

Ma per chi non conosce la realtà antartica, è urgente cercare di capire il valore di queste campagne: che cosa vanno a studiare di così particolare gli Italiani al Polo? O, più in generale, perché sfidare il freddo a decine di gradi sotto lo zero, i venti violentissimi, le tormente, la lunghissima notte polare, le scomodità e i rischi che questo luogo inevitabilmente comporta per i suoi visitatori? Perché glaciologi e climatologi, astrofisici e cosmologi, geologi e sismologi, oceanografi e biologi decidono di condividere l’avventura antartica per periodi più o meno lunghi?

Aiutano le parole dei rappresentanti massimi di CNR e ENEA: «l’Antartide è un laboratorio di importanza strategica inestimabile. Le ricerche che vi vengono condotte – dichiara il presidente del Cnr, prof. Luciano Maiani – sono essenziali per comprendere i mutamenti climatici su scala globale e per studiare le dinamiche del nostro pianeta»; il commissario dell’Enea, ing. Giovanni Lelli, sottolinea che «i 25 anni di attività in Antartide hanno consentito all’Enea di acquisire conoscenze scientifiche e operative uniche in Italia, un patrimonio che questa riorganizzazione ci consentirà di valorizzare al massimo».

 

Senza entrare nel dettaglio dei diversi campi di investigazione, basti sapere che le diverse discipline guardano al Polo Sud con interesse crescente da un lato per le caratteristiche uniche del continente ghiacciato, dall’altro perché solo lì si possono effettuare alcune misure, determinanti per conoscere lo stato del nostro pianeta o per esplorare il cosmo profondo.

 

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Negli anni passati gli Italiani si sono dimostrati attivi in molti campi: ricordiamo il progetto EPICA, dedicato allo studio del paleoclima attraverso il carotaggio del pack a Dome-C, la partecipazione di alcuni cosmologi a campagne internazionali di osservazione dello spazio profondo (la più famosa fu quella collegata al satellite COBE, all’inizio degli anni ’90, il cui responsabile scientifico era il Premio Nobel per la Fisica George Smoot), alcune campagne per lo studio dei cambiamenti climatici (come ARTICO 2010, Climate Change Integrated Project – CCT-IP), una campagna per lo studio della biodiversità dell’ambiente antartico (Dirigibile Italia), altri studi relativi alla geologia e alla sismologia del continente antartico, campagne di raccolta di meteoriti per il Museo Nazionale dell’Antartide “Felice Ippolito”.

Mentre si sta ultimando la definizione delle nuove attività di ricerca, sta già iniziando un programma subacqueo di documentazione della biologia e dell’ecologia dei pesci antartici: attraverso fori di un metro e mezzo di diametro i sommozzatori raggiungeranno l’oceano sottostante i tre metri di ghiaccio e racconteranno, per mezzo di immagini video, l’affascinante e misterioso mondo sommerso: quasi un universo parallelo sorprendentemente ricco di vita che si contrappone al più severo e ben più povero in biodiversità ambiente subaereo.

Insomma, l’Antartide, che a prima vista sembra un luogo proibitivo, è in realtà uno scrigno ricco di segreti e di possibilità di ricerca e, un po’ come accade nella vita di chiunque, “bucare” la crosta dell’apparenza e dell’immediato consente progressi e sviluppi imprevedibili e appassionanti. Fare ricerca è sempre un’avventura: al Polo Sud ancora di più; e l’Italia è in prima fila. Nei prossimi mesi potremo saperne di più, nella speranza che l’avventura possa continuare per anni.