Non è del tutto vero che i laboratori di ricerca italiani sono così poco attraenti per chi sta svolgendo un lavoro scientifico all’estero. In alcuni casi, con le opportune condizioni organizzative ed economiche, può succedere che un brillante giovane ricercatore italiano rientri dopo alcuni anni di attività negli States e che un affermato biomedico olandese decida di proseguire a Milano le ricerche iniziate a San Francisco.
Accade in questi giorni ed è il frutto più recente dell’azione della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard che da alcuni anni lancia programmi di sostegno a scienziati dotati di particolari capacità allo scopo di contribuire alla creazione di nuove aree di ricerca nel settore delle scienze biologiche in Italia, di incentivare la mobilità internazionale a vantaggio di una cultura multidisciplinare, di favorire profondi rapporti di collaborazione tra gli scienziati italiani e la Harvard Medical School di Boston (HMS). Quest’ultimo finanziamento di due milioni di dollari porterà nel nostro Paese, e in particolare all’Istituto San Raffaele di Milano, Matteo Iannacone e Eelco van Anken: il primo si è specializzato in medicina interna proprio all’Università Vita-Salute San Raffaele, è vincitore di numerosi premi scientifici e attualmente Senior Research Associate presso il laboratorio di Ulrich von Andrian alla HMS; il secondo opera presso il laboratorio di Peter Walter alla University of California e allo Howard Hughes Medical Institute.
Nei laboratori californiani van Anken si è occupato dello stress proteotossico o ossidativo, causa di molti disordini degenerativi come il diabete mellito, disfunzioni cardiache, malattie neurodegenerative, artriti reumatoidi, degenerazioni maculari. Al San Raffaele potrà avvalersi della combinazione di tecniche di imaging, biochimiche ed esperimenti in vivo e lavorerà in collaborazione con i professori Roberto Sitia e Lawrence Wrabetz: l’obiettivo è di comprendere cosa accade durante la transizione della risposta adattiva a quella maladattiva e di riuscire a invertire questa transizione mediante nuovi approcci terapeutici per malattie come il diabete mellito e la malattia di Charcot-Marie-Tooth (denominata CMT1B e causata da un difetto di un gene della proteina della mielina P0 sul cromosoma 1).
La dinamica delle risposte immunitarie antivirali è invece al centro delle ricerche di Iannacone che, grazie al programma Armenise-Harvard Career Development, coronerà il suo sogno di aprire un proprio laboratorio in Italia. Anche se non rimpiange affatto la scelta che l’ha condotto a lavorare in Usa sette anni fa e che l’ha visto all’opera per quattro anni allo Scripps Research Institute di San Diego (California) e per tre alla HMS. «Sono andato negli Stati Uniti – ha dichiarato a IlSussidiario.net – perché lì si trovano i migliori laboratori del mondo. Questo è dovuto a un sistematico ingente investimento in ricerca e in educazione». Iannacone parla con entusiasmo della sua attività scientifica: «Ad Harvard mi sono occupato dei meccanismi responsabili della migrazione delle cellule del sistema immunitario e delle interazioni tra i diversi tipi cellulari durante una riposta immunitaria, in particolare nei confronti dei virus. Ho inoltre potuto utilizzare strumenti innovativi e il nostro team ha conseguito risultati rilevanti: applicando tecnologie d’avanguardia, come la microscopia intravitale multifotone che consente di vedere in vivo, in tempo reale, l’interazione tra diversi tipi di cellule, abbiamo identificato una popolazione di cellule linfonodali (i macrofagi) che catturano i virus e ne impediscono la diffusione al sistema nervoso centrale».
Nel nuovo laboratorio al San Raffaele continuerà a studiare la dinamica delle risposte immunitarie ai virus. «Uno dei filoni di cui mi occuperò, in collaborazione con il professor Luca Guidotti, è quello della patogenesi delle epatiti virali, e in particolare di quelle causate dai virus dell’epatite B e C». Si stima che oltre 600 milioni di persone siano infettate cronicamente con questi virus, e che due milioni muoiano ogni anno per complicazioni associate alle infezioni croniche, quali cirrosi e tumore del fegato. Iannacone, grazie alle tecniche d’avanguardia sperimentate a Harvard, sta cercando di scoprire i meccanismi cellulari e molecolari alla base di questa malattia. I risultati di queste ricerche potrebbero portare a nuove strategie terapeutiche per il trattamento delle epatiti virali croniche e potrebbero avere implicazioni per altre patologie del fegato, come le epatiti autoimmuni, il tumore del fegato o il rigetto di trapianto.
Interpellato su quali siano gli insegnamenti che porterà a casa dall’esperienza americana, conclude sinteticamente: «L’insegnamento più importante è probabilmente racchiuso nella citazione di Thomas Edison: «Genius is one per cent inspiration, ninety-nine per cent perspiration», ovvero «il genio è l’un per cento ispirazione creativa e il 99 per cento traspirazione, cioè sudore, fatica».
(a cura di Mario Gargantini)