Venerdì scorso è stato assegnato a Mosca il prestigioso premio “Bruno Pontecorvo”, attribuito ogni anno all’autore delle più significative ricerche nel campo della fisica delle particelle elementari. Quest’anno il riconoscimento è andato al professor Alexander Dolgov dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Ferrara. Allievo della celebre scuola russa di fisica teorica, che faceva capo a Landau e Zeldovich, Dolgov ha svolto buona parte della sua carriera nei più importanti istituti europei e da dieci anni vive e lavora a Ferrara dove, oltra all’INFN, insegna cosmologia e relatività generale presso la locale università. La motivazione del premio riguarda il ruolo dei neutrini nella cosmologia, un tema sul quale Dolgov ha dato importanti contributi negli anni e che si innesta sul filone della fisica del neutrino, particolarmente sviluppato nell’Ateneo. Ecco le risposte che il professore, dopo aver ritirato il premio, ha dato ai lettori de ilsussidiario.net.



Professor Dolgov, cosa sappiamo con sufficiente attendibilità sulla natura e sulle caratteristiche dei neutrini?

 

Ad oggi sappiamo abbastanza a riguardo dei neutrini. Essi sono delle particelle elementari che si possono distinguere in tre differenti sottotipi: neutrino elettronico, muonico e tauonico. Ognuna di queste differenti tipologie ha la sua controparte di antimateria, ovvero l’antineutrino. Queste particelle derivano da processi di decadimento radioattivo o da reazioni nucleari come quelle che si verificano nel Sole. I neutrini presentano una massa ma quello che non è ancora chiaro è a quanto corrisponda: dagli studi di cosmologia e dall’analisi delle radiazioni elettromagnetiche di fondo si può affermare che la massa dei neutrini è un milione di volte inferiore a quella degli elettroni.



Cosa resta quindi ancora da capire?

Una prima cosa è proprio questa della massa del neutrino, che non è stata ancora definita in dettaglio: dal punto di vista sperimentale resta da comprendere quale sia il valore assoluto di tale massa. Attualmente si sta effettuando un esperimento chiamato Katrin (Karlsruhe Tritium Neutrino Experiment) in grado di misurare la massa del neutrino con molta precisione. Questo esperimento si basa sull’analisi dello spettro degli elettroni emessi dal beta-decadimento dell’elemento chimico trizio, un isotopo dell’idrogeno. Un altro approccio utilizzato è quello cosmologico. Grazie all’attività del satellite Planck, lanciato nel maggio 2009, si potrà analizzare, tra le altre cose, la radiazione cosmica di fondo e quindi risalire alla massa del neutrino. Resta inoltre da comprendere la simmetria tra particella e antiparticella.



Quali sono i principali filoni di ricerca su queste particelle?

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Oltre agli studi sulla massa, le principali indagini sono volte a comprendere che impatto hanno avuto i neutrini nella formazione della materia. Vi sono due modalità di studio dei neutrini e del loro isolamento: una è quella che considera i neutrini a bassa energia nei reattori; l’altra è quella indirizzata ai neutrini ad alta energia che vengono studiati a lunga distanza tra la zona di produzione (il Cern di Ginevra) e quella di misura (i Laboratori sotto il Gran Sasso).

 

Lei su cosa si sta concentrando in questo periodo?

 

Uno dei maggiori sforzi che si stanno effettuando a Ferrara, grazie al professor Giovanni Fiorentini, è la propagazione dei neutrini nel globo terrestre, ovvero lo studio dei geoneutrini. Per quanto mi riguarda i miei studi sono più di tipo teoretico e vertono sull’analisi dei neutrini nella cosmologia; ovvero sul loro isolamento e sulla loro implicazione nella produzione dei diversi elementi che compongono la luce.

 

Che ruolo ha avuto nella sua formazione scientifica il suo contatto con la scuola Russa?

 

Sicuramente un grosso impatto. Ho imparato molto in Russia soprattutto durante il mio periodo di dottorato. Il professore che mi seguiva era un profondo conoscitore dei più famosi fisici teorici di Russia. Tutto ciò ha avuto una grande influenza sui miei studi.

 

Può tracciare un confronto tra i diversi luoghi dove ha lavorato: i laboratori in Russia, il Cern e l’INFN?

 

Sicuramente il CERN, essendo un centro internazionale, è un buonissimo luogo di ricerca. Per quelle che sono le mie origini però, devo ammettere di preferire lo stile russo: uno stile che favorisce la possibilità di intraprendere discussioni critiche e costruttive  e che ho trovato molto simile in Italia.