Dallo scorso novembre è ritornato grande entusiasmo nei laboratori del grande acceleratore al CERN di Ginevra. È stato finalmente riparato il guasto che aveva bloccato il Large Hadron Collider (LHC) nel settembre 2008 e, nelle ultime settimane del 2009, i ricercatori hanno cominciato a testare la macchina con le prime collisioni fra protoni. Le collisioni più energetiche finora sono avvenute a 2,36 TeV (2.360 miliardi di elettronvolt), un’energia mai raggiunta in un acceleratore di particelle. Ma LHC può raggiungere energie molto più alte (14 TeV).
Abbiamo chiesto a Marco Delmastro, ricercatore del progetto ATLAS e autore di articoli di divulgazione scientifica sul suo blog (www.borborigmi.org), di aiutarci a fare il punto della situazione.
Uno degli obiettivi di LHC è trovare il famoso bosone di Higgs. Cos’è il bosone di Higgs e perché è così interessante?
I fisici delle particelle hanno sviluppato una solida teoria, chiamata Modello Standard, che descrive molto bene il comportamento dei costituenti fondamentali della materia. Il Modello Standard funziona veramente benissimo e negli anni è stato testato sperimentalmente da ogni lato, rispondendo sempre bene alle prove. Ha solo un piccolo difetto: non prevede che le particelle che descrive abbiano una massa; e non è facile modificare la teoria, senza distruggerne la struttura fondante, inserendo quella massa delle particelle che viene osservata nella realtà. Il meccanismo di Higgs è un’aggiunta al Modello Standard che risolve brillantemente il problema delle masse (o meglio, come preferiscono dire i fisici, della rottura spontanea della simmetria elettrodebole), facendole emergere senza distruggere il resto della teoria.
Oltre al problema delle masse permetterebbe di compiere altre scoperte?
Oltre a risolvere il problema delle masse, il meccanismo prevede l’esistenza di una particella mai osservata fino ad ora, il bosone di Higgs appunto, che potremmo dunque definire come l’effetto collaterale di un’ipotesi fondamentale: scoprirlo significherebbe trovare l’ultimo mattone mancante all’edificio del Modello Standard: da qui tutto l’interesse, e ovviamente la competizione, per esempio con l’acceleratore Tevatron (Usa), ma anche fra diversi rivelatori di LHC.
LHC contiene quattro rivelatori principali (ATLAS, CMS, LHCb e ALICE), disposti lungo il tunnel circolare di 26,7 km che corre fra Svizzera e Francia. Ciascuno di essi costituisce un diverso esperimento. Che cosa viene osservato in ATLAS e in che cosa consiste il suo lavoro all’interno di questo progetto?
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ATLAS (come anche CMS) è un rivelatore detto "multi-funzione", nel senso che è progettato per osservare un largo spettro di tipologie di eventi. In generale, osserviamo quello che viene prodotto nelle collisioni protone-protone ad alta energia di LHC. In queste collisioni potrebbero – il condizionale è d’obbligo – venire prodotte particelle mai osservate prima, come il bosone a cui accennavamo prima. Andandole a cercare nel mare delle particelle già note, mettiamo alla prova tutte le teorie che tentano di descrivere come funzionano i costituenti ultimi del mondo. Ci sono infatti ancora molti interrogativi aperti, a cui il Modello Standard da solo, con o senza l’Higgs, non sa rispondere.
Può farci qualche esempio?
Per esempio, perché c’è un’asimmetria tra materia e antimateria? Oppure, di che cosa è composta la materia oscura che sembra costituire la maggior parte dell’universo? Scoprire (o escludere l’esistenza) delle particelle ipotizzate dalle teorie che tentano di rispondere a queste domande, ci aiuterà a far più luce sulla struttura intima dell’universo. Personalmente io lavoro per quel pezzo di ATLAS che si occupa di identificare e misurare le caratteristiche di elettroni e fotoni prodotti nelle collisioni; e dunque della ricerca di particelle esotiche che, se esistono, possono decadere in elettroni e fotoni. Come appunto il bosone di Higgs.
Alcune collisioni osservate finora sono a energie mai raggiunte prima. Si è già scoperto qualcosa da questi primi eventi?
La risposta dipende molto da quello che intendiamo per "scoperto". A queste energie possiamo osservare particelle già note, prodotte a energie mai osservate prima. In questo senso, possiamo "scoprire" (nel senso di "misurare") le proprietà di produzione di queste particelle a queste energie: si tratta di misure interessanti, che ci aiutano a capire se sono valide e come si comportano le teorie che descrivono le interazioni tra le particelle a queste energie ancora inesplorate. Se invece per "scoperto" intendiamo avere un’evidenza di una particella o di un fenomeno completamente nuovo, in questo caso la risposta è negativa: i fenomeni previsti dalle teorie a cui accennavamo prima sono molto rari, e per poter dire qualche cosa in senso positivo o negativo serviranno molti più dati.
A quali energie ci si aspetta di osservare i fenomeni più interessanti? Quando questo accadrà?
È difficile rispondere in modo univoco, perché le cose possono cambiare parecchio a seconda del fenomeno di cui parliamo. Generalizzando molto, possiamo dire che più alta è l’energia nel centro di massa delle collisioni di LHC, maggiore è il ritmo di produzione di fenomeni interessanti rispetto a quello dei fenomeni che formano il "rumore di fondo" da cui dobbiamo estrarre le nostre misure. È dunque minore la quantità di dati necessaria per poter fare una scoperta, o per affermare con sicurezza che un fenomeno non si verifica. Nel 2010 raccoglieremo principalmente dati a 7 TeV, che non è la massima energia che LHC può produrre: i dati che prenderemo a questa energia saranno già sufficienti per dire qualcosa su certi fenomeni, mentre per pronunciarsi su altre ipotesi ci vorrà più tempo, più dati, e in certi casi anche energie più alte.
Il Modello Standard descrive in modo unitario le interazioni elettromagnetica, debole e forte. La gravità, descritta dalla teoria della relatività, rimane ancora al di fuori di una grande teoria che metta insieme tutte le possibili interazioni. Perché i fisici cercano di trovare una teoria unificatrice? Che contributo può dare l’LHC a questo obiettivo?
Lo sforzo verso un’unificazione della comprensione dei fenomeni che governano il nostro mondo ha sempre animato la ricerca scientifica. Ricondurre due fenomeni apparentemente dissimili a uno stesso quadro teorico, e dunque in sostanza a una meccanica profonda comune che si manifesterebbe poi in modo variegato, è il modo che abbiamo per aumentare la nostra conoscenza intima della realtà. La gravità continua a rappresentare una sfida ostica per i fisici, perché è difficile descriverla in modo adeguato in una teoria quantistica, benché la meccanica quantistica resti una teoria valida e imprescindibile per descrivere le interazioni della materia. Esistono comunque diverse teorie che propongono una versione quantistica della gravità e che fanno previsioni testabili dagli esperimenti di LHC. Anche su questo aspetto LHC sarà dunque in grado di dire qualcosa.
(a cura di Davide Cellai)