È sorprendente che la nostra mente possa elaborare teorie in grado di spiegare fenomeni naturali e al contempo che attraverso di essa ci sia concesso di prevederne di nuovi e inaspettati. Talvolta si arrivano a ipotizzare fenomeni così impensabili che sono necessari anni, o addirittura decenni, prima di avvicinarsi solamente alla possibilità di verificarli.



La storia dello “Zitterbewegung” ne è un esempio e inizia circa ottanta anni fa: siamo sul finire degli anni ’20 e il luogo è il St. John’s College di Cambridge. Un giovane inglese, laureatosi prima in ingegneria e poi in matematica, si appassiona alle due grandi scoperte che hanno travolto la fisica del ’900: la relatività di Einstein e la meccanica quantistica. Non ha ancora trent’anni, molti lo descrivono come un tipo riservato, così timido da camminare spesso rasente ai muri, molto preciso e puntiglioso, soprattutto innamorato della perfezione della matematica. Si chiama Paul Dirac e nel giro di un paio di anni troverà il modo di coniugare queste due incredibili visioni della realtà, ottenendo un’equazione in grado di descrivere il comportamento quanto – meccanico di alcune particelle (dette a spin semi-intero, come gli elettroni) non trascurando i principi fondamentali della relatività speciale (la velocità della luce è finita ed è la massima velocità di trasmissione di informazioni nel vuoto).



La meccanica quantistica pochi anni prima aveva già aperto un divario tra le teorie formulate e la percezione quotidiana del mondo fisico: com’è possibile che una particella possa occupare simultaneamente due posizioni distinte nello spazio? Il mix di meccanica quantistica e relatività speciale di Dirac suggerisce ipotesi ancor più esotiche. Nell’interpretare la sua stessa formula egli giunge a postulare l’esistenza di un’anti-particella, simmetrica all’elettrone, ma di carica opposta: il positrone. Inizialmente accolta come un’audace interpretazione di una formulazione matematica, questa nuova particella sarà osservata pochi anni dopo nello studio dei raggi cosmici, confermando le previsioni di Dirac. Oggi i positroni sono quotidianamente impiegati negli ospedali per ottenere immagini del corpo umano tramite la PET (Positron Emission Tomography).



 

Ma l’equazione di Dirac non prevede solo l’esistenza del positrone. Nel 1930, il lavoro del giovane ricercatore attira rapidamente l’attenzione di altri scienziati, tra cui il fisico teorico austriaco Erwin Schroedinger. È lui che, controllando i conti di Dirac, suggerisce la possibilità che, in certe condizioni, una particella a spin semi-intero, libera (cioè non soggetta a forze esterne) possa compiere un cambio di movimento (Bewegung, in tedesco) estremamente rapido e improvviso (Zitter). La conclusione è lontana dai risultati della fisica classica, dove una particella modifica il proprio moto solo sotto l’azione di una forza, e richiede una conferma sperimentale.  Nel 1933 Dirac ha trentun anni e insieme a Schroedinger vince il premio Nobel «per la scoperta di nuove e produttive forme delle teorie riguardanti l’atomo». Nessuno dei due avrà l’occasione di vedere confermata l’esistenza dello Zitterbewegung.

Per capire le difficoltà incontrate dai ricercatori nel tentativo di far luce su questo particolare fenomeno basta fare un salto avanti di settanta anni e scoprire che il dibattito scientifico è ancora acceso e alcuni mettono ancora in dubbio l’esistenza stesso del fenomeno. Ci sarebbe bisogno almeno di una simulazione, ma il livello di complessità dei sistemi quantistici è spesso troppo elevato per un calcolatore. Lo aveva già predetto negli anni ’80 quel genio di Richard Feynman, suggerendo tuttavia un’altra possibile strada: perché non usare per queste "simulazioni" altri sistemi quantistici reali che sono accessibili sperimentalmente e controllabili?

 

 

Ecco ora che un gruppo di fisici dell’Università di Innsbruck, guidati da Christian Roos, ha annunciato, in un numero di gennaio di Nature, di aver osservato per la prima volta lo Zitterbewegung. Alla base di una simulazione quantistica sta l’idea di riprodurre fedelmente nel proprio esperimento ogni termine presente nell’equazione che descrive le proprietà statiche e dinamiche del sistema originale (detta hamiltoniana). In questo caso i ricercatori hanno utilizzato uno ione intrappolato in una gabbia elettrodinamica per simulare le proprietà di una particella libera di Dirac: posizione e quantità di moto dello ione intrappolato rappresentano posizione e quantità di moto della particella, mentre due degli stati energetici interni dello ione sono usati per rappresentare gli stati a energia positiva e negativa previsti dalla teoria di Dirac. L’utilizzo di una radiazione laser per muovere lo ione in una sola direzione ha permesso infine di restringere il problema alle soluzioni uni-dimensionali dell’equazione hamiltoniana.

Modificando la frequenza e l’intensità del laser, i ricercatori hanno osservato la comparsa e scomparsa dell’effetto esattamente secondo quanto previsto dalla teoria di Schroedinger, confermando che è proprio l’interferenza tra gli stati a energia positiva e negativa a dar vita allo Zitterbewegung.

L’esperimento-simulazione del gruppo del Roos fa finalmente luce sulle domande sollevate dalle teorie dei due grandi premi Nobel 80 anni fa, aprendo ora spazio alla verifica dell’esistenza di altri fenomeni quantistici tuttora inosservati.