Deve essere una soddisfazione smentire la smentita della teoria della relatività di Einstein. Ma potrebbe anche essere una soddisfazione di breve durata. I primi confutatori sono quei cosmologi che un anno fa, interpretando dei dati osservativi sulla base di una nuova teoria della gravità (detta tensoriale-vettoriale-scalare, TeVeS), hanno sostenuto che in epoche primordiali, tra 8 e 11 miliardi di anni fa, la dinamica dell’universo avrebbe deviato dalla descrizione fornita dalla teoria einsteiniana della relatività generale.



I contro-confutatori sono quelli di una collaborazione di ricerca tra l’Università della California a Berkeley, l’Università di Zurigo e la Princeton University che hanno condotto un’analisi di oltre 70.000 galassie dimostrando che l’universo, almeno fino a una distanza di 3,5 miliardi di anni luce dalla Terra, segue fedelmente la relatività generale. Ma il dibattito è solo agli inizi, come ci ha spiegato Luigi Guzzo, cosmologo dell’Osservatorio Astronomico di Brera – INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica).



Tutto parte dall’espansione dell’universo, osservata e misurata nel 1929 da Edwin Hubble e analizzata accuratamente tra il 1998 e il 1999 dai gruppi di Saul Perlmutter e Adam Riess che hanno mostrato che l’espansione, contrariamente alle aspettative, presentava un’accelerazione. Un risultato inspiegabile in base alla più accreditate leggi della gravitazione, per le quali la materia cosmica dovrebbe attrarsi reciprocamente rallentando l’espansione.

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 C’erano allora due possibilità: o la teoria (cioè la relatività generale) andava superata oppure bisognava introdurre un fattore propulsivo, che ha preso il nome di energia oscura. «Le osservazioni del 1998 che la velocità di espansione dell’Universo è aumentata negli ultimi sette miliardi di anni, possono essere spiegate o con l’esistenza di una "energia oscura" di origine ignota; oppure come evidenza che la relatività generale non funziona a scale molto grandi. Al momento la prima conclusione è quella preferita, ma la possibilità che Einstein non abbia detto la parola definitiva sulla gravità va tenuta aperta».



 

Il problema è ora quello di decidere tra queste due soluzioni. Nel 2008, in un articolo su Nature, Guzzo e colleghi hanno avanzato una proposta: andare a vedere il tasso di crescita delle strutture cosmiche a una certa epoca, ovvero misurare quanto rapidamente la gravità assembla le strutture osservate. «È intuitivo capire come questo dipenda dalla legge di gravità: se cambio la teoria della gravità formerò le strutture più rapidamente o più lentamente».

Recentemente, sempre su Nature, quelli che abbiamo chiamato contro-confutatori, hanno ampliato il lavoro di Guzzo calcolando la quantità di galassie che si aggregano in ammassi (cluster) e analizzando le loro velocità e le distorsioni dovute al materiale interposto. Sono così arrivati a concludere che la teoria di Einstein spiega la struttura e la dinamica del cosmo vicino meglio di quanto facciamo le teorie alternative alla relatività generale a hanno avanzato una forte opzione in favore della materia oscura.

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 «La materia oscura è l’altra componente dominante del budget di massa-energia del cosmo che risulta composto per circa il 75% di energia oscura, per il 21% di materia oscura e solo per il 4% di materia "normale", quella che conosciamo noi. Le galassie negli ammassi di galassie si muovono troppo velocemente rispetto alla quantità di massa dedotta considerando solo la materia luminosa (sotto forma di stelle o gas) che si osserva nelle galassie stesse. Se ci fosse solo la materia visibile, la gravità media dell’ammasso non sarebbe sufficiente a tenere in orbita le galassie e queste "partirebbero per la tangente", dissolvendo l’ammasso. Il fatto che l’ammasso non si disfi, ci dice che ci deve essere dell’altra massa che non vediamo. Le velocità delle galassie ci danno modo di misurarne la quantità»

Ma allora quest’ultimo studio ha davvero smentito chi dava per superata la teoria di Einstein a vantaggio della nuova TeVeS? «Teorie della gravità diverse dalla relatività generale predicono un diverso tasso di crescita delle strutture. La teoria TeVeS è una delle diverse possibili varianti proposte, le cui predizioni per il tasso di crescita sono inferiori ai valori misurati dai dati nel recente articolo su Nature. Esistono però altre varianti, che al momento non possono essere confutate dalle misure presentate. Campioni di galassie più estese sono necessarie per arrivare a misure più precise».

 

 

Guzzo segnala come, a tale scopo, sia a livello italiano che europeo si stiano sviluppando progetti che si propongono di misurare la distribuzione su grande scala di un numero enorme di galassie: fino a centinaia di migliaia, come nella survey VIPERS con il Very Large Telescope dell’ESO (European Southern Observatory); e fino a decine di milioni di galassie, come nel caso del satellite EUCLID dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) il cui lancio è previsto per il 2018.

 

(a cura di Mario Gargantini)