I neutrini sono le particelle più elusive scoperte sino ad oggi. La loro indagine è assolutamente necessaria per avere maggiori informazioni in molti campi della fisica: dalla struttura della materia, alla struttura stellare passando per la cosmologia. L’esistenza del neutrino fu proposta nel 1930 dal fisico austriaco Pauli per spiegare le osservazioni sperimentali relative al processo noto come decadimento radioattivo di tipo beta dei nuclei atomici.
Successivamente Enrico Fermi elaborò ulteriormente questa teoria e diede il nome “neutrino” a queste nuove particelle. Per l’osservazione dei primi neutrini bisognerà aspettare il 1956 quando Cowan e Reines riuscirono per la prima volta a catturare queste nuove entità.
Lo studio dei neutrini presenta numerose difficoltà tecniche dovute alla natura di queste speciali particelle. I neutrini raggiungono la terra (e la attraversano) dai confini più remoti del cosmo interagendo pochissimo con la materia e senza subire, in quanto particelle neutre, deflessioni causate da campi elettromagnetici. Sono i messaggeri più penetranti dell’universo “violento”, la chiave per svelare il mistero dell’origine dei raggi cosmici, una pioggia di particelle cariche che bersagliano continuamente la Terra. Proprio la loro scarsa interazione li rende difficili da rilevare e quindi studiare. L’Italia, da questo punto di vista, è in prima linea nella ricerca nel campo dei neutrini.
Da qualche tempo, al già ben avviato Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, si è affiancato il progetto NEMO (Neutrino Mediterranean Observatory), coordinato dal professor Emilio Migneco dell’INFN di Catania, che ha come obbiettivo la progettazione, realizzazione e validazione di prototipi dei componenti chiave per un progetto internazionale ancora più ambizioso: il telescopio sottomarino KM3 (chilometro cubo).
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Si sono proprio da poco concluse le operazione tecniche che hanno portato all’installazione di una torre alta 600 metri che è ora ancorata a duemila metri di profondità al largo della Sicilia: è il primo passo verso la costruzione del telescopio sottomarino KM3 che osserverà i neutrini. «Questa notevole altezza – spiega Migneco – è necessaria poiché i neutrini sono difficili da osservare. Utilizzando quindi un mezzo che occupa un chilometro cubo, le probabilità di osservarli sono nettamente maggiori».
La struttura di NEMO è tenuta in posizione verticale da una boa di superficie; sulla torre si trovano 80 sensori che hanno il compito principale di fotografare i lampi prodotti dai neutrini di altissima energia nei processi di interazione con l’acqua. Gli 80 sensori identificheranno i neutrini registrando i piccoli lampi causati da particelle (i muoni) generate dall’impatto dei neutrini con l’acqua.
Grazie al successo delle operazioni di posa e apertura della torre NEMO, una struttura completamente equipaggiata sarà presto installata a 3500 metri di profondità presso la stazione sottomarina di Capo Passero. «
La scelta di Capo Passero – spiega Migneco – è dovuta fondamentalmente a due motivi: il primo perché questa zona del Mediterraneo è un’area pianeggiante e priva di elementi di disturbo del segnale quali le bioluminescenze prodotte dagli organismi che popolano le acque; secondo perché per studiare la nostra galassia, è necessario un rilevatore posto nell’emisfero nord, in grado di rilevare i neutrini provenienti da sud». Per escludere eventuali danni che l’ambiente marino può causare, prima di installare la torre sono stati effettuati test con prototipi lasciati per alcuni anni in mare.
Il telescopio KM3 sarà installato ad alta profondità nel Mediterraneo e a posa completata in circa quattro anni raccoglierà tutti i dati necessari al progetto. Essendo composto da ben 150 torri (come quella installata ora), la raccolta di dati inizierà ora e diverrà sempre più dettagliata con l’aggiungersi dei diversi moduli. In particolare, il telescopio vedrà il Centro Galattico e una frazione importante del Piano Galattico in cui sono state individuate numerose sorgenti come possibili candidati per l’emissione di neutrini di alta energia. «L’utilizzo di questa tecnologia – conclude Migneco – permetterà il monitoraggio di molti altri parametri utili alla ricerca non solo dei neutrini. Infatti monitorerà dati sismologici, oceanografici e geofisici».
(di Daniele Banfi)