Quello dei superconduttori è un campo estremamente importante per le potenzialità applicative ma che continua ad essere pieno di zone d’ombra, nonostante gli sforzi pluridecennali dei ricercatori. I superconduttori sono quei materiali, scoperti dal fisico olandese Onnes nel 1911, che permettono il passaggio di corrente elettrica senza dissipazione di energia, a differenza dei conduttori tradizionali come l’argento o il rame.



La possibilità di far fluire grandi quantità di corrente, senza perdite, in cavi che non si riscaldano, rimane però un processo costoso. I materiali finora utilizzabili, infatti, richiedono di essere raffreddati a temperature così basse che vanificano il vantaggio energetico nell’uso del superconduttore. Al contrario, non appena si riscaldano oltre una caratteristica soglia, detta temperatura critica, diventano dei pessimi conduttori. Per inciso, è stato proprio il superamento di questa soglia nei cavi di una bobina, che ha reso così devastante l’incidente che ha fermato il super-acceleratore LHC del Cern nel 2008.



Un passo importante, però, è stato fatto da un gruppo di ricercatori italiani delle università di Oxford e Cambridge, che ha ideato un nuovo materiale superconduttore ad alta temperatura critica. Insieme ai suoi collaboratori, il dottor Savini ha calcolato che il grafane – un materiale simile al grafene, a sua volta noto per formare fogli sottilissimi di atomi di carbonio – “drogato” con atomi di boro rimane superconduttore fino alla temperatura di circa -183 °C. Si tratta ovviamente di una temperatura incredibilmente bassa, ma per chi si occupa di superconduttività è considerata quasi “estiva”.



Negli anni passati, infatti, ci si era quasi rassegnati al fatto che i superconduttori funzionassero bene solo dai -233 °C in giù, temperature molto difficili da raggiungere ed energeticamente molto dispendiose. Tutto fa pensare che il materiale ideato da Savini e il suo gruppo possa essere descritto dalla teoria BCS (dai nomi dei premi Nobel Bardeen, Cooper e Schrieffer), che spiega l’origine della superconduttività a bassa temperatura critica. Se confermata, sarebbe una scoperta sorprendente: finora si credeva che la teoria BCS non potesse funzionare oltre la transizione del diboruro di magnesio a circa -233 °C. Inoltre, si tratterebbe del primo materiale superconduttore a temperature più alte del punto di ebollizione dell’azoto liquido (-196 °C), ovvero una temperatura tecnicamente più facile da raggiungere.
 

Leggi anche: ENERGIA/ De Gioia (Bicocca): ecco come le alghe ci aiuteranno a produrre idrogeno

Leggi anche: CERN/ Il fisico: vi racconto la collisione tra particelle più potente della storia

La notizia dell’esistenza di superconduttori a temperature così alte non è di per sé nuova. A partire dal 1986, infatti, sono stati realizzati dei composti del rame, detti cuprati, che manifestano superconduttività anche a queste temperature. Il problema, però, è che questi materiali non sono previsti dalla teoria BCS e costituiscono ancora un vero mistero. Per questo, non esiste una ricetta affidabile su come realizzare questo tipo di superconduttori. I cuprati, inoltre, hanno proprietà fisico-chimiche (come la friabilità) che li rendono difficili da utilizzare in applicazioni concrete.

 

Savini e collaboratori, invece, si sono resi conto che il grafane, dopato con atomi di boro, consente di ottimizzare tre parametri che, secondo la teoria BCS, controllano la temperatura critica della superconduttività. La teoria BCS, infatti, spiega la superconduttività come un fenomeno squisitamente quantistico, in cui gli elettroni interagiscono in modo coerente con le vibrazioni dell’intelaiatura di atomi che costituiscono il solido.

 

Questa coerenza permette agli elettroni di fluire attraverso il materiale senza perdere energia in collisioni casuali. Un’alta temperatura critica è possibile solo in presenza di condizioni riconducibili all’intensità delle vibrazioni degli atomi, la quantità di elettroni con la stessa energia e la forza delle interazioni con il reticolo atomico. Il grafane possiede tutte queste caratteristiche, grazie a diverse proprietà peculiari, tra cui il fatto di essere un materiale bidimensionale, ovvero costituito da fogli di atomi di carbonio spessi solo un atomo.

 

Inoltre, i calcoli mostrano che attraverso una calibrazione della concentrazione degli atomi di boro si potrebbero persino creare dei transistor con una sorta di interruttore quantistico, che permetterebbe di accendere o spegnere la superconduttività a piacimento. Insomma, un giocattolo che potrebbe aprire nuove opportunità nel campo dell’elettronica. Il grafane, ed è stato realizzato per la prima volta solo l’anno scorso. Ora ci si aspetta che i ricercatori cercheranno di verificare in laboratorio queste sue straordinarie potenzialità. Certamente, la strada per realizzare dei superconduttori a temperatura ambiente è ancora lunga.