Come si formano le stelle? Da diversi decenni questa semplice domanda agita le menti degli astronomi in tutto il mondo. I processi fisici principali che portano alla nascita di una stella simile al Sole o con massa più piccola sono abbastanza conosciuti, mentre per le stelle di massa maggiore la situazione è molto più incerta.
Il motivo principale sta nel fatto che, nella nostra Galassia, le stelle molto massicce (dieci volte la massa del Sole o più) sono molto più rare di quelle più leggere. Per questo le stelle massicce sono in media più distanti da noi e quindi più difficili da studiare nel dettaglio attraverso osservazioni astronomiche.
Per quanto riguarda le stelle simili al Sole, il modello fisico che appare spiegare al meglio la loro formazione è il cosiddetto “modello dell’accrescimento”. Sotto certe opportune condizioni (in realtà non ancora del tutto comprese, come spiegato in un articolo di Massimo Robberto) una regione di alta densità all’interno di una Nube Molecolare, costituita di molecole e “polvere cosmica”, può cominciare a collassare a causa della propria gravità.
Il materiale che collassa forma un disco detto “di accrescimento” poiché la materia al suo interno tende a riversarsi verso il centro del disco, andando cosi ad alimentare, o “accrescere”, la stella che sta nascendo.
Le stelle di massa molto grande, da circa 10 a 100 volte la massa del Sole, hanno una proprietà che le differenzia dalle stelle di massa minore: esse emettono una grande quantità di radiazione ad alta energia (raggi X e UV) e particelle in grado di spazzare via il materiale immediatamente circostante l’astro nascente. Come si può intuire questo effetto ostacola l’effetto “collassante” della gravità. Per questo motivo diversi astronomi hanno ipotizzato che il meccanismo di formazione di queste stelle massicce sia diverso da quello descritto dal modello dell’accrescimento più adatto per gli astri leggeri.
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Una delle teorie proposte prevede che queste stelle possano formarsi grazie a una suggestiva fusione di tante stelle di minor massa, ad esempio da decine di Soli, formatesi singolarmente attraverso il modello dell’accrescimento. Fino a poco tempo fa questa restava solo una teoria.
Nella scienza, quando diverse teorie cercano di spiegare un determinato fenomeno fisico, l’unico modo per capire quale sia la più adeguata è trovare un esperimento, nel caso dell’astronomia un’osservazione, che le metta alla prova. È ciò che ha fatto un team di astronomi guidato da Stefan Kraus dell’Università del Michigan (Usa) per cercare di dirimere la questione della formazione delle stelle massicce.
Per prima cosa questi astronomi hanno scoperto, dalle immagini di archivio del telescopio spaziale Spitzer nell’infrarosso, la presenza di un jet di materia. Questo jet, che solitamente viene osservato in vicinanza di stelle di piccola massa in formazione, è stato visto accanto ad una stella chiamata IRAS 13481-6124 con una massa pari a circa venti volte quella del Sole. Il team ha così deciso di osservare le regioni circostanti la stella attraverso l’interferometro infrarosso VLTI dello European Southern Observatory (ESO).
Questo strumento, con una risoluzione angolare tale da poter distinguere da Terra una vite sulla Stazione Spaziale Internazionale in orbita a circa 400 km dalla superficie terrestre, viene solitamente utilizzato per sondare il bordo interno dei dischi di accrescimento attorno a stelle di piccola massa colte durante la loro nascita. Ciò che hanno scoperto Kraus e collaboratori è che un tale disco di materia è presente anche attorno alla stella di grande massa IRAS 13481-6124.
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Benché non sia da escludere che il fenomeno di fusione di stelle più leggere possa comunque avvenire nelle regioni centrali e dense di giovani sistemi stellari, queste osservazioni indicano piuttosto chiaramente che il modello dell’accrescimento, che prevede l’esistenza di un disco attorno alla stella nascente, può funzionare anche per le stelle molto massicce.
Ulteriori osservazioni saranno necessarie al fine di studiare più nel dettaglio la nascita di IRAS 13481-6124 e di altre stelle di grande massa. In particolare osservazioni interferometriche a lunghezze d’onda maggiori (ad esempio nelle microonde), più sensibili a materiale freddo, saranno in grado di sondare le regioni centrali ed esterne del disco, e non solo il bordo interno. L’osservazione di emissione molecolare permetterà anche di capire se il disco attorno a IRAS 13481-6124 sia effettivamente un disco rotante, come prevede il modello dell’accrescimento, grazie all’utilizzo del famoso effetto Doppler.
Come spesso accade nell’affascinante mondo della ricerca scientifica, una nuova scoperta, oltre a farci fare un balzo in avanti lungo il cammino della conoscenza dell’Universo, ci suggerisce quali possono essere le prossime vie da seguire.