Lo chiamano anche “mal di testa da suicidio”, cefalea da suicidio. E’ la terribile cefalea a grappolo, un tipo di mal di testa che colpisce fortunatamente una piccola (ma mica tanto) percentuale della popolazione, ma con esiti drammatici. Talmente violento il tipo di dolore da indurre in alcuni casi a gesti estremi come appunto quello del suicidio. Solo recentemente si è cominciato a parlarne al di fuori degli ambienti medici più stretti, anche perché a tutt’oggi non esistono cure specifiche in grado di guarire chi ne soffre. La caratteristica di questo tipo di mal di testa è il carattere periodico, in genere una o due volte all’anno per un periodo di alcuni giorni e – incredibilmente – con una puntualità micidiale: esattamente alla stessa ora di ogni giorno. Per questo viene definito “a grappolo”, per via del caratteristico raggruppamento degli attacchi di dolore.
L’attacco dura mediamente dai cinque minuti fino alle tre ore. Il dolore, lancinante e fortissimo, è così intenso che non permette a chi ne viene colpito di stare fermo ed è quindi costretto a camminare avanti e indietro. In quasi ogni caso questi attacchi partono da uno degli occhi. I pazienti lo descrivono come se subissero pugni o pugnalate all’occhio. Dal punto di vista scientifico viene definito cefalea primaria neuro vascolare. L’intenso dolore è causato dall’eccessiva dilatazione dei vasi cranici che creano pressione sulle terminazioni sensitive del nervo trigemino. Per approfondire un argomento ancora largamente ignorato nella casistica medica abbiamo contattato due esperti. Il primo è Helen Williams, presidente dell’ (Organization for Understanding Cluster Headaches), associazione americana nonprofit nata nel 1999 con l’intento specifico di offrire assistenza ai malati di cefalea a grappolo e alle loro famiglie. E’ il principale punto di riferimento mondiale per questo tipo di malati e ha in molti paesi, Italia compresa (http://www.grappolaiuto.it/) proprie affiliazioni.
Come mai la cefalea a grappolo è chiamata anche “cefalea da suicidio”?
Il dolore provocato da questo tipo di mal di testa è così violento e si intensifica così rapidamente, da diventare debilitante in cinque o dieci minuti. Poi sparisce con la stessa rapidità. Gli attacchi possono durare da quindici minuti a tre ore, e accadono una volta ogni due giorni fino a otto volte al giorno. Di solito questi attacchi vengono alle stesse ore ogni giorno. Come si può immaginare, è una malattia molto difficile da supportare e la disperazione che ne risulta è stata la causa di parecchi casi di suicidio. “Suicide headaches”, mal di testa da suicidio, è nome macabro, ma appropriato, a causa dell’effetto che hanno.
In Italia si calcola che circa lo 0,1% della popolazione ne sia colpito. Forse per questo numero così ristretto non se ne parla diffusamente. Come è la situazione negli Stati Uniti e negli altri paesi di cui lei è a conoscenza?
0,1% é come numero statistico un po’ fuorviante, perché di fatto lo 0,1% della popolazione è comunque un grande numero di persone. abbastanza grande. La gente che soffre di sclerosi multipla, ad esempio, è calcolata nello stesso valore di percentuale, ma chiunque sente parlare di sclerosi multipla. Il problema è che il mal di testa non lo si può vedere. Quindi viene percepito come una malattia meno seria di quella che in realtà è. La situazione è uguale in tutto il mondo. E’ proprio per risolvere questo problema che cerchiamo di diffondere la consapevolezza della malattia e quindi rendere meno difficile le vite delle persone che ne sono colpite.
La cefalea a grappolo è una malattia moderna, o è sempre stata consciuta?
Ritengo sia un fenomeno antico come l’uomo. Quando uno vede il comportamento dei malati di cefalea e legge come la gente nell’antichità sbatteva la testa sui muri e poi, due ore più tardi, si ristabiliva come se non fosse successo nulla, ci si chiede quanti di noi nei secoli precedenti sono stati chiusi nei manicomi, o perseguitati perché la gente pensava fossero posseduti dal diavolo. Anche oggi la cefalea a grappolo è vista come una entità esterna esterna, che non può essere una parte del malato stesso, e quindi viene spesso chiamata “la Bestia.” Credo che la prima diagnosi completa sia stata fatta nel 1929, quando Wilfred Harris l’ha nominata Migrainous neuralgia. Storicamente, ha avuto tantissimi nomi.
Si dice tutt’oggi che la causa sia ancora sconosciuta.
La causa è sconosciuta, però gli scienziati credono che abbia origine nell’ipotalamo, una piccola ghiandola collocata nel cervello. Il cervello è l’ultima frontiera della ricerca medica. Le ricerche sul cervello sono poche, a causa della scarsezza di cervelli umani lasciati alla scienza medica, e anche perché alcune ricerche possono essere condotte soltanto mentre il cervello è vivo. Oggi i ricercatori stanno scoprendo tante cose nuove, e ho molto speranza che la comunità medica capisca a fondo questa malattia, e scopra come curarla. Ci sono tanti dottori appassionati a questa malattia e che fanno ricerche. Ho molto speranza per il futuro.
Si dice che la cefalea a grappolo colpisca maggiormente gli uomini che le donne.
Si dice così, ma probabilmente perché é molto più facile diagnosticare questa malattia quando succede agli uomini. Per un uomo, ci si mettono in media tre anni a diagnosticarla. Una donna è fortunata se ha la diagnosi dopo sette anni. Conosco malate che hanno sofferto venti anni prima di avere la diagnosi! Si dice anche che i bambini non possono soffrire di cefalea a grappoli. Sono una donna malata di questa malattia, e sono allo stesso tempo la madre di un bambino che ne soffre anche lui. E’ possibile, e fa male alle donne come fa male agli uomini. Se chiedi a una malata di cefalea a grappoli, ti dirà che è meglio fare ogni giorno un parto che soffrire di un attacco di cefalea.
Si nasce con questa malattia o può scatenarsi in qualunque momento della vita?
Io ritengo che ci si nasca, ma a un certo punto accade qualcosa che la scatena. Di solito si può identificare quello che l’ha scatenata. Nel mio caso, gli attacchi sono iniziati due giorni dopo la nascita del mio secondo bambino, precisamente alle undici di mattina. Rimane costante per tutta la vita, o con il tempo si può affievolire? Sembra che quando i malati invecchiano, gli attacchi smettano. Conosco tanti malati che dopo i cinquant’anno, non hanno più sofferto di attacchi. Non succede così a tutti, però rimane un sogno che noi tutti speriamo di provare realmente.
Come mai questi attacchi si verificano allo stesso preciso orario?
Si pensa che la cefalea a grappolo abbia origine nell’ipotalamo, la ghiandola che controlla l’orologio interno delle persone. L’ipotalamo è sensibile alla luce, e questo forse spiega perché funziona come orologio. Risponde anche agli odori e alle informazioni trasmessi dal cervello al cuore, dal sistema riproduttivo, e dallo stomaco. Risponde anche allo stress.
Quando è nata la vostra organizzazione?
L’OUCH è nato nel 1999 a Rochester, New York, con l’obbiettivo di educare i malati, la comunità medica, e la pubblica informazione. Crediamo che tanti malati soffrano senza essere diagnosticati e siccome siamo stati noi nella stessa posizione, vogliamo aiutare gli altri a trovare la diagnosi e anche le medicine che aiutino a vivere una vita il più comoda possibile. Siamo tutti volontari appassionati dal desiderio di aiutare gli altri. Collaboriamo con altre fondazioni (per esempio OUCH Italia) nel cercare di ottenere un impatto globale. Il nostro sito riceve centinaia di visite ogni giorno. Tutti quelli che ci contattano ricevono tutto l’aiuto che siamo capaci di dare. C’é un senso molto forte di unità e comunità fra nostri membri, e credo fortemente che, sentendosi parte della nostra “famiglia,” la gente perda il senso di disperazione che porta talvolta al suicidio.
Qual è il medicinale più comune che si usa nei vostri casi?
Sapete che una medicina vera e propria non è mai stata sviluppata per curare la cefalea a grappolo? Nemmeno una! Il triptans come l’imitrex sono stati sviluppati per la cura delle emicranie, il verapamil per gli ipertesi. Usiamo tanti medicinali, anche gli anti depressivi, ma nessuna che è specificamente anti cefalea a grappolo. Sono i malati stessi che sviluppano ricerche sui medicinali. Ne provano talmente tanti, e quando scoprono che uno funziona, gli scienziati allora sviluppano ricerche ad hoc.
Abbiamo quindi contattato il dottor Fabio Frediani, responsabile del reparto di neurologia del Policlinico Ponte San Pietro, di Bergamo, all’avanguardia in Italia per le cure sulla cefalea a grappolo.
I dati relativi alla percentuale di persone colpite dalla cefalea a grappolo, circa lo 0,1% della popolazione, trovano riscontro anche in Italia?
Sono dati divergenti a seconda della casistica. Oggi si parla di una percentuale che va dallo 0,5 allo 0,3% della popolazione. Anche il rapporto tra malati uomini e malati donne oggi è cambiato. Negli anni Cinquanta e Sessanta si parlava di 14 uomini contro una sola donna, oggi si è arrivati ai sette uomini malati di cefalea a grappolo contro quattro.
Quando si è cominciato a parlare di cefalea a grappolo nella comunità medica italiana?
La cefalea a grappolo è sempre esistita, ma è stata diagnosticata ufficialmente in Italia negli anni Cinquanta. Le cure mediche si seguono in Italia sono le stesse degli altri paesi? Diciamo che sono gli altri paesi a seguire le cure mediche italiane. L’Italia è all’avanguardia a livello internazionale per le cure sulla cefalea a grappolo. L’unico studio controllato e approvato scientificamente a livello internazionale è uno studio fatto dagli italiani negli anni Novanta e riconosciuto ufficialmente nel 2000. Da questo sutdio sono state prese le linee guida a livello internazionale. E cioè che il verapamil (un principio attivo di indicazione specifica contro l’ipertensione. Farmacologicamente è un Calcio-antagonista. È riconosciuto come farmaco di prima scelta nella terapia di profilassi della cefalea a grappolo e come farmaco antiaritmico) è l’unico farmaco consigliato perché l’unico che ha studi controllati.
E’ una malattia a livello cronico o ci sono speranze di uscirne?
Domanda difficile… Generalmente il paziente se la porta dietro per tantissimi anni. C’è chi smette di avere attacchi e chi diventa cronico, nel qual caso la situazione è tragica. A maggior parte dei casi purtroppo è cronica. La causa è tutt’oggi sconosciuta, ma oggi cominciamo a conoscere i meccanismi. Si fa qualcosa di più a livello di neuro stimolatori, provati a livello terapeutico per la prima volta in Italia nel 2000. Qui al Policlinico Ponte San Pietro di Bergamo esiste il maggior centro di ricerca e cura della cefalea a grappolo, da me diretto.
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