Curare la distrofia di Duchenne con un cromosoma artificiale? Forse un giorno tutto ciò sarà realtà. Il professor Giulio Cossu dell’Ospedale San Raffaele di Milano ha da poco avviato uno studio di ricerca per correggere geneticamente le cellule muscolari distrofiche di topo mediante l’utilizzo di un cromosoma costruito artificialmente. Ciò avverrà anche grazie alla Parent Project Onlus attraverso il Fondo Daniele Amanti.
Le distrofie muscolari sono un gruppo di patologie neuromuscolari degenerative che portano progressivamente alla compromissione della muscolatura. Tra esse vi è una particolare forma, la distrofia di Duchenne, che è tipica dell’infanzia. Fu individuata per la prima volta dal medico francese Guillaume Benjamin-Amand Duchenne nel 1861. Essa fa parte di quella categoria di malattie considerate rare poiché ne è affetto un bambino su 3.500 nati.
L’altra particolarità è che colpisce, tranne rarissime eccezioni, le persone di sesso maschile. Attualmente si stima che in Italia ne soffrano circa 5.000 persone. Purtroppo ad oggi non esistono cure specifiche: un trattamento mutidisciplinare come la fisioterapia, i controlli cardiologici e l’assistenza respiratoria possono aumentare l’aspettativa di vita sino ai 30 anni. Il doppio rispetto a quella prospettata fino al decennio scorso.
La distrofia di Duchenne è causata da una mutazione nel gene della distrofina, una proteina fondamentale poiché costituisce la struttura base delle cellule muscolari. I vari approcci terapeutici per correggere geneticamente le cellule difettose di chi ne è affetto incontrano però degli ostacoli a causa della complessità di questo gene, come ad esempio la sua grande dimensione.
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Per ovviare a questo problema i ricercatori del San Raffaele hanno pensato di creare uno strumento ad hoc, ovvero ridurre la dimensione del gene. Lo scopo sarà quello di poter scegliere solo quelle porzioni di gene fondamentali e ingegnerizzare così il cromosoma in laboratorio. Una volta creato su misura il cromosoma, il passo successivo sarà quello di inserirlo nei mesangioblasti, ovvero le cellule staminali muscolari che vengono trapiantate nel malato per ricostituire il muscolo.
La novità di questa ricerca sta nel fatto che, attraverso tale approccio, sarà forse possibile estrarre i mesangioblasti del malato, correggerli attraverso il cromosoma artificiale e poi reimpiantarli nella stessa persona evitando così le complicanze del trapianto come il fenomeno diffuso del rigetto. Il malato verrebbe dunque curato con le proprie cellule opportunamente modificate.
Al momento il progetto è alla sua prima fase di sperimentazione sui topi. Come spiega però Giulio Cossu, responsabile dello studio: «La terapia con cromosoma artificiale potrebbe essere applicata a qualsiasi paziente ma è lunga, complessa e molto costosa. Noi tutti ci auguriamo che nel frattempo altre terapie geniche più immediate funzionino e, in questo caso, i pazienti che sono eleggibili dovrebbero iniziare il trattamento.
Tuttavia questo approccio terapeutico dà sicuramente speranza a quel 20-25% di pazienti che hanno delle mutazioni meno comuni che rischiano di restare escluse dalle tecniche genetiche oggi in fase di studio. Alla fine di questi tre anni vorremmo poter dimostrare che cellule umane corrette in questo modo sono in grado di formare distrofina in topi distrofici immunodeficienti. Non è pensabile in tre anni andare più lontano di così. Se tutto va bene, ci vorrà almeno il doppio degli anni prima di provare queste cellule sull’uomo».