Sembrerà strano ma nonostante le enormi potenzialità informatiche attuali, i neuroscienziati che vogliono costruire la mappa tridimensionale dei neuroni devono ancora svolgere buona parte del lavoro manualmente: la ricostruzione di una singola cellula nervosa, cioè dell’assone (il prolungamento neuronale che trasmette le informazioni alle cellule vicine) e dei dendriti (i rami della cellula che ricevono le informazioni) può quindi richiedere anche mesi di lavoro. Un vero collo di bottiglia per la neurologia, dato che la forma del neurone è intimamente collegata con le sue funzioni.



Certo, i computer hanno reso possibile tracciare neuroni in 3D a partire da set di immagini bidimensionali acquisite col microscopio a differenti profondità: è un procedimento che trasforma il contenuto di immagini grezze in un insieme di vettori interconnessi che rappresentano le coordinate spaziali e l’orientamento di ogni ramo. Il risultato di questa ricostruzione digitale offre una descrizione compatta ed efficace degli assoni e dei dendriti, utilizzabile per analisi morfometriche, modellizzazione biofisica e simulazioni elettrofisiologiche.



Il problema è trovare gli algoritmi che permettano di automatizzare il procedimento; e questo finora non è stato possibile, almeno con tempi di calcolo accettabili. Ecco allora l’idea di scatenare la creatività e l’abilità dei neuroinformatici, o di team di studiosi che uniscano le forze di entrambe le discipline, lanciando una vera e propria gara con tanto di premi in denaro.

A idearla è stato un ricercatore italiano, Giorgio Ascoli, da sedici anni negli States presso il Krasnow Institute for Advanced Study della George Mason University a Fairfax (Virginia) e caporedattore della rivista specializzata Neuroinformatics. È nata così la DIADEM Competition, ovvero Digital Reconstruction of Axonal and Dendritic Morphology, lanciato nell’aprile 2009 April e organizzata dall’Allen Institute for Brain Science, dal Howard Hughes Medical Institute (HHMI) e dallo stesso Krasnow Institute.



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La gara era aperta a neurologi e informatici sia di aziende private che di laboratori accademici, che potevano concorrere sia come singoli che in gruppi. L’obiettivo era di realizzare un algoritmo e di testarlo confrontandone le prestazioni con quelle dei migliori standard di elaborazione manuale, cercando di ottenere l’immagine voluta in un tempo venti volte più veloce. Dopo una fase di qualificazione durata un anno, tra i cento partecipanti è stata designata una rosa di cinque finalisti che si sono sfidati nel girone finale a fine agosto nel corso di un convegno presso il Janelia Farm Research Campus del HHMI.

 

«In realtà la fase finale – ha detto Ascoli a Ilsussidiario.net – è stata occasione per fare un test interattivo insieme ai neuroanatomisti che avevano i dati e interagendo con i giudici di gara. I gruppi finalisti cambiavano i set di dati a ogni sessione e quindi ognuno dei cinque team metteva alla prova il suo algoritmo con tutti i dati».

 

Ma non si è trattato solo di una esibizione puramente dimostrativa: in palio c’erano 75.000 dollari per il vincitore la cui proclamazione era prevista per il 1 settembre. Purtroppo nessuno ha centrato il goal della velocità venti volte superiore al procedimento manuale. I più veloci sono arrivati a ridurre di dieci volte i tempi di calcolo. «D’altra parte abbiamo riconosciuto notevoli passi avanti nella realizzazione degli algoritmi, perciò abbiamo deciso di assegnare ugualmente alcuni riconoscimenti, suddividendo l’ammontare del premio».

 

Così il gruppo di Badrinath Roysam, del Rensselaer Polytechnic Institute e quello di Armen Stepanyants, della Northeastern University si sono aggiudicati i premi da 25.000 dollari, mentre 15.000 sono andati al team di Eugene Meyers, del Janelia Farm Research Campus, che giocava in casa, e 10.000 dollari hanno premiato l’èquipe di German Gonzalez dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna; il quinto finalista, il team di Deniz Erdogmus, sempre della Northeastern University, non ha avuto riconoscimenti in denaro ma comunque ha visto esplicitamente apprezzato il suo lavoro.

 

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Ascoli è decisamente soddisfatto: per il successo della originale iniziativa ma soprattutto per i notevoli avanzamenti conseguiti. «Stiamo forse vedendo la luce in fondo al tunnel. Anche se la complessità del nostro cervello e il numero smisurato delle connessioni tra i neuroni richiederanno non venti volte ma ventimila volte le velocità finora raggiunte per permetterci di comprendere un po’ meglio i principali meccanismi cerebrali».

 

Quindi ci saranno altre competition? Ascoli non si sbilancia. «Sull’onda dell’entusiasmo per quanto è avvenuto in questi giorni, abbiamo iniziato a parlare della possibile organizzazione di una nuova competition; lo ritengo probabile ma è prematuro parlare di un Diadem 2».

 

Nel frattempo i risultati e i lavori presentati saranno pubblicati sulla rivista Neuroinformatics e troveranno visibilità nel sito NeuroMorpho.Org, una sorta di archivio di neuroni ricostruiti digitalmente: un’altra delle iniziative di Ascoli, che è ormai un luogo indispensabile da frequentare per chi si occupa di neuroscienze e anche per chi vuole avere un’idea, anche visiva, della complessità e insieme della meraviglia di strutture e di forme che è il cervello.

 

 

 

 

Immagini da NeuroMorpho.org