Lo scorso 11 Gennaio in una conferenza stampa tenuta in contemporanea a Roma e Parigi (e a qualche ora di distanza al meeting dell’American Astronomical Society a Seattle) sono stati
presentati i primi risultati ottenuti dal satellite dell’ESA Planck, lanciato il 14 Maggio 2009 dalla base di Korou (Guyana Francese).
L’Early Release Compact Source Catalogue (ERCSC) comprende più di 15.000 sorgenti sia galattiche che extra-galattiche con una copertura in frequenza mai ottenuta prima. Alcuni risultati basati su questi primi risultati sono stati presentati in una collezione di 24 articoli scientifici. Ma è solo la punta dell’iceberg e molto è ancora da ottenere da questi primi dati.



Lo scopo principale di Planck siano le osservazioni delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo (CMB), eco del Big Bang originatasi quando l’Universo aveva “solo” 380.000 anni, con un’accuratezza e finezza di dettagli senza precedenti. Ma Planck è anche sensibile ad un altro tipo di emissione di fondo che presenta un massimo di intensità a lunghezze d’onda più corte: il Cosmic Infrared Background o CIB. Tale fondo, che è 50 volte più debole dalla CMB, è formato dall’emissione infrarossa di tutte le galassie lungo la storia cosmica ed essendo dovuto alle polveri all’interno di queste galassie, getta una luce sui meccanismi di formazione delle stelle (che nascono appunto da “bozzoli” di polvere).



Grazie a Planck siamo ora in grado di osservare questo fondo e le sue fluttuazioni con grande accuratezza nel sub-millimetrico fino a frequenze a cui mai prima di ora era stato osservato. Le fluttuazione nel CIB tracciano quindi la struttura a larga scale delle galassie remote che formano stelle a un tasso da 10 a 1000 volte maggiore di quanto vediamo nella nostra Galassia attualmente. Inoltre queste stesse fluttuazioni sono legate agli aloni di materia oscura dove si ritiene le galassie si siano formate.

La vasta copertura in frequenza di Planck permette di scandagliare a diverse epoche cosmiche le strutture tracciate dal CIB da un red-shift (lo spostamento verso il rosso) circa 1 fino a red-shift 4 quando l’Universo era solo un quinto delle dimensioni attuali. L’analisi dati è molto complessa in quanto il CIB è frutto dell’emissione integrata di tutte le galassie ed occorre quindi una modellizzazione accurata del processo di formazione galattica (su cui abbiamo ancora molto punti oscuri) e dei loro meccanismi di emissioni.



Tra i molti risultati presentati a Roma e Parigi, Planck ha permesso di costruire un catalogo unico di ammassi di galassie, gli oggetti più grandi presenti nell’Universo con masse che variano da centomila miliardi ad un milione di miliardi di volte la massa del Sole. Tali ammassi sono osservati da Planck grazie al cosiddetto effetto Sunyaev-Zeldovich. La presenza di gas caldo ionizzato nell’ammasso di galassie genera una precisa segnature spettrale: esso risulta più freddo a frequenze più piccole di 217 GHz e più caldo a frequenze più alte.

La maggior parte (169) dei 189 ammassi osservati da Planck coincide con ammassi già noti e studiati in altre bande di frequenza (tipicamente raggi X) ma che per la prima volta possiamo osservare nelle microonde. I restanti 20 sono nuovi ammassi mai scoperti. Planck infatti, scandagliando tutto il cielo permette ha la possibilità di trovare i più pesanti tra tutti gli ammassi di galassie. Questi sono oggetti estremamente rari e sono uno strumento fondamentale per la cosmologia moderna in quanto il loro numero dipende criticamente da alcuni parametri usati per descrivere il nostro Universo.

Undici di questi nuovi ammassi sono già stati osservati da XMM-Newton, un satellite ESA per astronomia X, e si sono dimostrati tra gli ammassi più massivi. In particolare i nuovi ammassi di Planck mostrano una bassa luminosità ed una morfologia “distribuita” chiaro indice che il loro stato dinamico è estremamente complesso e ben diverso da quello degli ammassi solitamente osservati in X.


Immagini di Planck e XMM-Newton del nuovo super-ammasso PLCK G214.6-37.0 scoperto da Planck. Sono evidenti tre sotto-strutture.

Ma queste sono solo alcune delle scoperte che il team di Planck è riuscito ad ottenere con i dati relativi alla prima survey completa del cielo. Planck ha già completato altre due survey permettendo quindi di ri-osservare le stesse porzioni di cielo e aumentando corrispondentemente l’accuratezza nelle misure. Ci si aspetta ancora molto da questo gioiello: e gennaio dell’anno prossimo avremo i primi risultati cosmologici di Planck relativi alle osservazioni della CMB e non mancheranno di certo lo sorprese.

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