L’Anno appena iniziato sarà l’Anno Internazionale della Chimica. Lo ha proclamato l’ONU affidando la responsabilità dell’evento all’UNESCO e a IUPAC, l’Unione Internazionale di Chimica Pura ed Applicata, che nel 2006 aveva lanciato l’idea.

La proposta di risoluzione ONU per un Anno celebrativo delle conquiste della Chimica e del suo contributo al benessere dell’umanità è stata formulata dall’Etiopia, un Paese non industrializzato. Si è voluto così evidenziare l’importanza di questa scienza nel preservare le risorse naturali (l’attenzione allo sviluppo sostenibile è l’obiettivo dell’ONU per il decennio 2005-2014).



Ma cos’è la Chimica? Un qualunque dizionario della lingua italiana presenta la seguente definizione: la Chimica (dall’arabo “al kimiaa”) è la scienza naturale che interpreta e razionalizza la struttura, le proprietà e le trasformazioni della materia, cioè delle sostanze naturali e artificiali del regno organico (i composti del carbonio) e di quello inorganico. La chimica è anche definita “scienza centrale” (central science) perché è strettamente connessa con tutte le altre scienza naturali, dalla fisica della materia alla biologia, dalla geologia all’astronomia.



Suo oggetto di studio sono quindi le proprietà dei costituenti della materia (atomi, molecole, altri loro aggregati) e le trasformazioni della materia stessa per effetto della rottura e della formazione di legami tra atomi e molecole, spiegabili attraverso la conoscenza della struttura elettronica degli atomi stessi.

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La Chimica è fondamentale per la nostra generale comprensione del mondo e dell’universo, ma serve per spiegare anche fenomeni della nostra quotidianità. Per esempio permette di comprendere perché un pezzo di ferro arrugginisce all’aria o cosa conferisce alle carote il loro colore arancione. Ma non è solo una scienza speculativa: le trasformazioni molecolari sono infatti essenziali per produrre tutto ciò che serve per la nostra vita, dal cibo alle medicine, dal carburante ai tessuti, dai coloranti agli aromi e ai profumi.



 

 

A partire dalla fine del XVIII secolo i chimici, hanno imparato a costruire le molecole. Oggi sono diventati dei veri architetti e ingegneri dell’invisibile. Avendo compreso le leggi naturali che tengono insieme gli atomi mediante i cosiddetti “legami chimici”, usano gli elettroni – invece che il calcestruzzo – per gettare ponti stabili tra gli atomi. Anche le molecole naturali più complicate possono oggi essere riprodotte in laboratorio e, se necessario, la loro “sintesi” viene ottimizzata per ridurre sprechi e sottoprodotti inutili.

 

 

 

 

La conoscenza della composizione e delle proprietà della materia permette ormai di superare la natura. Si creano nuove molecole che non esistono sulla Terra o si modificano quelle che vengono prodotte dagli esseri viventi per ottimizzarne le prestazioni.

 

 

 

 

Per fare un esempio, a tutti è nota l’attività antibiotica delle penicilline e delle cefalosporine. Adesso i medici prescrivono le cosiddette penicilline e cefalosporine “semisintetiche”: si tratta di molecole che vengono ottenute per elaborazione chimica dei precursori naturali – prodotti in fermentatori industriali – che ormai non sono più in grado di agire contro microbi divenuti nel tempo molto più resistenti (e anche la ragione di questa resistenza, che permette ai microbi di distruggere le molecole di antibiotici “naturali”, è spiegabile a livello molecolare, cioè con la Chimica).

 

 

 

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E i chimici non solo lavorano con la materia, ma permettono anche di sfruttare le proprietà dell’antimateria. Quanti di quelli che stanno leggendo questo articolo sanno che la “PET”, la Positron Emission Tomography, così utilizzata nella diagnostica ospedaliera si basa sulla generazione e sull’annichilimento nel corpo umano di una particella di antimateria, il positrone?

I positroni vengono prodotti in vivo per decadimento di un radioisotopo (ad esempio un isotopo del fluoro), preventivamente legato mediante reazioni chimiche a una molecola facilmente metabolizzabile dal nostro organismo (ad esempio lo zucchero glucosio), molecola che viene iniettata nel paziente in modo da poter evidenziare le zone del corpo in cui va a distribuirsi.

In questo lavoro il chimico oltre che preciso deve essere anche molto veloce perché il tempo di decadimento del radioisotopo è rapidissimo (la sua quantità, nel caso del fluoro-18, si dimezza in 110 minuti): nell’arco di una mattinata deve generare il radioisotopo con una reazione nucleare nel ciclotrone e poi legarlo, con una sequenza di reazioni chimiche, alle molecole di glucosio, purificare il prodotto e trasferirlo in una soluzione iniettabile da consegnare al medico per le analisi PET da effettuare il giorno stesso. E la mattina dopo si ricomincia…

Si potrebbe continuare all’infinito a raccontare aneddoti ed esperienze dell’impatto positivo della Chimica sulla nostra vita quotidiana, o parlare dello stupore che accompagna sempre la spiegazione del meccanismo di una nuova reazione (la Chimica non è magia), la scoperta di una nuova molecola, la comprensione del livello molecolare dei processi biologici. Avremo un anno a disposizione per tornare su alcuni di questi argomenti.

Gli eventi e le iniziative dell’Anno Internazionale della Chimica, programmate in tutto il mondo con una capillare diffusione locale sotto il titolo generale “Chemistry—our life, our future” (la Chimica: la nostra vita, il nostro futuro) saranno pubblicizzate sul sito www.chemistry2011.org e, per l’Italia, sul sito www.chimica2011.it

 

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