Quando l’energia di un sistema fisico viene ridotta ai minimi livelli è possibile osservarne comportamenti spiegabili solo con la meccanica quantistica, quali, ad esempio, la presenza di un livello fondamentale (ground state) o la discretizzazione dei livelli energetici. Dal punto di vista sperimentale, ridurre allo stato energetico fondamentale un sistema significa raffreddarlo il più possibile, cioè portarne la temperatura il più vicino possibile allo zero assoluto (-273,15 °C, ovvero 0 Kelvin). Esperimenti di questo tipo, indirizzati allo studio degli aspetti basilari della meccanica quantistica, sono realizzabili con relativa “facilità” per singoli atomi o ioni o piccoli gruppi di atomi. Al contrario, ridurre allo stato di minima energia un sistema macroscopico (o perlomeno mesoscopico) è un’impresa molto più ardua.
Con “mesoscopico” intendiamo un sistema di dimensioni di qualche micrometro e quindi composto da qualche miliardo di atomi, una scala alla quale i comportamenti meccanici degli oggetti sono solitamente descritti dalla meccanica classica e non quantistica. A temperatura ambiente, infatti, un sistema di questo tipo contiene così tanti “quanti” di energia che è impossibile osservarne la natura quantistica. Nel 2010 per la prima volta un sistema mesoscopico era stato raffreddato abbastanza (circa 25 millesimi di grado sopra lo zero assoluto) da ridurlo quasi al suo stato fondamentale per osservarne il comportamento in regime quantistico (O’Connel et al., Nature 464, p.697). Il raffreddamento in quel caso era avvenuto per immersione in bagno termico.
È invece molto più recente (ottobre 2011) la pubblicazione di un risultato ulteriore in questa direzione, ottenuto al Laboratory of Applied Physics del California Institute of Technology in collaborazione con l’Università di Vienna, che apre la strada a una via più versatile per raffreddare un sistema mesoscopico (Chan et al., Nature 479, p. 89). L’esperimento, guidato dal professor Oskar Painter, consiste nel far interagire il sistema mesoscopico oscillante con un fascio di luce laser. Il meccanismo di raffreddamento, cosiddetto laser-cooling, consiste nel regolare finemente la frequenza del laser in modo che possa interagire con il sistema solamente sottraendogli energia. Questo ingegnoso meccanismo era già stato sperimentato (e tuttora utilizzato) per raffreddare piccoli gruppi di atomi, ma gli scienziati del CalTech hanno dimostrato la sua applicabilità anche su scala macroscopica.
L’interazione con il laser non permette soltanto di raffreddare il sistema in modo efficiente, ma, fattore ancora più importante, di controllarlo e di caratterizzarlo (quasi) senza perturbarlo. Per esempio, tramite l’analisi del fascio laser riflesso è possibile misurarne la temperatura, che ovviamente non è banale dal momento che qualsiasi contatto con un “termometro” esterno cambierebbe drasticamente la temperatura stessa del sistema. Questa tecnica apre quindi la strada relativamente accessibile per lo studio della natura quantistica della realtà macroscopica, cosa per molto tempo desiderata dai fisici della materia, e nondimeno spalanca anche possibilità applicative, come ad esempio la realizzazione di sensori estremamente sensibili o dispositivi basati sull’interazione tra fotoni e fononi (il fonone è il quanto di energia vibrazionale, cioè portata dalle onde sonore, analogamente al fotone che è il quanto di luce, ovvero di energia elettromagnetica).