Dopo tanto girovagare per lo spazio, ieri Paolo Nespoli è approdato a Milano, a pochi chilometri da casa sua (Verano Brianza). È stato accolto tra gli edifici dalle forme aerodinamiche del nuovo Palazzo di Regione Lombardia, dove ha inaugurato, insieme al Presidente Roberto Formigoni, la quarta edizione del Festival Internazionale dell’Ambiente che quest’anno si svolge appunto nella Piazza Città di Lombardia (dal 19 al 22 ottobre).
Nespoli è stato il testimonial in un certo senso inaspettato della kermesse milanese, che coniuga le tematiche scientifiche legate alla produzione di energia, alla gestione dell’acqua, all’edilizia sostenibile con altre di più ampio respiro, come il rapporto ambiente-salute o l’educazione ambientale, e con le prospettive, ancora in parte da esplorare, della green economy. Cosa ci fa uno come lui, abituato a vivere negli ambienti asettici dei laboratori spaziali e a galleggiare in condizioni di microgravità nella cabina dello Shuttle, in una manifestazione dove si parla di efficienza energetica, di polveri sottili, di pompe di calore geotermiche, di biodepurazione delle acque?
Lo ha spiegato lui stesso, prima nell’incontro con la stampa e poi parlando a un pubblico attento e curioso: «Sono qui per raccontare come sta la Terra vista dallo spazio e la prima cosa che devo dire è l’invito a tutti tutelare meglio un bene prezioso. Anche dopo una lunga permanenza in orbita, non ci si abitua allo spettacolo della Terra; la cosa che più mi ha colpito è la visione dell’atmosfera che appare come uno strato molto sottile, molto esile e delicato, che va protetto perché possa proteggerci. Dico sempre che, se fosse possibile, tutti dovrebbero andare nello spazio proprio per poter vivere questa esperienza di visione globale del Pianeta».
Nel descrivere le immagini, Nespoli si entusiasma, come se le rivedesse dall’oblò del modulo orbitante: «Si vede dapprima un pianeta blu, dai colori sgargianti; i primi giorni si vedono prevalentemente acqua e nuvole. Consideri che si gira a 28500 km/h e ogni 45 min c’è un alba o un tramonto. La varietà di immagini è impressionante ma non è facile distinguere subito gli ecosistemi e gli ambienti costruiti. Dopo un po’ si riesce e nel giro di sei mesi, si comincia a distinguere qualcosa di significativo». C’è’immagine efficace con la quale l’astronauta sintetizza la sua esperienza di osservatore: «Mi sembrava di essere uno scienziato in camice bianco chino sul suo al microscopio a guardare un oggetto piccolo e grande insieme: la nostra Terra».
Che cosa la colpisce di più della Terra? «È difficile fare una classifica: ogni parte ha la sua specificità, ben riconoscibile, e stando in orbita si impara a riconoscerla. Mi hanno colpito alcune immagini che non sembrano naturali, per forme, colori, dimensioni: sembrano artificiali e invece sono proprio così. È lo spettacolo sempre nuovo della natura …».
Nespoli ha una intenso curriculum di voli e le immagini che ha mostrato – sono semplici foto da dilettante, dice lui – lasciano senza fiato e danno un’idea di una familiarità con lo speciale ambiente cosmico. Assegnato nel 2006 all’equipaggio della missione STS-120, ha volato come specialista di missione a bordo dello Space Shuttle Discovery per il volo STS-120 verso la Stazione Spaziale Internazionale. Poi, nel dicembre 2010 è partito a bordo della navicella Soyuz con la missione MagISStra per restere in orbita, sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), per sei mesi.
Ma Nespoli ha anche un notevole background scientifico che gli ha consentito di seguire in entrambe le missioni una varietà di esperimenti. Durante la sua missione Esperia, ha portato a termine una serie di esperimenti europei nel campo della biologia e della fisiologia umana. Poi, durante la lunga permanenza sulla ISS, utilizzando il laboratorio Columbus, ha seguito esperimenti progettati per verificare come gli astronauti interpretano l’informazione visiva in condizioni di microgravità e come questa influisce sulla loro percezione. In campo biologico, è stato il principale operatore in esperimenti complessi volti a verificare specifici paradigmi, come la risposta immunitaria nelle piante durante la crescita in condizioni di microgravità, e ad analizzare gli effetti dell’accelerazione centrifuga su radici di piantine di lenticchie. Ha inoltre misurato la natura e la distribuzione del campo di radiazione all’interno della ISS e ha studiato con una precisione senza precedenti l’irraggiamento solare.
Così ha maturato una sensibilità per temi dell’ambiente e della sostenibilità. «Da lassù si può percepire come l’uomo abbia modificato l’ambiente e ci si può rendere conto dell’impatto globale che hanno le nostre attività. Possiamo capire visivamente come abbiamo cambiato il mondo; tipico è lo scenario che si coglie di notte: di giorno è difficile distinguere le città ma di notte si vedono le luci e balzano subito all’occhio i grandi agglomerati. Devo dire che l’Italia è molto più illuminata di altri Paesi e a volte mi domando come possiamo avere così tanta energia disponibile. Di giorno comunque si vedono i delta dei fiumi cambiati, le grandi dighe, le cave a cielo aperto, le isole costruite dall’uomo. Lo stiamo veramente cambiando questo Pianeta e non sono sicuro che comprendiamo veramente lo scopo di ciò che facciamo. Forse dovremmo rifletterci di più».
In tutta questa esperienza non mancano i risvolti più strettamente personali. Come quelli legati ai rapporti tra gli astronauti.«Devi abituarti a lavorare in team ma soprattutto impari a conoscere te stesso; bastano pochi giorni per accorgerti che sei fallibile e che se gli altri non ti aiutano puoi combinare guai anche gravi. All’inizio deve imparare a fare tutto in condizioni disagiate, quasi come se fossi un disabile, impossibilitato a svolgere alcune funzionalità; tanto che i neurologi studiano su di noi come il cervello reagisce a queste situazioni, per poi applicare le conoscenza sulla Terra proprio per chi ha delle disabilità».
Nespoli parla delle giornate vissute nello spazio come giornate piene, molto concentrate e senza tregua, «ma non prive della consapevolezza che intanto il mondo va avanti: sono successe cose importanti in quel periodo, a livello mondiale e anche personale; nel mio caso ho vissuto a distanza la morte di mia madre …».
Insomma, un’esperienza affrontata con la passione per un lavoro importante e interessante, dove comunque l’attrattiva resta proiettata su questo nostro fragile e tormentato pianeta; per questo, dopo sei mesi nello spazio «vieni a casa volentieri».
(a cura di Mario Gargantini)