La capacità delle foglie di loto di allontanare l’acqua è stata studiata da tempo per creare superfici sintetiche altamente idrofobiche; tale abilità, però, non soddisfa l’esigenza di generare superfici omnifobiche, in grado cioè di allontanare anche gli oli (molecole apolari) così come fanno con la repulsione dell’acqua (molecola polare).



Le foglie di loto hanno una struttura superficiale particolare, che le rende estremamente idrofobiche e le mantiene costantemente pulite. Tali caratteristiche sono determinate dalla presenza di microstrutture, piccoli pori chiamati papille, che con facilità fanno scivolare via l’acqua dalla superficie fogliare, creando un’interfaccia formata da tre componenti: solida, gassosa e liquida. Il meccanismo d’azione è il seguente: quando la superficie fogliare (componente solida) è bagnata da gocce d’acqua (componente liquida), lo strato d’aria (componente gassosa) frapposto tra le altre due componenti viene intrappolato nelle papille facendo assumere all’acqua una perfetta forma sferica.



Tale forma facilità lo scivolamento delle gocce d’acqua dalla foglia; questo meccanismo adottato dalle foglie di loto per allontanare l’acqua è chiamato “effetto loto” (figura A)

In questi anni le applicazioni nanotecnologiche hanno cercato di riprodurlo in materiali quali vernici e tessuti. Il modello della pianta di loto, inoltre, è stato mimato dagli scienziati per generare materiali idrofobici utilizzati nello studio dell’attrito, della lubrificazione e in altre aree ingegneristiche.

La produzione di superfici superidrofobiche è impegnativa, ma a paragone, è molto più difficile produrre superfici oleofobiche che respingano liquidi organici come oli, molecole non polari con un basso potere energetico rispetto a quelle polari come l’acqua. Per le molecole apolari tutto si complica, poiché le gocce degli oli non sono capaci di assumere una forma sferica su superfici solide.



In questi ultimi anni sono stati allestiti esperimenti per produrre superfici omnifobe che sono sia oleofobe sia idrofobe. Tali superfici sono di interesse in molte applicazioni, nelle quali sono usati fluidi biomedici (sangue), carburanti per il trasporto (benzina) e anche superfici repellenti al ghiaccio e alla polvere.

In un recente articolo su Nature (volume 477) viene spiegato un nuovo approccio per generare superfici che respingono quasi tutti i tipi di liquidi, includendo il sangue e gli oli, sotto condizioni difficili di alta pressione e di basse temperature. L’innovativo approccio prende spunto dal meccanismo adottato dalle piante carnivore nel catturare gli insetti (ragni, formiche) e piccole rane. Tali piante attirano e catturano la preda sfruttando una superficie scivolosa generata da un lubrificante come l’acqua che non permette alle zampe delle formiche, per esempio, di ancorarsi alla superficie fogliare, poiché l’olio sotto alle loro zampe è respinto dal lubrificante, facendole scivolare all’interno della pianta.

Tutto ciò è paragonabile all’effetto che si osserva quando l’olio versato in un contenitore con acqua galleggia senza disciogliersi. I ricercatori dell’università di Harvard hanno progettato un nuovo composto solido dall’aspetto poroso, in cui viene rilasciato un fluido lubrificante: SLIPS (Slippery Liquid – Infused Porous Surfaces). Quando una goccia di un liquido è posta sul materiale poroso, si forma un’interfaccia solido – lubrificante – liquido: il sistema è noto come “meccanismo delle piante carnivore” (figura B).

 

 

Il lubrificante ha la stessa funzione delle papille delle foglie di loto, nelle quali l’aria viene intrappolata formando uno strato continuo, simile allo strato scivoloso delle piante carnivore generato dal liquido lubrificante. Bisogna specificare che nel meccanismo delle piante carnivore, con l’abbassamento dell’attrito superficiale, lo SLIPS può essere anche un composto oleofobo oltre ad essere idrofobo. Tale materiale scivoloso possiede la capacità di auto-lubrificazione, auto-pulizia e auto-guarigione, queste caratteristiche vengono perse quando lo stato poroso risulta danneggiato.

Confrontando il metodo, di nuova creazione, che prende spunto dalla capacità delle piante carnivore di catturare le prede, con quello che si ispira all’azione delle foglie di loto nell’allontanare l’acqua, si nota che per realizzare in modo artificiale le superfici sia oleofobe sia idrofobe sono necessari un composto poroso e un lubrificante. Tale metodo, inoltre, può essere applicato a diversi ambiti, arricchendo la tipologia di superfici con la capacità di allontanare liquidi di natura e caratteristiche diverse.