I gas serra e il particolato atmosferico (così come altri gas presenti in tracce ma chimicamente molto attivi) influenzano il clima terrestre. Stimare le loro concentrazioni, le sorgenti e i pozzi di tali composti, distinguendo fra processi antropici e naturali, rappresenta una delle maggiori sfide scientifiche del nostro tempo. Il Progetto Hippo (Hiaper Pole-to-Pole Observations; Hiaper é l’acronimo dell’aereo strumentato utilizzato, un Gulfstream V, – High-performance Instrumented Airborne Platform for Environmental Research) che si è concluso nel settembre scorso ha permesso di ottenere per la prima volta una mappa globale dei gas serra e del particolato presenti in atmosfera.
Nei tre anni del progetto sono stati effettuati cinque voli dall’Artico all’Antartico, sorvolando l’Oceano Pacifico, che hanno consentito di raccogliere campioni di atmosfera a diverse latitudini durante differenti stagioni, a partire da una quota di 150 metri dalla superficie fino ad arrivare a 13.750 metri, nella bassa stratosfera. Britton Stephens del National Center for Atmospheric Research (Ncar), uno dei principali ricercatori del progetto, ha affermato che stimare i gas serra con le sole misure a terra è come guardare attraverso una finestra appannata e che “finalmente Hippo ha fornito una chiara visione di ciò che c’è la fuori”.
La maggior parte delle osservazioni sui gas serra e sulle emissioni di particolato atmosferico sono state effettuate finora con stazioni di misura a terra che forniscono un’informazione puntuale in quanto localizzati sulla superficie terrestre. Si utilizzano poi dei modelli matematici per stimare, fra le varie stazioni di misura, le concentrazioni dei composti analizzati. I modelli forniscono anche le stime della distribuzione verticale in atmosfera dei gas serra e del particolato, stime che non possono essere adeguatamente risolte con i dati globali ottenuti dai satelliti. Pertanto le misure effettuate con le piattaforme mobili (aerei strumentati) consentono di integrare il dato ottenuto da satellite con quello puntuale misurato al suolo, permettendo di verificare e migliorare le previsioni dei modelli atmosferici globali di trasporto.
La mole di informazioni ottenute con Hippo è tale che gli scienziati ritengono che occorreranno circa dieci anni di lavoro per analizzare i dati raccolti nelle varie missioni. Oltre a importanti osservazioni preliminari sulla distribuzione e sulla stima dei flussi dei gas serra (fra i quali in particolare il metano) si sono notati importanti valori di concentrazione di particelle di nerofumo (Black Carbon, Bc) sull’Oceano Pacifico con livelli paragonabili a quelli usualmente misurati nelle grandi megalopoli. Quest’ultima considerazione risulta molto importante a proposito del ruolo che il pulviscolo atmosferico riveste nel clima terrestre.
Infatti, la maggior parte delle particelle che costituiscono l’aerosol atmosferico hanno un diametro compreso fra 0,1 micron e 1 micron (un capello ha un diametro di circa 20/30 micron) confrontabile con la lunghezza d’onda della luce proveniente dal sole (circa 0,5 micron) che pertanto interagisce con tale pulviscolo dando luogo a effetti di assorbimento o diffusione della radiazione luminosa. Tali effetti, denominati diretti, possono determinare un riscaldamento o un raffreddamento della temperatura dell’atmosfera a seconda della composizione chimica delle particelle e delle loro proprietà ottiche.
In secondo luogo, tali particelle determinano anche degli effetti indiretti attraverso processi che portano alla formazione delle nubi che a loro volta influiscono sulla capacità riflettente della Terra. Questi meccanismi sono ancora poco compresi e anche nell’ultimo rapporto dell’Ipcc (International Panel on Climate Change) ne viene sottolineata l’elevata incertezza e la necessità di approfondirne le conoscenze di base. Uno degli aspetti di tale incertezza riguarda proprio le proprietà ottiche delle particelle ossia la prevalenza di effetti di assorbimento o di diffusione della radiazione luminosa.
Le particelle di nerofumo (Bc), osservate con Hippo, possono essere considerate, in prima approssimazione, come un inquinante primario emesso direttamente durante l’incompleta combustione di combustibili fossili e carburanti: si stima un’emissione di circa 5,7 Tg/anno di particelle Bc dovute alla combustione delle biomasse e 6,6 Tg/anno dovute alla combustione dei combustibili fossili (Tg sta per Teragrammo, cioè un miliardo di chili). Tali particelle rappresentano una delle maggiori forzanti del clima, con una stima corrente di circa 0,4 W/m2 (confrontabile con quella del metano).
In atmosfera si trovano anche particelle carboniose, ma di origine organica (Oc, Organic Carbon) sia prodotte direttamente, sia formate attraverso processi di adsorbimento di composti organici. Il loro comportamento ottico è molto diverso da quello delle particelle di Bc e risulta pertanto molto importante distinguere le diverse tipologie di particelle carboniose (che spesso per processi di trasformazioni chimico-fisiche risultano interconnesse).
Lo strumento per gli aerosol, utilizzato nelle missioni Hippo, è in grado di evidenziare le particelle di Bc dal pulviscolo atmosferico e pertanto di fornire maggiori dettagli conoscitivi di base che potranno migliorare le parametrizzazioni utilizzate nei modelli climatici. Infatti, una significativa presenza di tali particelle nell’alta atmosfera e su scala globale potrebbe determinare una diversa stima degli effetti, sia diretti che indiretti, dell’aerosol sul clima terrestre rispetto a quanto ritenuto finora.