In questi ultimi anni, le frequenti alluvioni, che si abbattono sulle diverse zone del nostro pianeta hanno creato notevoli disagi nel provvedere al fabbisogno alimentare delle popolazioni colpite. In queste settimane forti alluvioni hanno interessato l’America Centrale e la Tailandia causando la perdita di un grande numero di raccolti. Anche gli Stati Uniti e l’Europa sono stati messi in ginocchio da numerose alluvioni nel corso degli anni e hanno affrontato le stesse problematiche dei paesi non industrializzati. L’abbondante quantità d’acqua, rimanendo in superficie, inonda le terre coltivate soffocando le piante, a causa della scarsità di ossigeno atmosferico disciolto nell’acqua stessa.
Gli scienziati stanno studiando il comportamento di piante che vivono in ambienti privi d’ossigeno. L’ipossia è la condizione di poca disponibilità d’ossigeno e in una pianta si manifesta quando le radici e le foglie sono sommerse dall’acqua privandole dell’aria. In tale situazione la pianta, per continuare a produrre le preziose molecole di ATP (adenosintrifosfato), innesca dei cambiamenti nell’espressione e nella regolazione di specifici geni implicati nel metabolismo anaerobico. L’ATP, come è noto, è la fonte di riserva energetica utilizzata dalle cellule per svolgere tutte le attività metaboliche. Le piante come gli animali sono aerobi “obbligati”, ciò significa che necessitano di ossigeno nell’adempiere alle funzioni vitali, in particolare la respirazione e la produzione di energia nei mitocondri. Quando le piante non hanno a disposizione l’ossigeno, non riescono a produrre in modo efficiente ATP e quindi cercano un’altra strategia più efficace, come l’aumento della demolizione di zuccheri.
Un gruppo di ricerca dell’università di Nottingham in collaborazione con uno dell’università della California ha mostrato su Nature (Gibbs et al., ottobre 2011) che in Arabidopsis thaliana, una pianta modello nella ricerca biologica in campo vegetale, è presente un sensore omeostatico che percepisce i bassi livelli di ossigeno. Questo sensore innesca dei cambiamenti nell’espressione di alcuni geni, che rendono la pianta tollerante all’ipossia. Tale meccanismo di controllo (N-end rule pathway of targeted proteolysis) agisce sulla vitalità (turnover) di alcune proteine, rendendole instabili quando i livelli di ossigeno sono normali e stabilizzandole quando le radici o i germogli sono sommersi e l’ossigeno è presente a bassi livelli. Perciò le proteine regolatrici determinano il destino del loro substrato in base alla presenza di una regione N-terminale specifica, indicante la stabilizzazione o la destabilizzazione della proteina bersaglio.



In alcune varietà di riso, c’è un gene (SUB1A) che determina la tolleranza all’immersione: infatti la pianta è in grado di sopravvivere per due settimane o più completamente coperta d’acqua. Altre piante, compresa l’arabidopsis, che non germinano immerse nell’acqua come il riso, posseggono l’omologo di tale gene (SUB1A-like), anche se con un diverso comportamento: la proteina SUB1A nell’arabidopsis è soggetta a turnover, mentre nel riso non viene sostituita.
Un ulteriore esempio di proteina soggetta all’azione del meccanismo di turnover è spiegato in un altro articolo recente, sempre su Nature (Licausi et al.), da un gruppo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione col Max Planck Institute e l’Università di Utrecht. Nell’articolo viene spiegato il destino della proteina denominata RAP2.12 presente costitutivamente nella cellula vegetale: quando i livelli dell’ossigeno sono normali tale proteina si lega a una proteina di membrana (ACBP) e viene rapidamente degradata; mentre, in caso di alluvioni, si dissocia da ACBP e migra nel nucleo, dove attiva l’espressione di geni come risposta adattativa alla condizione di ipossia.
Con le informazioni ricavate dalle due ricerche, in futuro si potranno migliorare le coltivazioni rendendole tolleranti ai bassi livelli d’ossigeno, così potranno sopravvivere durante le inondazioni, come avviene già in alcune varietà asiatiche di riso.

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