Sono due i motivi di “curiosità” della missione Curiosity, partita sabato pomeriggio da Cape Canaveral: il contenuto della missione stessa e il suo carico “culturale”, che porterà su Marte il Codice del Volo di Leonardo da Vinci.
Della prima si può solo dire quali sono gli obiettivi che la Nasa si è prefissata, il resto lo si capirà dopo l’approdo di Curiosity sulla superficie marziana, previsto per l’agosto 2012. Curiosity è un rover delle dimensioni di un’automobile e del peso di 800 chilogrammi, progettato per svolgere ricerche sulla superficie di Marte nell’ambito della missione Mars Science Laboratory (MSL). I suoi strumenti analizzeranno se vi sono state le condizioni favorevoli per lo sviluppo di forme di vita microbiche che hanno consentito la permanenza di loro tracce nelle rocce del Pianeta Rosso.
MSL potrà raccogliere campioni, frantumarli e analizzarli in una camera di analisi chimica che porterà a bordo. Una serie di strumenti scientifici permetterà di identificare materiali organici come proteine, aminoacidi e altri componenti della vita basata sul carbonio. Il laboratorio scientifico spaziale, inoltre, potrà identificare gas connessi ad attività biologiche.
Della seconda curiosità si può dire qualcosa di più. Anzitutto quello che è partito a bordo del vettore Atlas V-541 è la copia scannerizzata del prezioso codice leonardesco, un testo simbolico, considerato il fondamento della storia del volo. È memorizzato su un microchip, collocato all’interno del rover, unitamente al celebre e universalmente noto autoritratto del genio da Vinci.
Il Codice del Volo è un piccolo quaderno di appunti di circa 30 pagine, risalente al 1505 anno in cui Leonardo è ritornato a Firenze. Vi sono disegnati e descritti con grande dettaglio non solo il volo degli uccelli, ma anche il progetto della “macchina volante”. Prima di volare su Marte, ha già fatto tanta strada ed è sopravvissuto a mille vicissitudini: abbandonato dagli eredi di Leonardo alla fine del ‘500, fu trovato e portato a Parigi da Napoleone; nel 1830 fu rintracciato dallo studioso-ladro Guglielmo Libri che asportò il Codice sul volo degli uccelli dal Manoscritto B e lo vendette al conte Monzoni; infine fu acquistato dal conte Sabachnikoff che lo riportò in Italia per finire nella Biblioteca Reale di Torino dove è attualmente custodito e dove è stato visto dal il direttore del Jet Propulsory Laboratory (Jpl) della Nasa di Pasadena, Charles Elachi, che ha deciso di farlo viaggiare (in fac simile, ovviamente) verso il pianeta rosso.
Circa i risultati scientifici e tecnici degli studi di Leonardo sul volo le semplificazioni si sprecano e la parola più abusata è quella di precursore; non mancano però le analisi più critiche, anzi si può dire che negli anni recenti le due posizioni si sono continuamente alternate. Lasciando agli epistemologi il verdetto su un Leonardo (improbabile) anticipatore del metodo sperimentale e limitandoci al problema del volo, il fatto che – come osservava lo studioso Bern Dibner in occasione delle celebrazioni del cinque centenario della nascita (1982) – «con quattro secoli di anticipo rispetto ai primi esperimenti riusciti, abbia studiato l’arte e la scienza del volo, dà la misura della capacità inventiva della sua mente. Nessuno prima del ventesimo secolo, ha effettuato con successo un volo vero e proprio».
In queste ricerche Leonardo ha percorso diverse tappe. Dapprima si è indirizzato all’imitazione del volo degli uccelli tramite il movimento di ali coperte di piume; passando gradualmente dal modello dell’uccello a quello del pipistrello, dotato di ali con nervature connesse da una membrana. Poi ha cercato un’analogia tra il moto degli uccelli nell’aria e quello dei pesci nell’acqua; e ha capito che era necessario conoscere meglio il mezzo in cui avviene il volo. Tornando agli studi di fattibilità della macchina per volare, ha valutato le due soluzioni alternative: il modello “aliante”, con ali fisse, e quello degli ornitotteri, cioè gli animali che battono le ali.
Le numerose note sull’argomento – ci ha lasciato 500 disegni e 35.000 parole – indicano che inizialmente avrebbe scelto la seconda soluzione, con l’ulteriore dilemma tra uccello e pipistrello. Ha progettato anche un apparato per testare le ali (disegno nel Ms D 88 v, conservato all’Institut de France a Parigi) e, pensando ai problemi di sicurezza, ha disegnato una sorta di paracadute dalla strana forma piramidale, da realizzare in lino trattato in modo da ridurne la permeabilità: il disegno è del 1485 ed esattamente tre secoli dopo, nel 1785, J. P. Blanchard eseguirà con successo la prima discesa col paracadute.
Circa l’effettivo svolgimento di prove con volontari umani, non esistono documentazioni di voli realmente eseguiti; ma le premesse che attestano questa sua intenzione ci sono tutte; è celebre la citazione del matematico Gerolamo Cardano, nel De subtilitate, che afferma: «è finita male per quei due che recentemente hanno tentato di volare. Leonardo da Vinci, di cui ho già parlato, ha cercato di volare, ma non ha avuto successo; egli è un grande pittore».
Più tardi si convincerà della maggior praticabilità delle ali fisse; ma i risultati continueranno ad essere deludenti. I fallimenti infine, lo porteranno a pensare all’elica e all’innalzamento verticale, col celebre disegno che il solito gioco del “precursore” fa pensare a tutti al bisnonno dell’elicottero.
Adesso tutti questi tentativi stanno compiendo un volo di quelli che Leonardo non aveva osato immaginare; a bordo di una navicella frutto non più dell’intuizione geniale di una singola mente vulcanica ma di un complesso lavoro di squadra, fatto di tanti piccoli miglioramenti progressivi che rendono difficile condensare in un momento o in un disegno l’avvenimento dell’invenzione.