Ci sono un paio di considerazioni che si possono trarre dal report finale della 34esima sessione di incontri dell’IPCC (Intergovernal Panel on Climate Change), tenutasi a Kampala il 18 e 19 novembre scorsi, propedeutica alla più vasta conferenza climatica iniziata ieri a Durban (Sud Africa). Da qui al 9 dicembre la politica tenterà una difficile mediazione sulle misure da adottare per fronteggiare il cambiamento climatico, sulla scia dell’incontro tenutosi a Copenhagen due anni fa, nel dicembre 2009. La linea su cui si muoveranno le Nazioni Unite deriva proprio dalla conferenza del novembre scorso, dove sono stati registrati gli ultimi avanzamenti della ricerca sul cambiamento climatico.
Dicevamo, dal punto di vista scientifico si possono notare almeno due punti di novità. In primis il riscaldamento globale del pianeta è stato confermato, ma declinato in una forma diversa, più vicina alla sensibilità di un non addetto ai lavori. Si dice che nei prossimi decenni ci saranno più giorni con temperature sopra la media, a partire da quelle notturne. Questa ovvia conseguenza viene da un fattore già riscontrato nei dati del secolo scorso e nelle proiezioni dei modelli per il secolo corrente, e cioè che la temperatura media del pianeta sta aumentando. In questo senso la cosiddetta ‘pistola fumante’ rimangono il fattore antropogenico e la correlata modifica del ciclo del carbonio; e proprio da questo assunto le Nazioni Unite si muovono da tempo per adottare una politica forte e globale che regolamenti le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
Ma è il secondo aspetto che introduce forse la novità più forte, e riguarda una questione diversa, ma non per questo marginale, del cambiamento climatico. La missione scientifica dell’IPCC non è banalmente ristretta alla conferma del riscaldamento terrestre e all’identificazione della sua causa, ma negli anni sta anche e soprattutto convergendo sull’impatto che il fenomeno del global warming causa a livello regionale e per le prossime due, tre decadi. L’atmosfera e gli oceani sono sistemi estremamente complessi e le loro dinamiche e feedback, non essendo ancora del tutto capiti, sono ancora più difficili da riprodurre nei modelli climatici.
Questa è dunque la sfida maggiore che attende gli scienziati per i prossimi anni: declinare nel breve termine e nel particolare un fenomeno a scala globale e le sue interazioni con la variabilità naturale del clima. Ad esempio, il fatto che la temperatura terrestre aumenti globalmente non significa certo che il riscaldamento sia omogeneo: è risaputo infatti che la temperatura a livello del suolo aumenta molto più velocemente al Polo Nord e su tutte le regioni sub-polari piuttosto che nelle altre zone del pianeta (effetto noto agli esperti come amplificazione polare).
Ancora più difficile è capire come le precipitazioni cambino all’aumentare della temperatura del pianeta. Grazie agli studi sulla dinamica globale dell’atmosfera si è giunti alla conclusione che le precipitazioni alle medie latitudini si sposteranno progressivamente verso nord, il che significa che per regioni come il sud Europa non sarà raro assistere a lunghi periodi siccitosi. Per contro, si sa ancora ben poco sulla risposta dei cicloni tropicali, in particolare la loro frequenza e intensità, rispetto a un clima più caldo. O sulla frequenza del cosiddetto anticiclone di blocco, fenomeno che incide soprattutto alle medie latitudini e che può drasticamente cambiare le sorti di una stagione intera.
Uno dei problemi principali rimane l’estrema incertezza sui risultati che derivano dai modelli climatici, che sono poi alla base delle conclusioni dei rapporti dell’IPCC. All’unanimità della previsione sull’aumento della temperatura globale, fa da contraltare la grande incertezza nel descrivere i fenomeni sopracitati (e molti altri) e la loro interazione con il trend di fondo climatico. Tali tematiche saranno al centro dell’agenda negli incontri che si terranno a Durban durante la prossime due settimane. Risulta del tutto evidente che le politiche adottate a partire dal protocollo di Kyoto dovranno essere affiancate a misure sulla prevenzione dei disastri naturali, che dipendono così fortemente da un clima che cambia in continuazione. La scienza del clima dovrà spendere molte energie in questa direzione a partire dal presente e per il prossimo futuro.