Il maltempo continua a interessare la nostra penisola. A spaventarla. Dopo i disastri causati dalle alluvioni a Genova e nelle Cinque Terre, si scruta l’orizzonte preparandosi al peggio. Scatta anche l’allerta Po che supera i limiti di guardia e il Piemonte teme per una inondazione che potrebbe colpire Torino. A preoccupare sono le cosiddette “bombe d’acqua”. «Un fenomeno prevedibile, da chi studia il clima; ma i cui effetti concreti dipendono dalla conformazione del territorio sul quale si verificano», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Guido Guidi, tenente colonnello dell’Aeronautica Militare. In effetti, che si stesse formando un tale accumulo di perturbazione, pare non fosse ignoto. Il che, ha contribuito ad alimentare le polemiche relative al fatto che le autorità compenti non abbiano predisposto per tempo adeguati piani di emergenza. In ogni caso «”bombe d’acqua” – spiega –  è un modo colloquiale e diretto per indicare un fenomeno in cui si verifica un rovescio di ingenti quantitativi di acqua in un tempo relativamente breve. E’ improvviso, certo; ma lo è dal punto di vista dell’osservatore che subisce il fenomeno. Infatti, è in parte ampiamente prevedibile. Si tratta di eventi che seguono le dinamiche dell’andamento del tempo in modo tutt’altro che casuale».



La loro struttura è particolare: «si tratta di formazioni di più celle temporalesche definite come tecnicamente “organizzate”. Di norma, infatti, il temporale è singolo, e riguarda un’area determinata. In questi casi, invece, ci sono condizioni atmosferiche per cui la fase di innesco persiste nel tempo, anche dopo la formazione del fenomeno». Questo fa sì che, «di seguito al primo se ne formino altri e, ovviamente, se la caratteristica di un singolo temporale è quella di far cadere molto pioggia in poco tempo, quella di un insieme è quella di farne cadere molta di più per molto più tempo». Per lo più, questi eventi si producono in primavera e in autunno, «stagioni, per definizione, instabili. Il compito specifico della circolazione atmosferica, infatti, è quello di ridistribuire il calore in eccesso che arriva all’Equatore ai poli e in questi periodi, per ragioni di posizionamento astronomico, tale scambio è maggiore». C’è una ragione anche per il fatto che, ad essene colpita, è prevalentemente l’area mediterranea. «Le correnti, in Italia, nel 90 per cento dei casi, arrivano dall’Atlantico perché, in linea generale, l’aria circola da Ovest verso Est. L’Appennino disposto in senso longitudinale e le Alpi disposte in senso latitudinale, tuttavia, impediscono un efficace e continuo spostamento dell’aria nella sua naturale direzione, e la obbligano a disperdere la sua energia nella zona in cui è bloccata».



 Ci sono zone più a rischio di altre: «quelle ioniche e del settore tirrenico centrale e meridionale». Resta da capire, ora, dove arriverà la prossima bomba d’acqua. «Continuano a essere a rischio di eventi precipitativi intensi, sebbene di minore violenza di quelli dei giorni scorsi, le regioni di nordovest, specie il settore montano e pedemontano del Piemonte, e la Liguria, soprattutto il settore centro-occidentale; nonché, infine, le regioni del basso settore tirrenico, la Sardegna e la Sicilia».  

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