Il riscaldamento globale provocato dall’aumento dei gas serra è un problema che si può tradurre in anomalie climatiche di vario tipo. Negli ultimi anni i climatologi hanno intensificato gli studi per elaborare modelli che descrivono, nei dettagli globali e regionali, quali possono essere gli andamenti climatici. Nella nostra area, l’arco Alpino è considerato un hot spot climatico, cioè un punto caldo per lo studio del clima, perché è ormai sottoposto da anni a forti impatti dei cambiamenti climatici: lo documentano la crescita delle temperature atmosferiche, la modifica del ciclo idrologico, la fusione di ghiacciai montani e numerosi cambiamenti negli ecosistemi.
La recente conferenza sul clima di Durban, se non è stata un traguardo decisivo per modificare le politiche ambientali delle nazioni partecipanti, è stata però occasione per presentare esperienze e iniziative scientifiche di studio, controllo e gestione dell’ambiente. Come quella presentata nei primi giorni della convention, nell’ambito dello SBSTA (Organo Tecnico-scientifico della Convenzione UNFCCC), laddove si parlava degli hot spot climatici, da Sergio Castellari (IPCC Focal Point Italia) facendo riferimento anche a un’interessante pubblicazione appena uscita su Natural Hazards, dal titolo: “Simulation of the XX century in Alpine space” a cura di Edoardo Bucchignani, Antonella Sanna, Silvio Gualdi, Sergio Castellari, Pasquale Schiano.
In primo piano è un progetto relativo alle Alpi, dal nome ADAPTALP, al quale hanno partecipato i ricercatori esperti di modellistica climatica del CMCC (Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici) insieme all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Bologna e che coinvolge le più rilevanti delle istituzioni alpine di Paesi come Francia, Svizzera, Slovenia, Italia, Austria, Germania.
Gli scienziati hanno messo a punto dei dati climatici elaborati tramite simulazioni numeriche con modelli climatici globali e regionali e li hanno forniti agli esperti di modellistica idrologica operanti nell’ambito di questo progetto. «Il problema delle Alpi è che durante il periodo estivo – dice Sergio Castellari – le precipitazioni possono caratterizzarsi come fenomeni molto intensi. Quindi, come prima fase dello studio, abbiamo analizzato il clima presente e abbiamo confrontato i dati osservativi degli ultimi decenni con le nostre simulazioni climatiche per valutare quanto queste ultime si discostano dalla realtà. Come seconda fase invece abbiamo confrontato gli scenari climatici al 2100 con le nostre simulazioni relative alle attuali condizioni climatiche».
Il modello nella scala spaziale ha una maglia abbastanza piccola per poter simulare l’arco alpino che non è una zona molto grande: si è arrivati a un livello di dettaglio di 14 km, cioè lo spazio alpino è stato descritto con dei punti ogni 14 km; una dimensione che per un modello regionale rappresenta una buona risoluzione orizzontale. Ma quanto è realistico un simile modello? «Dai diversi confronti abbiamo visto che nella temperatura il modello funziona abbastanza bene: sono state simulate bene le temperature medie e le medie stagionali degli ultimi 30 – 40 anni. Per la parte delle precipitazioni, in particolare per quelle estive che sono le più difficili da simulare, c’è invece un certo scostamento rispetto alla realtà».
Gli scienziati hanno però già pronta un’altra simulazione – che sarà presentata in una prossima pubblicazione che si concentrerà sulla analisi degli scenari climatici futuri – spinta fin o a una risoluzione di 8 km, quindi cercando una descrizione dello spazio alpino ancor più dettagliata; ciò richiede maggiori tempi di calcolo e in generale si tratta di un modello molto più complesso.
Il progetto ADAPTALP è terminato il 31 agosto di quest’anno, ma qual è il suo obiettivo? «Tutti questi studi quello – dice convinto Castellari – e cioè le analisi dei dati osservativi sulle Alpi, la stima degli impatti dei cambiamenti climatici, le simulazioni numeriche per fare modelli idrologici, hanno come scopo finale quello di fornire ai decisori politici dei Paesi coinvolti una serie di raccomandazioni utili per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici sull’area alpina. Della situazione critica di questa area siamo tutti testimoni: vediamo tutti la fusione dei ghiacciai montani, l’impatto negativo sulle risorse idriche, gli impatti sulla biodiversità. Le nostre raccomandazioni riguardano il come adattarsi, anche in futuro, adeguando comportamenti e attività: si pensi al turismo, sia quello invernale che quello estivo; si pensi ai necessari adattamenti derivanti dai nuovi scenari della biodiversità, alle specie che cambiano».
Quindi i dati iniziano ad arrivare. Ma i decisori sapranno decidere?
(a cura di Mario Gargantini)