Sembra che con l’approssimarsi del Natale il cielo debba animarsi in modo particolare e accendersi di luci: alcune nuove e rivelatrici di comportamenti inaspettati; altre più prevedibili ma che si manifestano in modalità spettacolari e sorprendenti; altre ancora registrabili solo attraverso particolari strumenti, che mostrano volti nuovi di oggetti già conosciuti: È un susseguirsi di segnali e di “messaggi”, che ci invitano a guardare In alto e stimolano il nostro sguardo ad essere più attento e a riconoscere i numerosi segni che sempre la realtà ci invia.
In effetti il cielo è sempre in attività e, a dispetto dell’immagine di calma e di silenzio che suscita, è sede di mutamenti improvvisi, di continui sconvolgimenti, di cataclismi galattici. Ogni tanto il nostro occhio e i nostri strumenti riescono a catturarne qualcuno ed ecco allora che il cielo degli astronomi si illumina e, grazie agli attuali sistemi di comunicazione, tutti possiamo godere dello spettacolo.
Quest’anno, insieme a Giove che ha dominato e ancora domina il firmamento notturno, già da metà dicembre il cielo ha iniziato ad accendersi in modo speciale per il fenomeno delle Geminidi: si tratta di uno sciame meteorico, molto meno noto delle ben più celebri Perseidi, le stelle cadenti di metà agosto, ma spesso altrettanto e forse più spettacolare. È stato scoperto nel 1861 e da qualche anno fa registrare un tasso orario di meteoriti allo zenit superiore al centinaio.
Un’altra luce, questa pienamente in sintonia col clima natalizio, è quella della cometa Lovejoy che ha sfiorato pericolosamente il Sole lasciando senza parole gli astronomi che la davano già per spacciata. Sì perché nel suo viaggio lungo l’orbita ellittica provenendo dai confini del Sistema Solare, si è avvicinata troppo al Sole prima di fare l’inversione a U e ripartire: la distanza minima è stata di circa 140.000 km, che in termini spaziali è un soffio. Tanto da far pensare che il suo nucleo ghiacciato si sarebbe inesorabilmente sciolto e chioma e coda sarebbero rapidamente evaporate.
Invece la natura ha stupito ancora una volta i suoi studiosi e a metà dicembre la Lovejoy, il cui nome ufficialmente registrato è C/2011 W3, è rispuntata dall’altra parte del Sole e ha continuato il suo tour. Il primo a meravigliarsi è stato l’astrofilo amatoriale australiano Terry Lovejoy, che l’aveva scoperta qualche giorno prima, ma con lui si sono sorpresi gli scienziati che seguono la missione della sonda SOHO (Solar & Heliospheric Observatory), gestita in collaborazione dalla Nasa e dell’Esa e che hanno comunque potuto raccogliere la sua luce in uno spettacolare video che diventerà celebre tramite You Tube.
L’evento catastrofico poterebbe però verificarsi al prossimo passaggio, tra 314 anni, quando la sua orbita si riavvicinerà al Sole. La cometa Lovejoy fa parte della famiglia delle Kreutz ed è una Sungrazing Comet, cioè una cometa radente, un tipo particolare di cometa che al perielio arrivano molto vicino al Sole, fino a qualche migliaio di chilometri. Qui giunte, le più piccole evaporano durante il passaggio e solo quelle con diametro del nucleo di almeno 500 metri sopravvivono: il problema è che la Lovejoy ha un diametro tra i 100 e i 200 metri e la sua incolumità costringerà agli astrofisici di SOHO a un supplemento di indagini per svelare il mistero.
Uscendo dal Sistema Solare ma restando nella Via Lattea, c’è stato lo spettacolo, in verità poco natalizio, della stella vampiro: i ricercatori dell’European Southern Observatory (ESO), grazie al Very Large Telescope (VLT) situato in Cile, hanno potuto assistere a partire tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre alla scena del trasferimento di massa da una stella più piccola a una più grande detta appunto stella vampiro. Le immagini del VLT mostrano una dinamica diversa da quella attesa in base alle osservazioni con il telescopio spaziale Hubble: la stella grande non attrae a sé la piccola violentemente ma la aspetta finché è vicina al punto giusto per risucchiarle la massa. Le stelle vampiro sono stelle rosse che hanno perso calore e si trovano in un sistema stellare binario, cioè hanno accanto a loro una stella più piccola ma più calda. Il sistema su cui sono state fatte queste osservazioni si chiama SS Leporis e si trova nella costellazione della Lepre; sono due stelle distanti all’incirca come la Terra dal Sole, che orbitano una attorno all’altra con un periodo di 260 giorni.
Allontanandoci anche dalla nostra Galassia, ma non di molto, ecco un’altra luce natalizia mozzafiato. È sempre il VLT dell’ESO che puntando i suoi occhi sulla Grande Nube di Magellano, una delle galassie a noi più vicine, a circa 160000 anni luce dalla Terra, ha raccolto i lampi della più veloce stella rotante mai trovata finora. Scrutando la Nebulosa Tarantola, una fucina di stelle in quella galassia, tra i tanti punti luminosi ha scovato una stella che ruota a oltre due milioni di chilometri all’ora, più di 300 volte la velocità di rotazione del Sole: gli astronomi hanno valutato che la stella ha 25 volte la massa del Sole, è centomila volte più brillante e si muove nello spazio a una velocità molto diversa dalle stelle vicine. Questo fa pensare che si tratti di una stella in fuga, espulsa da un sistema di stelle doppie dopo che la sua compagna è esplosa sotto forma di Supernova; l’ipotesi è supportata dal fatto che nelle vicinanze sono state trovate una pulsar e i resti di una Supernova.
Che tutte queste luci si accendano in questo periodo rientra nella naturale dinamica dell’evoluzione cosmica; ma non può non richiamarci ad andare oltre, come scriveva il filosofo-scienziato medievale autore della Metafisica della luce, Roberto Grossatesta: «La luce è bella di per sé, poiché la sua natura è semplice e ha tutte le cose insieme … Essa fra le cose corporali è la dimostrazione più evidente, per via analogica, della somma Trinità».