La notizia è di quelle che non possono passare inosservate e la pubblicazione on line sulla rivista scientifica PloS ONE offre a tutti la possibilità di approfondirne la portata: si tratta di una ricerca che ha dimostrato, per la prima volta, che cellule mesenchimali umane isolate da midollo osseo, quindi cellule staminali adulte, possono essere “caricate in vitro” con farmaci chemioterapici e successivamente utilizzate con efficacia per il trattamento dei tumori. Queste cellule possono così divenire un nuovo dispositivo/farmaco in direzione di una cura sempre più mirata e in grado di diminuire/eliminare alcuni effetti collaterali.
Lo studio è stato coordinato da Augusto Pessina, del Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia, Virologia dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con Giulio Alessandri, del Laboratorio di Neurobiologia, Fondazione Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano diretto da Eugenio Parati, e l’importante supporto di Roberto Pallini dell’Istituto di Neurochirurgia della Facoltà di medicina della Università Cattolica del Sacro Cuore.
Ilsussidiario.net ne ha parlato con Pessina, coordinatore della ricerca e primo firmatario dell’articolo “Mesenchymal Stromal Cells Primed with Paclitaxel Provide a New Approach for Cancer Therapy”.
Perché proprio le staminali mesenchimali?
È noto che cellule staminali mesenchimali sono presenti in molti tessuti umani adulti e in particolare nel midollo osseo e nel tessuto adiposo e che sono in grado di rigenerare e riparare tessuti danneggiati. Questa nuova scoperta dimostra che le stesse cellule possono essere utilizzate come “veicoli” per trasportare farmaci che, raggiungendo in modo mirato le cellule dell’organo malato, possono avere una maggiore capacità terapeutica.
La vostra ricerca costituisce un notevole avanzamento anzitutto sul piano conoscitivo.
Sì, perché proprio questa caratteristica cellulare (di incorporare e rilasciare molecole) rappresenta un importante aspetto biologico di base perché suggerisce che anche altre popolazioni cellulari adulte possono essere in grado di incorporare molecole e successivamente rilasciarle in forma farmacologicamente attiva e concentrata. In studi preliminari abbiamo osservato che questa caratteristica biologica sembra essere condivisa dai fibroblasti, ma anche da cellule dendritiche, monociti e macrofagi, che sono presenti nel sangue e quindi facilmente isolabili dai pazienti. Questo apre anche un nuovo interessante campo di ricerca sulle funzioni cellulari di base (bio-farmaco-tossicologiche).
Quali sono le prospettive di applicazione clinica e terapeutica?
Come dimostrato dai modelli riportati nell’articolo su PloS ONE, questa scoperta apre anche nuove interessanti e utili prospettive di applicazione clinica. Infatti, il dispositivo cellula-farmaco può essere preparato mediante semplici e poco costose procedure senza alcuna manipolazione di tipo genetico (come si è costretti a fare in alcune tecnologie di terapia cellulare avanzata), riducendo o eliminando così i rischi a esse correlati. In questo modo, la cellula caricata del farmaco può essere usata come “trasportatore” fisiologico dello stesso dentro l’organismo.
Quali sono i principali vantaggi previsti?
Le cellule mesenchimali adulte possono essere ottenute facilmente da midollo osseo, tessuto adiposo e da molti altri tessuti; col vantaggio che, se usate dallo stesso paziente, si elimina il rischio immunologico; inoltre, si riduce anche il rischio di trasmissione di agenti patogeni. Per ora il nostro studio ha prevalentemente riguardato l’oncologia nel cui ambito potrà essere sviluppata a supporto e affinamento di tecniche tradizionali. Si può anche supporre che in alcune situazioni neoplastiche potrebbe migliorare di molto le attuali terapie rendendole più efficaci. L’uso di questo dispositivo potrà poi riguardare anche altre patologie ove sia richiesto un potenziamento sia della specificità che della attività terapeutica.
Si può già pensare anche alla possibilità di conservazione delle cellule cariche?
Lo studio ha permesso di evidenziare che le cellule cariche di farmaco mantengono la loro funzionalità terapeutica anche dopo congelamento in azoto liquido, offrendo in questo modo la possibilità di conservare queste cellule in congelatore e utilizzarle quando necessario, nello stesso paziente donatore, anche tempo dopo la loro preparazione, per esempio in caso di recidive o altro. Da questo punto di vista, anche la possibilità di banking funzionale a future terapie viene valorizzata in modo significativo e specifico; quindi non è semplicemente enfatizzata come una possibilità generica di conservazione di proprie cellule senza che vengano fornite indicazioni in tal senso.