“There’s plenty of room at the bottom”, letteralmente “C’è un sacco di spazio laggiù in fondo”. Questa frase pronunciata nel 1959 da Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica nel 1965, ha storicamente aperto la strada a quelle che oggigiorno chiamiamo nanotecnologie: uno sconfinato campo di lavoro che si pone al confine della fisica, della chimica, della biologia, della medicina, dell’ingegneria elettronica e delle scienze dei materiali. L’intuizione del grande scienziato americano è stata quella di aver capito che i conglomerati di pochi atomi possono avere caratteristiche fisiche anche radicalmente differenti dai materiali estesi costituiti dagli stessi elementi chimici.
Negli ultimi anni le possibilità in questo campo hanno avuto uno sviluppo esplosivo: da un lato si sono immaginati nuovi campi di azione e intervento -si pensi ai tentativi in corso in campo biomedicale, che sono destinati negli anni a rivoluzionare parte delle tecniche mediche-, dall’altro si sono realizzati sviluppi tecnologici stupefacenti consentendo la costruzione di aggregati atomici grazie allo spostamento e all’assemblaggio di pochi atomi alla volta, come minuscoli mattoncini di lego. Il tentativo è in qualche modo andare oltre a ciò che in natura, soprattutto nella biochimica, avviene spontaneamente, creando nuove possibilità di intervento a livello molecolare (per esempio in medicina), cambiando le caratteristiche superficiali di corpi estesi (per esempio le vernici idrorepellenti, o i ricoprimenti duri ecc.), modificando il comportamento di componenti di microelettronica, ecc..
In questa vorticosa attività, che si sviluppa lungo percorsi e campi d’azione differenti, si è scoperto che la lunga catena del DNA permette -fuori dal contesto biologico “normale”- di essere usata come un materiale da costruzione. La tecnica è conosciuta come “DNA Origami”: piegando e modellando la lunga catena di acido desossiribonucleico è possibile realizzare strutture bidimensionali. I ricercatori sono convinti che questa tecnica rappresenti la base per la realizzazione di vere e proprie macchine a scala nanometrica, che si presteranno agli utilizzi più disparati e sorprendenti.
I possibili utilizzi della molecola del DNA sono ancora da esplorare compiutamente, e la fantasia umana, che in questo processo di scoperta e invenzione gioca il ruolo di inesauribile propulsore, sembra in questo campo non porsi limiti, prefigurando realizzazioni destinate a cambiare radicalmente la nostra vita.
Uno degli ultimi esempi è notizia di pochi giorni: alcuni “nanotecnologi” delle Università di Kyoto e di Oxford hanno messo a punto una tecnica di trasporto molecolare basata sull’utilizzo del DNA. Sfruttando le caratteristiche di auto-assemblaggio della tecnica DNA origami, hanno infatti costruito una catena di DNA che funge da rotaia (di lunghezza pari a circa 100 nanometri) per il trasporto molecolare, accoppiata a un “motore” che spinge le molecole e a un corrispondente “carburante” che lo fa funzionare.
“Binario e motore interagiscono per generare il moto in avanti del motore stesso”, spiega Masayuki Endo dell’Istituto per l’integrazione delle scienze cellulari e dei materiali dell’università giapponese. Le osservazioni al microscopio a forza atomico hanno permesso di misurare la velocità del motore nel percorrere il binario, stimandola in circa 0,1 nanometri al secondo, ma si è anche scoperto che sulla velocità si può intervenire variando la distanza fra le “traversine del binario”.
L’intento ultimo dei ricercatori è quello di creare un vero e proprio impianto nanoscopico per la costruzione di nano-macchine. In natura esiste un “modello” cui gli scienziati si rifanno: i ribosomi, organelli del citoplasma cellulare che sintetizzano le proteine interagendo con le molecole di RNA della cellula.
“Le tecniche di origami a DNA permettono di costruire strutture di dimensioni nanoscopiche e mesoscopiche con estrema precisione. Stiamo già studiando tracciati di binari di maggiore lunghezza e con geometrie più complesse, e che includano anche giunzioni. Il possibile esito sono robot per la manifattura molecolare autonoma”, conferma Hiroshi Sugiyama, che con Andrew J. Turberfield ha diretto la ricerca.
Desta una certa impressione sentire parlare di robot, rotaie, motori a livello nanoscopico, ma questo è nulla se si pensa a quanto di nuovo potrà avvenire a queste nuove capacità tecnologiche. Le realizzazioni di oggi sono come gradini di una scala che porterà a un rinnovamento radicale delle nostre possibilità. Per esempio, la tecnica DNA Origami, che è “confinata” nella bidimensionalità, è il punto di partenza per realizzazioni in strutture 3D sempre con i filamenti di DNA.
È una rivoluzione che parte dal basso, dal piccolo, dall’invisibile, ma è destinata a modificare il mondo, a partire dalla sua struttura più intima e nascosta, dai suoi costituenti-base, gli atomi, e grazie a un “ingrediente” di inestimabile valore: la fantasia umana. La strada è aperta: parafrasando un ben noto slogan, sarà proprio la fantasia a darci il potere di fare cose che per ora sembrano sogni.