Da diversi anni gli astronomi di tutto il mondo sono convinti che i pianeti del nostro sistema solare, così come i numerosi pianeti osservati attorno ad altre stelle, nascano all’interno di dischi composti da gas e polvere. Proprio per questa loro capacità di formare pianeti al loro interno, tali dischi vengono comunemente chiamati “dischi protoplanetari”.



Fino a pochi giorni fa, però, questa comune convinzione non era mai stata supportata da una vera e propria evidenza diretta, a causa della difficoltà intrinseca dell’osservare oggetti estremamente deboli come i pianeti all’interno di questi dischi. La scorsa settimana, un gruppo internazionale guidato da Nuria Huelamo, una scienziata del Centro spagnolo di Astrobiologia, ha pubblicato sulla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics nuove osservazioni infrarosse di T Chamaeleontis (T Cha), una stella in formazione circondata da un disco di materia nella costellazione del Camaleonte nell’emisfero Sud.



L’aspetto interessante di queste osservazioni è che i dati sembrano indicare la presenza di un oggetto simile alla stella, ma con una massa molto inferiore e a una distanza da T Cha di poco maggiore della distanza fra il nostro Sole e Giove. Le possibilità che questo oggetto compagno alla stella T Cha sia un pianeta nascente sono quindi concrete. A indicare che T Cha fosse un sistema particolarmente interessante ci avevano pensato diversi gruppi, con osservazioni astronomiche nell’infrarosso e a lunghezze d’onda delle dimensioni del millimetro.

I dati ottenuti hanno mostrato come il disco presenti un vero e proprio solco al suo interno. Inoltre, questo solco è situato nelle zone interne e quindi più dense del disco, esattamente dove i pianeti dovrebbero formarsi. Questo solco potrebbe quindi essere letteralmente scavato da un pianeta che si sta formando all’interno del disco.



 

Questa, però, non è l’unica ipotesi che può spiegare l’esistenza di questo tipo di struttura. Possibili ipotesi alternative sono la presenza di un’altra stella, anziché un pianeta, piuttosto che di radiazione ad alta energia (raggi X o UV) proveniente dalla stella T Cha che sarebbe in grado di aprire il solco.

 

Per poter capire quale meccanismo fisico sia responsabile della struttura del disco è quindi necessario andare a osservare più nel dettaglio questo sistema, così come fatto dal gruppo della Huelamo. In realtà, le nuove osservazioni non danno un risultato conclusivo riguardo la natura dell’oggetto osservato nel solco del disco. Ciò è dovuto al fatto che i loro dati non sono in grado di determinare in modo chiaro alcune proprietà fondamentali quali la massa e le dimensioni del corpo osservato.

Per questo motivo, oltre all’ipotesi più affascinante di un pianeta colto nell’atto della nascita, i dati osservati possono essere spiegati anche da un oggetto più massiccio di un pianeta, ma non abbastanza massiccio da far innescare la fusione dell’idrogeno al suo interno, una cosiddetta nana bruna.

 

Nonostante la natura dell’oggetto misterioso che orbita attorno a T Cha debba ancora essere svelata, questo sistema risulta essere senza dubbio uno dei più intriganti per cercare di investigare il processo di formazione planetaria in atto.

 

Questo disco sarà certamente uno degli oggetti più interessanti da osservare con ALMA, il nuovo gioiello dell’astronomia nato da una collaborazione europea, nord-americana ed est-asiatica, che permetterà, a partire da quest’estate, di investigare la struttura dei dischi protoplanetari a un livello di definizione senza precedenti.