Tutti riconoscono l’estrema gravità di quanto è accaduto, e sta accadendo, in Giappone. Sul giudizio nel merito, però, coloro che si sono sempre occupati di energia nucleare sono cauti e sentono la responsabilità di fare affermazioni che siano totalmente basate sugli elementi quantitativi accertati. È il caso di Alessandro Clerici, uno dei più noti esperti italiani in materia, con una lunga esperienza nella ricerca industriale e attualmente Presidente del gruppo di lavoro internazionale del WEC (World Energy Council) “Risorse energetiche e tecnologie” e Coordinatore Task Force Energy Efficiency di Confindustria: «Io non esprimo giudizi fino a che non avrò dati, fatti e numeri veri dalla International Atomic Energy Agency. Fino a quel momento sono tutte illazioni».



È presto allora per una valutazione complessiva?

È un fatto chiaramente eccezionale quello che è capitato in Giappone; ma bisogna aspettare di vedere se effettivamente ci sono conseguenze di una certa gravità o se capita come a Three Miles Island, dove le conseguenze poi non hanno avuto l’effetto paventato. Si era trattato del primo incidente in un reattore Usa ed è stato fatto un grande rumore; ma non c’è stata una fuoriuscita apprezzabile di radioattività e nessun danno alle persone. Il Giappone, terra altamente sismica, ha comunque avuto il coraggio per la propria indipendenza e sicurezza energetica di sfidare la “natura” realizzando una serie di ben 55 reattori imponendo regole di sicurezza “eccezionali” e ritenute adeguate: la natura sembra però essersi vendicata con un terremoto di straordinaria ed eccezionale potenza che ha causato un’impressionante ed imprevisto tsunami con l’acqua che ha invaso e distrutto villaggi e città ed anche centrali elettriche.



Quali restano a suo parere gli elementi positivi a favore di una scelta nucleare?

Tra i pro c’è la possibilità di ottenere la riduzione della CO2 a costi nettamente inferiori alle rinnovabili. E con una sicurezza degli approvvigionamenti e stoccaggi che renderebbero indipendente anche il funzionamento di una centrale per qualche anno. Perché, come saprà, anche il nucleare lei lo può stoccare in una centrale per qualche anno. Oggi, i nuovi reattori di terza generazione fanno un refueling, cioè mettono il combustibile, ogni due anni; quindi come minimo due anni di indipendenza ce l’ha e può tenere a stock per qualche anno altro combustibile. L’altra cosa è che, con la previsione nel medio lungo termine di aumento dei costi delle materie prime fossili, il nucleare risulterà nettamente conveniente tenendo conto che dovranno essere penalizzate le emissioni di CO2.



E nel caso dell’Italia?

 

Nel caso dell’Italia, oltre al fattore puramente economico, alla sicurezza e all’indipendenza degli approvvigionamenti (si veda il caso Libia, o Ucraina), l’aspetto importante sono le ricadute significative per la nostra industria. Se ci si riesce ad accordare per qualificare le nostre imprese a lavorare in garanzia di qualità, come è necessario per il nucleare che è una tecnologia altamente elevata, potremmo inserire il 70-75% di nostri componenti e servizi in una centrale nucleare. E siccome il costo del kilowattora per il nucleare è fondamentalmente legato non tanto al combustibile, che incide per minima parte, ma al capitale investito, vorrebbe dire sostituire importazioni di materie prime energetiche per produrre energia elettrica con capitale lavoro fatto qua in Italia. Questa è la cosa socialmente e politicamente grande. Chiaramente ciò che è accaduto in Giappone ha ripercussioni sull’opinione pubblica in Italia dove il nucleare va spiegato con una adeguata e trasparente comunicazione su energia ed ambiente facendo emergere i pro ed i contro rispetto ad altre alternative e senza contrapporlo – ripeto – alle rinnovabili che sono complementari; purtroppo in questi 3 anni tale campagna di informazione non è avvenuta in  modo che il nucleare sia accettabile e condiviso dalla popolazione e non solo a livello nazionale ma anche locale dove saranno individuati i siti per le centrali. Si è posto e contrapposto il problema a livello ideologico ed emotivo. 

 

Quindi è una questione di politica industriale?

 

Esattamente. Sarebbe qualcosa di conveniente per l’intero sistema Paese, non solo in un’ottica di puro costo dell’energia elettrica. Magari a breve, se il gas è molto basso sono penalizzate poco le emissioni della CO2, ed è più conveniente produrre col gas. Ma in futuro bisogna  tener conto della ricaduta sulle imprese italiane che potrebbero essere qualificate per l’estero: ci sono oltre 65 reattori in costruzione ed oltre 150 già programmati; la Cina pensa di arrivare a 220mila megawatt installati nel 2030 e mette in costruzione ogni mese e mezzo una nuova centrale nucleare. L’Inghilterra ha in programma otto nuove centrali. Quindi se noi riusciamo a qualificare anche la nostra industria, si aprirà questo grosso mercato, che sarà mondiale; non è certo quello italiano che conta. Aggiungo che, col lavoro per realizzare una centrale nucleare, potremo sostituire il gas che paghiamo al signor Putin e al signor Gheddafi.

 

Sembra che lei sottolinei l’importanza di considerare la questione globalmente…

 

Vedo tre punti. Il primo è quello, già accennato, di una vera politica industriale per l’Italia. Poi c’è il fattore dell’indipendenza energetica. Terzo, la riduzione della bolletta sul medio e lungo termine in modo sensibile, con contributo sostanzioso alla riduzione della CO2 e costi nettamente inferiori a quelli delle rinnovabili. Le quali, vorrei sottolineare, per poter funzionare devono avere sempre delle centrali o nucleari o a carbone o altre come riserva. Perché quando non c’è il sole e non c’è il vento, ahimè non possono dare uno spillo di energia. E siccome uno non può programmare quando viene il sole o il vento, se metto una potenza di rinnovabili aleatorie devo mettere anche una potenza di centrali convenzionali programmabili che possa funzionare.

 

Possiamo dire che quella nucleare è un’energia sicura?

 

Vorrei far presente che non c’è niente di sicuro al mondo, perché qualunque modo di produrre energia e qualunque infrastruttura (ed il suo uso, basti pensare ai morti per i trasporti su gomma ogni anno) ha una certa probabilità di creare danni a cose e persone. Le centrali nucleari in esercizio nel mondo, prima di questo incidente, hanno mostrato sicurezza e grande affidabilità; negli Stati Uniti, hanno una disponibilità del 95% non raggiunta da nessun altro tipo di centrale. E per Fukushima, le ripeto, bisognerà verificare meglio come si svilupperà l’incidente: alla fine potrà risultare un biasimo per il nucleare, oppure anche un vantaggio. Vorrei sottolineare che i nuovi reattori di terza generazione hanno un edifizio che sopporta anche l’impatto di grossi aerei e che non lascia fuoriuscire radioattività anche in caso di danni estremi al reattore.

 

Ma finora l’energia nucleare si è rivelata sicura?

 

Si è rivelata sicura se uno trascura il fatto di Chernobyl, che era un reattore sbagliato come progetto, gestito da gente che aveva tolto i controlli, per una centrale che non aveva nemmeno un edificio con strutture adeguate tali da contenere le emissioni; e inoltre sappiamo quanto tempo dopo hanno avvisato la popolazione circostante.

 

In prospettiva per Italia cosa prevede?

 

In Italia la realizzazione di un piano nucleare va pensato, dimostrato e verificato, in un modo che sia accettabile e condiviso dalla popolazione. L’Italia che ha bloccato il nucleare con il referendum del 1987 per l’effetto psicologico di Chernobyl, ora potrebbe fermarlo nuovamente sull’onda emotiva dell’incidente di Fukushima con il nuovo referendum. Il mio auspicio invece è che il dibattito avvenga in modo sereno, lasciando da parte la pura ideologia e ci si concentri su dati, fatti e numeri. E sulla situazione italiana. Chiaramente, fatti come quello di Chernobyl o di Fukushima hanno – ed avranno – un notevole impatto sull’opinione pubblica che induce od indurrà i politici a strumentalizzare la situazione per accaparrarsi voti o dimostrare che la propria industria nazionale è sicura rispetto ad altre. In ogni caso lo spettro dell’incidente nucleare che era stato messo in secondo piano rispetto a quello dei cimiteri delle scorie avrà una notevole rinascita.

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