Tutto l’ambiente in cui normalmente viviamo è esposto a radiazioni, radiazioni che si trovano in natura. Nel caso di esami medici, come la TAC, si tratta di radiazioni mirate con uno scopo diagnostico che hanno comunque dei limiti, nell’intensità delle radiazioni stesse che nella durata delle esposizione alle radiazioni. Un esame di TAC non deve superare di norma i 40 minuti di durata. Si tratta di un esame non invasivo dove solo in alcuni casi è richiesta la somministrazione di mezzi di contrasto alle radiazioni stesse. Ma comunque è una pratica che deve essere sempre applicata con dei limiti. 



Bisogna poi tenere conto che tutto l’ambiente in ci viviamo è sottoposto a radiazioni. Il corpo umano è intelligente e riesce ad adattarsi a queste situazioni. Ogni ambiente dove ci troviamo ha radiazioni, dalle mura di una abitazione all’aria che respiriamo continuamente. A Milano ad esempio esiste un livello di radiazioni pari a  4 milliSievert, nella foresta nera in Africa si arriva a 16. Il posto più contaminato al mondo è invece la spiaggia di una delle località turistiche più famose del mondo, quella di Copacabana, mentre una metà dell’Iran è a altissimo livello di radiazioni. Il corpo umano però si adatta a queste situazioni e riesce a conviverci. 



La preoccupazioni per quanto sta succedendo in Giappone, l’allarme nucleare lanciato da più voci, il rischio dell’esposizione alle radiazioni. Sono timori che cominciano ad agitare tutti, non solo chi vive nella tragica realtà giapponese. Ma proprio per questo è importante saperne di più, sul reale pericolo radiazioni o valutare certi messaggi lanciati dai media, del tipo “il mondo è in pericolo”. Innanzi tutto è bene sapere che l’uomo vive in un ambiente contaminato dalle radiazioni ogni giorno dell’anno. Sono le radiazioni naturali prodotte dall’ambiente. Pochi sanno ad esempio che la spiaggia di una delle località turistiche più famose del mondo, quella di Copacabana, è il luogo al mondo con la massima concentrazione di radioattività. O che metà dell’Iran è interessato a fenomeni radioattivi fortissimi. Ma il corpo umano è intelligente e sa adattassi anche a queste situazioni. Per saperne di più su tutto quello che riguarda il problema delle radiazioni e la connessione con quanto succede in Giappone, IlSussidiario.net ha contattato il professor Giuseppe Sgorbati della direzione di Arpa Lombardia.



Professore, qual è il livello di radioattività presente in modo naturale nel nostro Paese, e qual è il livello a cui siamo sottoposti?

L’esposizione naturale a cui siamo sottoposti per le radiazioni cosmiche e da quelle che provengono dalla crosta terrestre, porta a una esposizione annuale per ciascuna persona che va da 1 a 4 millisievert all’anno. Questa esposizione è causata dagli elementi radioattivi  naturali contenuti nella crosta terreste, nei cibi, o semplicemente dall’aria che respiriamo. Teniamo conto che l’uranio, che con la sua catena di decadimento è il principale elemento radioattivo naturale,  è un macro costituente della crosta terrestre. Il livello di radioattività naturale cambia di regione in regione. In Italia  il Lazio e la Campania, per via della presenza di elementi costitutivi vulcanici, sono le due regioni a più elevata presenza di radioattività con una dose individuale dell’ordine di 3 e 4 millisevert  all’anno, per esposizione esterna, . All’opposto c’è la Val d’Aosta, con il livello più basso in Italia.
 
E la Lombardia come è messa?
 
Il livello di radioattività naturale in Lombardia può portare ad una esposizione, per irradiazione esterna, dell’ordine di varia 1 – 2 millisievert all’anno.
 
Da dove proviene questa radioattività naturale?
 
Dai componenti della crosta terrestre come dicevamo prima; inoltre deve essere considerata anche la presenza, nell’aria che respiriamo,  di  un gas naturale, il radon (uno dei principali fattori di rischio del radon è legato al fatto che accumulandosi all’interno di abitazioni diventa una delle principali cause di tumore al polmone, ndr). Questo gas fa parte di una catena naturale dell’uranio, si può accumulare negli ambienti, viene emanato dal sottosuolo. Ecco perché da molti anni ed in molti paesi si persegue una politica per attenuare l’esposizione a questa sostanza radioattiva, anche se è di origine naturale. In Italia, ad esempio, la legge prevede forme di tutela per i lavoratori che operano in ambienti sotterranei, più soggetti all’accumulo di radon.

Invece per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni per uso medico?
 
E’ un discorso delicato. Al medico curante compete una valutazione sui rischi e sui benefici di applicare o tecniche di diagnosi o cura che comportino l’esposizione e radiazioni. Infatti oggi tale tipo di azioni viene ammesso solo dopo aver valutato attentamente se non si possa intervenire con altre attività. Nel campo diagnostico, ad esempio,  ecografia o la risonanza magnetica potrebbero in certi casi permettere di effettuare diagnosi senza ricorrere all’uso delle radiazioni. Nel caso di tumori, le radiazioni vengono impiegate in quanto possono  uccidere   le cellule tumorali ma possono contemporaneamente danneggiare cellule sane,   e ciò può provocare   nuove forme tumorali: la radioterapia è un arma molto potente ma non priva di rischi. Anche  legge ormai dice che le attività mediche con uso di radiazioni devono essere decise da un medico specialista e le apparecchiature devono essere sottoposte a un stringente controllo di qualità affinché le dosi di radiazione che ne derivano siano il meno possibile elevate. In caso di uso diagnostico della terapia con radiazione, le dosi assorbite dal paziente negli esami più comuni  vanno da qualche centesimo di milllisievert qualche decimo di millisievert, nella terapia tumorale sono centinaia o migliaia di volte quelle che assorbiamo in modo naturale ogni anno.
 
Quello che sta succedendo in Giappone in queste ore, quanto ci deve preoccupare?

 

Per quanto riguarda la situazione locale,  i lavoratori dell’impianto e le popolazioni la situazione non è chiara ma le autorità locali stanno tenendo un atteggiamento prudente, con l’allontanamento degli operatori dai reattori e con lo sgombero della popolazione, Al momento non si hanno notizie chiare, la situazione in questi impianti è molto variabile nel tempo. Adesso si hanno rilasci intermittenti di radioattività dovute alle operazioni di intervento, essenzialmente effettuate con acqua per il raffreddamento degli impianti. Non siamo in presenza di una situazione consolidata che può far parlare di rischio stabile per la popolazione, sebbene il fatto di aver disposto l’evacuazione della popolazione è certamente legato alla presenza ad un rischio definito di superare quelle che vengono chiamate “dosi di intervento”,  oltre le quali vale la pena di pensare di indurre una serie di traumi  legati proprio alla delocalizzazione di una quantità notevole di pubblico. Certo è una situazione a rischio che può portare all’assunzione della dose annuale in pochissimi minuti. Ecco perché il contingente dei lavoratori impegnati negli impianti giapponesi è stato ridotto al minimo. Sulle conseguenze di ciò che sta succedendo la situazione è complessa ma non è paragonabile a Chernobyl dove c’è stata una esplosione e un incendio che hanno portato a un rilascio massivo nell’ambiente di radioattività.
 
In che modo ci si può proteggere da queste fughe radioattive?
 
Ovviamente con lo sgombero delle zone contaminate, ed evitando di assumere alimenti che possono essere stati contaminati da ricadute radioattive. Nel caso di rischio di esposizione a composti di iodio radioattivo, potrebbero essere  poi somministrate alla popolazione radiazioni tavolette  contenente  iodio stabile. Questo iodio va a saturare il bisogno che ne ha la tiroide, impedendo poi che quello radioattivo venga assorbito da questo organo. Viene chiamata “iodio profilassi” per  “blocco metabolico  della tiroide” dato che l’accumulo di radioiodio in questo organo ne può provocare un’esposizione localizzata che può essere molto significativa. 
Nei casi nei quali vi sia stata una esposizione considerevole al corpo intero, come è avvenuto per gli operai che sono intervenuti sul reattore di Chernobyl, con dosi superiori a  vari sievert,  il danno più grave riguarda gli tessuti che producono gli elementi del sangue, come il midollo osseo. In questi casi estremi si procede  allora con il trapianto di midollo osseo.
 
Qui in Europa dobbiamo temere in qualche modo quanto sta avvenendo? I giornali titolano “Il mondo ha paura”…
 
Direi che invece che on Europa possiamo stare assolutamente tranquilli. Al momento abbiamo una circolazione di aria in alta quota che va dal Giappone verso gli Stati Uniti: già a quel punto la distanza garantisce  una enorme diluizione dei contaminanti che dovessero liberarsi dalle centrali.  Se dell’eventuale aria contaminata dovesse proseguire fino in Europa, arriverebbe da noi dopo aver fatto il giro del globo con tutto quello che comporta, cioè una ancora maggiore diluizione e conseguente ulteriore  perdita di pericolosità. Ciò anche nel caso di un incidente massivo, paragonabile a quello di Chernobyl. Visto che al momento non ci sono i presupposti per un simile paragone e vista la distanza con il luogo dell’incidente, non c’è da preoccuparsi. Saranno le apparecchiature apposite, in quanto molto sensibili,  ad avvertire probabilmente un qualche livello di radiazione, ma  questo non è da confondersi con la presenza di  alcun rischio per la popolazione. Teniamo poi conto che in Lombardia disponiamo delle attrezzature e della strumentazione migliore d’Europa per il controllo dell’aria. Il sistema che abbiamo allestito già molti anni fa e che è sempre operativo è studiato in modo tale da permettere, in tutti i casi in cui potrebbe insorgere l’esigenza, di   studiare gli interventi del caso con assoluta tranquillità. Al momento comunque la nostra strumentazione non ha ancora rilevato nulla di anormale: le prime tracce dell’incidente, se mai pervenissero nelle nostre zone, potrebbero arrivare la prossima settimana.

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