Immaginiamo di trovarci 70 milioni di anni fa nelle terre che attualmente sono parte dello Stato del Montana. Lo spettacolo dovrebbe essere dei più affascinanti: natura rigogliosa e selvaggia, insetti grandi e sconosciuti, clima più caldo e più umido dell’era moderna e poi… loro: i dinosauri, molti e di diverse specie. Dinosauri grandi e piccini, erbivori e carnivori. E fra di loro quello dall’aspetto più spaventoso e temibile: il Tyrannosaurus Rex.



Fin qui l’immaginazione ci dà un aiuto prezioso nella ricostruzione delle condizioni ambientali, ma da qui in avanti non siamo sicuri che ciò che ci raffiguriamo possa essere realistico e aderente a quanto realmente accadeva. La domanda, da noi già affrontata in un articolo precedente, è – incredibilmente per chi non è avvezzo a studi di paleontologia- una delle più gettonate: il Tirannosauro era un grande cacciatore o un divoratore di carcasse, quasi una sorta di predecessore degli avvoltoi?



Uno studio appena concluso sembra indicare una possibile “terza via” per definire con maggiore esattezza le abitudini predatorie del grande T-Rex: dobbiamo entrare nell’ottica di pensarlo come un opportunista. Insomma più simile a una iena che a un leone. La ragione di questa nuova è un censimento realizzato negli ultimi due anni da Jack Horner, Direttore del Museum of the Rockies e da Mark B. Goodwin della University of California e assistente di Horner presso il suo museo, che hanno coordinato un gruppo di lavoro in uno dei siti più ricchi al mondo dal punto di vista paleontologico situato nella parte orientale del Montana (Usa). Horner è un paleontologo, studioso dell’evoluzione biologica e dei comportamenti dei dinosauri. Fra i suoi contributi alla paleontologia figura la prova che alcune specie di dinosauri vivevano in branchi.



L’ipotesi del Tirannosuaro-iena è proprio sua: «Nel nostro censimento il T-Rex emerge in modo numericamente simile a quanto accade all’Edmontosauro (un grande erbivoro, lungo fino a 12 metri), che molti hanno pensato fosse invece la sua principale preda. Questo ci dice che il T-Rex non era simile a un ghepardo, né a un leone. Piuttosto a una iena».

 

La spiegazione, implicita nelle parole di Horner, viene dettagliata da Goodwin: «I resti negli strati più alti della Hell Creek Formation di questo supposto potentissimo predatore sono abbondanti tanto quanto quelli degli erbivori, che dovrebbero essere la sua principale fonte di cibo», aggiunge. Inutile proseguire, tanto più che – continua Goodwin- «negli atri due terzi della formazione ce ne sono ancora di più. È evidente che il T-Rex beneficiava di una varietà di prede molto più grande delle sole prede vive».

 

Ecco che il profilo del nostro Tirannosauro inizia ragionevolmente ad assomigliare a quello della iena: un animale capace di cacciare, ma pronto ad approfittare delle occasioni che la natura gli può offrire: carcasse di animali morti per cause naturali, o resti di altri pasti. Normalmente, infatti, i grandi predatori sono circa un terzo o un quarto delle loro prede, mentre gli opportunisti, come le iene, possono essere due volte di più. Nel Serengeti leoni e ghepardi sono meno delle iene, «perché le iene hanno una più larga disponibilità di sorgenti di cibo – spiega Horner – per esempio, i ghepardi mangiano solo animali dietro ai quali possono correre velocemente: non mangiano le tartarughe. Ma la iena sì, e mangia anche animali già morti».

Il Tirannosauro quindi potrebbe essere un predecessore della iena e, se si considera che nessuno può ragionevolmente essere sicuro che fosse un veloce corridore, questa ipotesi prende sempre più corpo «se avesse potuto prendere un animale moribondo, lo avrebbe fatto». Un altro aspetto interessante che conferma l’ipotesi di Horner e Goodwin è lo sviluppo della dentatura con l’avanzare dell’età del T-Rex: in età giovanile tutto fa pensare che fosse innanzitutto un mangiatore di carni, mentre in età adulta avrebbe potuto mangiare le ossa e il midollo delle sue prede.

 

Il lavoro svolto dai due paleontologi è stato lungo e paziente, ma è stato in realtà l’ultimo pezzo di un cammino lungo decine di anni, nei quali hanno scandagliato un’area di circa mille chilometri quadrati, scavando attraverso uno strato di cento metri di profondità, e contribuendo a precisare come doveva apparire la fauna dei dinosauri nel tardo Cretaceo.

 

Questa immagine reggerà fino a quando nuovi ritrovamenti non diano l’input per nuove affascinanti ipotesi. Siamo perciò certi che in un futuro più o meno lontano qualcuno proporrà qualche nuova ipotesi sulle abitudini del Tirannosauro. E noi saremo pronti a darvene notizia.