Ricorre domani il cinquantenario del volo orbitale del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, che fu il primo uomo a volare fuori dall’atmosfera terrestre, appunto il 12 aprile del 1961. Tra i tanti articoli e servizi rievocativi dell’avvenimento, abbiamo trovato interessante la ricostruzione presentata da Gianluca Lapini in un documentato articolo sul numero 41 della rivista Emmeciquadro (http://www.euresis.org/it/Rivista_Emmeciquadro.aspx) di prossima uscita, del quale possiamo anticipare alcuni passaggi.
Nell’Unione Sovietica la prima seria proposta di una esplorazione umana dello spazio era stata avanzata verso la metà degli anni ’50 dal leggendario “progettista capo” Sergey Korolev che dirigeva il cosiddetto OKB-1 (la sigla sta per Ufficio Progettuale Sperimentale n.1), l’organismo statale dove era stato concepito lo R-7 Semyorka, il primo missile intercontinentale sovietico, in seguito ampiamente usato, con varie modifiche, come lanciatore nei programmi spaziali russi. Korolev aveva inizialmente formato un piccolo gruppo di tecnici per studiare la possibilità di compiere brevi voli suborbitali, lanciando con un missile una navicella abitata fin negli strati superiori dell’atmosfera; all’inizio del 1958 un secondo gruppo aveva ampliato tali studi alla possibilità di un volo orbitale.
Alla fine di quell’anno Korolev aveva deciso di abbandonare l’idea dei lanci suborbitali e di concentrare gli sforzi del suo ufficio sul progetto di un veicolo orbitale in grado di portare un equipaggio umano, riconvertendo un progetto che era stato inizialmente concepito come satellite spia. Il governo sovietico approvò ufficialmente questo progetto, che prese il nome di Vostok (oriente), nel maggio del 1959, più o meno negli stessi mesi in cui negli Stati Uniti iniziavano i lavori sul progetto Mercury, volto a mettere in orbita un singolo astronauta.
Il veicolo Vostok era costituito da due moduli: un apparato di rientro ed un compartimento degli strumenti. Il primo, che aveva una forma sferica, era in grado di alloggiare un singolo pilota, di proteggerlo sia nella fase di lancio, sia in quella di rientro sulla Terra, e di garantire le sue funzioni vitali per un massimo di dieci giorni. Il secondo, che aveva una forma conica, svolgeva le funzioni di raccordo fra il missile di lancio e la navicella, alloggiando vari sistemi strumentali ed ausiliari, oltre al motore di rientro.
Dopo la fase di progetto e costruzione, la messa a punto del Vostok durò circa un anno, durante il quale furono effettuati sette lanci orbitali di prova, con risultati non sempre positivi. In questo periodo i sovietici utilizzarono ripetutamente dei cani per testare le possibilità di sopravvivenza di esseri viventi nelle condizioni di volo e di rientro in atmosfera, così come avevano fatto già un mese dopo il lancio del primo Sputnik, con la famosa cagnetta Laika, unica passeggera sullo Sputnik-2. Il programma Vostok subì diversi ritardi, a causa di vari inconvenienti ed incidenti, ma gli ultimi due lanci di prova, condotti nel marzo del 1961, con a bordo un cane ed un manichino che simulava un astronauta, ebbero pieno successo, così che si poté arrivare al lancio del 12 aprile 1961, con a bordo Gagarin.
Il volo ebbe la durata di un’ora e 48 minuti, durante il quale fu compiuta una intera orbita attorno alla Terra, puntando inizialmente verso nord-est e rientrando da sud-ovest. Tutte le fasi di volo furono completamente automatiche (il pilota avrebbe avuto delle parziali possibilità di intervento solamente in caso di gravi emergenze), compresa la fase di rientro che iniziò quando la capsula si trovava ancora sull’Africa, per concludersi nel sud della Unione Sovietica, non lontano della città di Engels, nella regione di Saratov. Gagarin compì la parte finale della discesa appeso a un paracadute, dopo essere stato espulso dalla capsula con un seggiolino eiettabile, a circa 7.000 m di altitudine. Le prime persone che Gagarin incontrò, una volta a terra, furono un’attonita contadina e la sua nipotina, alle quale dovette ripetere più volte: “Sono un amico, compagne, un amico!!”.
Radio Mosca aveva dato la notizia del lancio ancor prima che il volo fosse concluso, e la conferma del suo successo fece una enorme impressione. Il nome di Gagarin divenne in poche ore noto in tutto il mondo come lo era divenuto il termine Sputnik quattro anni prima; il cosmonauta sovietico, grazie anche alla sua buona comunicativa, fu subito considerato un divo ed un eroe anche dall’uomo della strada, oltre a divenire un simbolo della potenza militare e tecnologica sovietica.
Yury Alekseyevic Gagarin, aveva 27 anni quando compì la sua impresa, essendo nato nel 1934 nel piccolo villaggio di Klushino, vicino a Smolensk, dove suo padre lavorava come falegname in un kolchoz. Dopo aver frequentato delle scuole tecniche superiori, nel 1955 si era appassionato al volo, iscrivendosi a un aeroclub, e aveva conseguito il brevetto di pilota di primo grado. Alla fine del 1955, grazie agli ottimi risultati scolastici, era riuscito ad entrare nella Accademia Aeronautica di Oremburg, dove venne addestrato come pilota di velivoli a getto, diplomandosi ufficiale pilota alla fine del 1957.
Intanto il programma spaziale sovietico aveva iniziato a prender forma e nell’ottobre del 1959 una commissione esaminatrice visitò le principali basi militari per selezionare possibili cosmonauti. Gagarin si sottopose entusiasticamente a tutte le prove e riuscì ad entrare nel primo lotto di 2.200 candidati. Questi furono ulteriormente scremati, tramite una serie di severissime prove psico-fisiche, dalle quali emersero i 20 candidati destinati all’addestramento finale, presso la “Città delle Stelle”, vicino a Mosca, dove Gagarin fu trasferito con la sua famiglia. Completato con successo il lungo e pesante addestramento, verso la fine di gennaio del 1961 Gagarin apprese di essere entrato nel gruppo dei sei cosmonauti destinati alle prime missioni spaziali, ma solo qualche giorno prima del volo gli fu comunicato di essere stato prescelto per il lancio con la Vostok, con il suo compagno Gherman Titov come riserva. Dopo l’impresa del 12 aprile del 1961, Gagarin fu accolto a Mosca come un trionfatore e iniziò una serie di viaggi intorno al mondo, al servizio della macchina propagandistica sovietica, durante i quali ricevette riconoscimenti ed onori di ogni genere.
Nominato responsabile dell’addestramento dei nuovi cosmonauti, passò diversi anni presso la “Città della Stelle”, ma non fu mai più riutilizzato come pilota. Nel 1968, desideroso di riprendere l’attività di volo anche come semplice pilota di velivoli militari, nel corso di una missione di addestramento ebbe un incidente, dovuto probabilmente a un guasto, e perì insieme a un amico nello schianto del caccia a reazione sul quale stava volando.
Ben diverso è stato l’iter che, cinquant’anni dopo, ha portato quasi nelle stesse giornate di primavera, un italiano a raccogliere l’ideale testimone: il colonnello Roberto Vittori sarà lanciato in orbita il prossimo 29 aprile per raggiungere Paolo Nespoli sulla Stazione Spaziale Internazionale. Ma a differenza di Gagarin non sarà solo: saranno in sei a salire sullo Shuttle Endeavour per “l’ultimo volo” della storica navicella spaziale.