Questo Anno Internazionale della Chimica 2011 sta diventando il catalizzatore di alcune interessanti “reazioni” che vedono tra i reagenti il mondo delle industrie, quello della ricerca e il più vasto pubblico: esito del processo è l’incremento del dialogo fra i tre mondi e la consapevolezza dell’importanza per la vita di tutti i giorni di questa scienza, l’unica che ha legato il suo nome a un comparto industriale, l’industria chimica appunto. Ultima di queste reazioni virtuose è quella che si è avviata ieri a Milano, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia dove si è inaugurata una nuova sezione dedicata alla chimica di base in partnership con Federchimica-Assobase.



Il pianeta chimica è un sistema molto complesso e articolato, i cui contorni sfuggono ai più; certamente sfugge proprio la chimica di base, da alcuni indicata come un settore “invisibile”, ma che è di fatto indispensabile per la vita e lo sviluppo economico e sociale. Raccontare questo settore invisibile, come fanno qui al Museo milanese, significa presentare i processi che realizzano buona parte delle materie prime fondamentali per l’intera filiera della produzione chimica e per quasi tutti gli altri settori industriali. Significa incrociare i numerosi contenuti tecnico-scientifici con gli aspetti culturali e con le abitudini individuali e sociali; assumendo come parole chiave termini decisivi per la vita di oggi come nutrirsi, curarsi, comunicare, vestirsi.



L’industria chimica di base è proprio “alla base” di quasi tutte le industrie, chimiche e non. Essa trasforma le materie prime in molecole che vende ad altri settori dell’industria chimica, ad altri settori industriali e in minima parte direttamente ai consumatori: ogni anno nel mondo produce 1000 milioni di tonnellate di sostanze chimiche che determinano la qualità della vita moderna: dalla potabilizzazione delle acque, alla produzione di medicine, alle auto.

Il viaggio nella chimica di base si può affrontare da due punti di vista e l’esposizione offre questa duplice possibilità: si può partire dagli oggetti della vita quotidiana oppure dalle fonti da cui l’industria chimica trae le materie prime. Nel primo caso si affrontano quattro situazioni della vita di tutti i giorni – il mercato, il parco, la casa e la piscina – e si è invitati a scoprire, dietro le quinte, quanta chimica si nasconde dietro agli oggetti di uso comune, portando a galla lo stretto rapporto tra gli oggetti e le molecole sottostanti.



Una volta attraversate le quinte, si può ripercorrere tutto il tragitto seguendo, su un pannello che si snoda lungo il soffitto, il fitto reticolo che rappresenta il flusso delle trasformazioni necessarie per passare dalle materie prime alle sostanze. A ogni passaggio c’è un aumento di complessità: si passa dalle circa 15 molecole di base (i building block), alle sostanze intermedie (qualche centinaio), per arrivare alle decine di migliaia di molecole generate dalle successive combinazioni. Ogni trasformazione genera una molecola che diventa protagonista di nuove reazioni oppure un prodotto di uso quotidiano.

Ciò che più meraviglierà il visitatore sarà probabilmente l’ambientazione: niente che assomigli all’immagine più diffusa di un ambiente industriale grigio, sporco, fumoso, inquinato. Tutto è inserito in un contesto di colori e forme inaspettati: pareti fucsia, soffitti di molecole luminose, reperti industriali misteriosi, illustrazioni creative e un videogioco in pixel art. I linguaggi e gli strumenti sono molteplici e si rivolgono a tutti per stimolare una fruizione attiva e creativa; stimolati anche da domande intriganti come: “Dall’aria possiamo ottenere il pane? Dal petrolio un profumo? Dal sale marino le carte di credito?”.

Quanto detto finora non deve comunque far pensare a una visione astratta e falsamente idilliaca della chimica. Ad esempio, c’è una postazione interattiva che riproduce un reattore e propone un gioco per scoprire quali variabili intervengono nelle trasformazioni, che funzione hanno i catalizzatori e cosa accade se non si verificano le condizioni corrette. Viene quindi proposto in forma simpatica il lavoro dei ricercatori alle prese con tentativi ed errori; e viene evocata la lunga strada per arrivare alla produzione industriale, costellata di prodotti difettosi, sintesi errate, guasti.

Soprattutto, non vengono ignorati i problemi ambientali e nel pannello che introduce la sezione “Sicurezza, salute, ambiente” si parte dall’esplicita ammissione delle difficoltà del passato e si segnala la graduale presa di coscienza che ha caratterizzato i principali protagonisti del settore. “Nel passato, in assenza di conoscenze sulla tossicità e sul ciclo di vita delle sostanze chimiche, è indubbio che anche l’industria chimica e l’industria chimica di base abbiano arrecato danni all’uomo e all’ambiente con le loro produzioni e con l’impatto dei loro prodotti. Soprattutto dagli anni ‘70 del secolo scorso la conoscenza e consapevolezza di questo impatto sono aumentate”.

E la proclamazione di una nuova impostazione non è fatta solo di affermazioni di principio, ma è corredata da esempi concreti. “L’uso di reagenti, catalizzatori, solventi e fluidi di servizio più dannosi è stato abolito. Le emissioni gassose e liquide degli impianti di produzione vengono abbattute e progressivamente ridotte. I rifiuti solidi vengono trattati o messi in discariche controllate; gli additivi e prodotti nocivi vengono eliminati dal mercato. Esempi emblematici di questa nuova consapevolezza sono l’eliminazione del mercurio nei processi e del piombo nelle benzine, la sostituzione dei solventi clorurati e l’immissione sul mercato di detergenti con tensioattivi biodegradabili”.

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