Sono più d’uno per l’Italia i motivi di soddisfazione per l’avventura spaziale che inizierà domani sera (alle 21.47 italiane) al Kennedy Space Center, quando lo shuttle Endeavour lascerà il suolo della Florida per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). E non è per puro nazionalismo che vale la pena metterli in evidenza: è piuttosto un’occasione privilegiata, e di facile comprensione da parte di tutti, per prendere coscienza del nostro ruolo e delle potenzialità che il nostro Paese può sviluppare sulla scena scientifica e tecnologica mondiale. Anzi, cosmica.



Anzitutto gli uomini. Sulla navetta, giunta alla sua “last mission”, ci sarà il colonnello dell’Aeronautica Militare Roberto Vittori e a fare gli onori di casa sulla ISS, a quasi 400 chilometri sopra le nostre teste, sarà Paolo Nespoli: insieme sventoleranno (si fa per dire) la bandiera tricolore consegnata a Vittori dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo scorso 7 gennaio a Reggio Emilia.



Ma non ci sarà solo il tricolore nel bagaglio trasportato dal nostro astronauta. Ci sarà lo strumento scientifico AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), un rilevatore di particelle di nuova concezione, progettato per sfruttare le condizioni uniche presenti sulla ISS per scandagliare l’universo e le sue origini, cercando antimateria e materia oscura attraverso misure di precisione dei raggi cosmici. Lo strumento studierà con un livello di accuratezza mai raggiunto prima (una parte su dieci miliardi) la composizione dei raggi cosmici primari indagando nuove frontiere nella fisica delle particelle, a caccia dell’antimateria primordiale e cercando di “far luce” sulla materia oscura. AMS raccoglierà centinaia di milioni di raggi cosmici primari che, dopo essere stati accelerati da forti campi magnetici, hanno viaggiato moltissimi anni-luce prima di raggiungere l’esperimento.



Più che uno strumento, AMS è un laboratorio spaziale, la cui realizzazione ha richiesto lo sviluppo di nuove tecnologie molte delle quali realizzate dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare): presso i Dipartimenti di Fisica delle Università di Bologna, Perugia, Pisa, Milano Bicocca e Roma “La Sapienza” sono stati infatti progettati e realizzati alcuni tra i principali sistemi di identificazione dei raggi cosmici come il Time of Flight, tracciatore al silicio, lo Star Tracker, il misuratore di precisione della velocità delle particelle RICH e il calorimetro elettromagnetico. Complessivamente, si può dire che un quarto del laboratorio parli italiano.

Ma c’è di più. A bordo dell’Endeavour ci sarà posto anche per gli esperimenti di DAMA (DArk MAtter), una dozzina di apparati sperimentali sviluppati da altrettanti team scientifici e industriali nazionali. In una rapida rassegna possiamo citare: APE (Astronaut Personal Eye), in vista della realizzazione di un micro veicolo spaziale utilizzabile all’interno e all’esterno di veicoli orbitanti,  per il supporto alle attività umane anche extraveicolari; FOAM, un esperimento basato su un innovativo processo di realizzazione di materiale composito a base polimerica; IENOS, una serie di “nasi elettronici”, cioè sensori chimici, in grado di monitorare la qualità dell’aria sulla ISS; VIABLE ISS, per il monitoraggio dei vari generi di biocontaminazione da batteri e funghi presenti sulla Stazione Spaziale; NIGHT VISION, un esperimento per verificare la capacità di alcuni composti naturali della famiglia delle xantofile di sostenere la radiazione cosmica, in modo da programmarne poi l’introduzione nella dieta degli astronauti.

Ci sono poi sette esperimenti diversi del programma BIOKIS, nel campo della biologia cellulare e della radioprotezione, alloggiati in due container: BioS-PORE, per lo studio delle spore in ambienti estremi; Photo-Evolution, per esplorare la possibilità di produrre ossigeno in modo naturale in missioni di esplorazione umana dello spazio; HiDOSE, per il monitoraggio della radiazione cosmica primaria; TARDIKISS, che utilizza speciali organismi multicellulari in grado di colonizzare gli ambienti più inospitali della Terra (i Tardigradi) per studiare le capacità di  sopravvivere in condizioni di stress estremo; 3DISS, che misurerà la dose di radiazioni assorbita durante una missione spaziale di breve durata e valuterà il danno genetico sofferto dal soggetto; nDOSE, per lo sviluppo di nuove applicazioni come dosimetri a neutroni utilizzabili in viaggi intercontinentali o da popolazioni che vivono in alta quota; infine la curiosa Arabidops-ISS, che verificherà le alterazioni della fisiologia dei vegetali in ambiente spaziale, indagherà sul ruolo del citoscheletro nel percepire l’effetto gravitazionale e sul ruolo dei geni responsabili dei cambiamenti metabolici.

Ai dodici esperimenti a  bordo dello Shuttle va aggiunto “ASIA for Human Flight”, pensato per la prognostica medica nelle future missioni spaziali: si tratta di un algoritmo basato su reti neurali e sistemi esperti, implementati su processori in parallelo, che partendo dall’analisi dei principali parametri biologici dell’astronauta ricava l’evoluzione dello stato di decalcificazione ossea ed elabora la strategia curativa da applicare.

Va infine sottolineata la novità dell’approccio seguito dall’ASI nella preparazione di questa missione: un modello “partecipativo”, che ha saputo coinvolgere interessi, risorse e contenuti di diversi soggetti istituzionali, internazionali, scientifici, industriali e sociali del Paese. Basti pensare al ruolo delle scuole: sono circa 2.000 gli alunni di oltre 200 scuole elementari e medie di tutta Italia, che hanno risposto con entusiasmo e creatività al concorso a premi  “Disegna e Designa” per l’ideazione del nome (l’acronimo DAMA, appunto) e del logo della missione italiana.

E non mancherà un gioco multimediale associato alla missione: è “DAMALAB: gioca, galleggia e impara sulla Stazione Spaziale”, che saprà suscitare – si augurano all’ASI – sogni, aspirazioni e impegni non meno audaci di quelli di chi ha progettato, cinquant’anni fa, il primo sbarco sulla Luna.