Il Carbonio è l’elemento alla base della vita. Questo dato di fatto è universalmente conosciuto. Poco conosciuti invece sono gli straordinari agglomerati che si possono realizzare in ambito non biologico proprio con gli atomi di Carbonio: dai nanotubi al fullerene si può assistere a realizzazioni suggestive per la loro geometria e ancora più interessanti per le loro caratteristiche fisiche.



Nel 2004 due ricercatori della Università di Manchester, Andre Geim and Konstantin Novoselov, hanno scoperto un metodo per la realizzazione di uno dei più composti più semplici e allo stesso tempo più strani che si possano creare con il Carbonio: lo hanno chiamato grafene ed è un vero e proprio foglio di spessore pari a un atomo di Carbonio, costituito da una serie di esagoni di atomi Carbonio assemblati come le celle di un alveare. Le strabilianti caratteristiche fisiche e chimiche del grafene hanno portato i due ricercatori ad essere insigniti del Premio Nobel per la Fisica solo sei anni dopo.



Il grafene, sotto opportune condizioni fisiche, si comporta come un semiconduttore, cioè varia la sua conducibilità applicando ad esso un potenziale elettrico, e quando è nelle condizioni di conduttore, la sua conducibilità è straordinariamente elevata. Anche la sua conducibilità termica è molto elevata; e queste caratteristiche si uniscono al fatto che il grafene è anche molto resistente e modellabile.

Per questi motivi, già negli anni dopo la sua scoperta alcuni ricercatori hanno iniziato a pensare a possibili applicazioni in microelettronica, soprattutto per la sua straordinaria flessibilità: in particolare l’IBM ha realizzato un prototipo di transistor basato sul grafene.



L’ingegno umano non si pone mai limiti, e così negli ultimi mesi un gruppo di ricercatori della Berkeley University ha trovato un nuovo utilizzo per il grafene, inserendolo in un modulatore elettro-ottico. I modulatori svolgono la funzione di trasformare il segnale elettrico a certe frequenze in un segnale ottico.

Dal punto di vista ottico, infatti, il grafene passa da uno stato di trasparenza (potenziale negativo), a uno di opacità, a uno di trasparenza (potenziale positivo) a seconda del potenziale di campo elettrico cui venga sottoposto: se viene attraversato da un impulso quadrato, perciò, il grafene proporrà l’alternanza opaco-trasparente alla frequenza dell’impulso, con tempi di reazione molto piccoli.

Il grafene perciò riesce a svolgere il compito di un normale modulatore in modo molto più efficace e veloce di quando non accada solitamente, ma non solo: questo avviene a dimensioni molto più ridotte di quanto non accada nei normali modulatori, che hanno dimensioni di alcuni millimetri quadrati, e connettono il conduttore con una fibra ottica.

Il nuovo modulatore ha le dimensioni di circa 25 micron quadrati, circa 400 volte più piccolo della sezione di un capello umano: immaginare quindi un possibile utilizzo all’interno di strumenti piccoli come gli smartphone è perciò realistico e consentirebbe la conversione di un’ingente quantità di dati in segnale luminoso in tempi molto più ridotti di quanto non avvenga oggi. Insomma, la possibilità di vedere film in 3D in alta definizione sarà possibile anche sul palmo della nostra mano.

Commenta a questo riguardo Zhang, Direttore di un Centro di ricerca di Nano-Scienza e Nano-Ingengneria della NSF a Berkeley. «Questo è il più piccolo modulatore ottico del mondo, e i modulatori, nella comunicazione dei dati, costituiscono il cuore del controllo della velocità»; e conclude: «i modulatori basati sul grafene non solo offrono un incremento nella velocità di modulazione, ma possono anche portare una quantità molto più grande di dati in ogni impulso. Invece di ‘larghezza di banda’, perciò, noi potremo avere una ‘banda estrema’. Quello che si prefigura è un incremento grandissimo nelle prestazioni non solo negli strumenti dell’elettronica di consumo, ma anche in ogni campo ora limitati dalla velocità di trasmissione dati. Speriamo di vedere applicazioni industriali già nei prossimi anni».