Dormire, lo sappiamo bene, non è solo un modo per riposare il corpo, ma anche l’unico metodo che abbiamo per non sovraffaticare il nostro cervello. Il requisito fondamentale, però, è dormire bene. Quante volte ci siamo alzati la mattina mentalmente più spossati di quando ci siamo coricati? Spesso la ragione, soprattutto in estate, la attribuiamo al caldo o alla cena troppo pesante. In alcuni casi, però, il fastidio può essere continuo. Un fastidio alle volte silenzioso ma che, dati alla mano, è in grado di causare dei veri e propri deficit cognitivi.



Questo è il caso delle persone che soffrono di apnee notturne ostruttive. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista American Journal of Resipratory and Critical Care Medicine, opera di un team in cui figurano anche i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, chi soffre di apnee notturne ha delle modificazioni strutturali a livello del cervello con conseguenti possibili deficit cognitivi. La ricerca apre, però, una speranza: utilizzando un particolare trattamento che prevede la somministrazione di ossigeno è possibile curare il danno.



La caratteristica principale delle apnee ostruttive è il temporaneo arresto del respiro, che può durare anche molti secondi, mentre la persona è comodamente nel letto a dormire. Questo genere di disturbo è conseguenza di diversi fattori come il sovrappeso, la conformazione del palato e la deviazione del setto nasale. Quando si dorme la muscolatura delle vie aeree si rilassa causando l’avvicinamento delle pareti che rivestono il canale dove passa l’aria che respiriamo.

L’avvicinamento non è dannoso, ma, se associato ai difetti elencati precedentemente, può raggiungere un livello tale da far letteralmente attaccare tra loro le pareti causando la temporanea ostruzione. Nel mondo si stima che circa il 2% delle donne e il 4% degli uomini soffra di questo disturbo. Percentuale che sopra i 40 anni raggiunge il 15%.



Nello studio appena realizzato si è evidenziato che nei pazienti che soffrono di apnee notturne gravi possono insorgere non solo dei deficit neurocognitivi, ma anche modificazioni della struttura della sostanza grigia cerebrale. In particolare sono stati studiati 17 pazienti affetti da apnee notturne ostruttive in forma grave e 15 individui sani di pari età e scolarità.

La valutazione neurologica è stata effettuata sia attraverso test neuropsicologici sia con risonanza magnetica funzionale. Successivamente le persone sottoposte al test sono state trattate con una terapia specifica chiamata Cpap. Questa tecnica prevede la somministrazione di ossigeno per via nasale durante le ore di sonno. Dopo tre mesi di trattamento le prestazioni cognitive si sono normalizzate e la sostanza grigia a livello dell’ippocampo e delle regioni frontali è ritornata al suo normale volume.

Come dichiara il professor Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale San Raffaele Turro di Milano e coordinatore dello studio, «i risultati di questa ricerca non solo evidenziano che il problema dell’apnea ostruttiva del sonno (Osa) va oltre la sonnolenza diurna, ma sottolineano anche l’importanza di un trattamento specifico del disturbo per normalizzare i deficit cognitivi di cui spesso il paziente non è consapevole. Inoltre, la terapia che garantisce una maggiore continuità del sonno e un miglior livello di concentrazione di ossigeno nel sangue, sembra modificare positivamente anche la struttura della sostanza grigia cerebrale».

Resta ora da chiarire un punto: la tecnica utilizzata è in grado di far “ricrescere” la corteccia cerebrale perché migliora il sonno o perché migliora l’ossigenazione del cervello stesso? I ricercatori sono già all’opera per risolvere il dilemma.