Si riuniscono oggi a Roma, convocati per tre giorni dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), geofisici da tutta Europa per il 5th MagNetE Workshop on European Geomagnetic Repeat Station Survey, un appuntamento che si tiene ogni cinque anni e che ha visto l’Ingv, fin dal suo inizio, e in particolare la sezione “Geomagnetismo, Aeronomia e Geofisica Ambientale” nel ruolo di organizzatore e padrone di casa. Il convegno ha lo scopo di presentare, analizzare e confrontare i dati ricavati dall’attività di rilevamento e monitoraggio del campo magnetico terrestre; e nelle aspettative degli organizzatori c’è anche la possibilità di avviare, al termine di questa edizione del convegno, un’azione specifica che porti a realizzare una cartografia geomagnetica unificata europea. Ne parliamo con Antonio Meloni, Direttore della Sezione e chairman del Workshop.



Qual è il vostro ruolo nel monitoraggio del campo magnetico terrestre?

L’Ingv è noto al grande pubblico per la sua attività di gestione della rete sismica nazionale. Tuttavia, tra i suoi compiti c’è anche quello di registrare le variazioni del campo magnetico terrestre in Italia, di eseguire misure assolute e di preparare e validare i risultati per gli osservatori geomagnetici italiani e per quelli antartici situati presso la Stazione Mario Zucchelli (Baia Terra Nova) e sul plateau antartico presso la Stazione Concordia (Dome C). Gli osservatori sul territorio nazionale sono a Castello Tesino (TN) e nei pressi de L’Aquila, anche se quest’ultimo probabilmente troverà in futuro una diversa collocazione.



Perché è necessario monitorare il campo magnetico terrestre?

Perché, a differenza del campo gravitazionale, è in continua evoluzione nel tempo. È un campo che viene generato nel nucleo della Terra, che è composto sostanzialmente di ferro ad alta temperatura che innesca correnti elettriche responsabili appunto del magnetismo che noi misuriamo in superficie.

Come si ottengono le misure?

Si utilizzano i magnetometri, termine col quale sintetizziamo la particolare strumentazione che permette di rilevare tutte le componenti del campo magnetico e la loro variazione nel tempo. Una delle grandezze più note è la cosiddetta declinazione magnetica, in pratica l’angolo formato dall’ago della bussola con la direzione del Nord geografico; è la misura che per secoli ha permesso la grande navigazione e che deve essere tenuta sempre aggiornata, anche se oggi potrebbe sembrare superflua data la diffusione della navigazione satellitare. Tuttavia, resta un’informazione fondamentale, che può diventare essenziale in caso di guasto ai sistemi di navigazione automatici o peggio di loro interruzione per motivi bellici.



Quali sono i dati importanti da misurare?

C’è una variazione sistematica del campo magnetico, detta secolare, che è lenta e graduale. In questi ultimi decenni, ad esempio, in Italia la declinazione sta aumentando e negli ultimi quattro anni è aumentata di circa tre gradi. Questa è l’informazione rilevante ai fini della navigazione. Poi però ci sono perturbazioni indotte dall’evoluzione dell’attività solare. Il Sole, come è noto, sviluppa la sua attività secondo un ciclo di 11 anni, un’attività che si evidenzia dal numero delle macchie solari. Nel 2006-2007 abbiamo avuto la fase di minimo dell’ultimo ciclo e ora ci avviciniamo al massimo che si verificherà verso il 2013. In questi casi aumentano fenomeni come le tempeste magnetiche, cioè rapide e brusche variazioni del campo che hanno effetti importanti non tanto sull’uomo – su questo si sta ancora indagando e attualmente non ci sono evidenze chiare – quanto sui sistemi tecnologici: a risentirne particolarmente sono le migliaia di satelliti di vario tipo che ormai avvolgono il Pianeta nelle zone dell’alta atmosfera; ma anche i sistemi di distribuzione della corrente elettrica. Avvicinandosi quindi la fase di massima attività, la nostra azione di monitoraggio diventa ancor più importante.

Qual è l’entità della possibile variazione del’intensità del campo magnetico?

L’intensità del campo magnetico ha come unità di misura ufficiale il Tesla, ma questa è una unità molto grande per il campo terrestre che è piuttosto debole rispetto, ad esempio, anche a una semplice calamita da tavolo. Per contro è pervasivo e diffuso su tutto il Pianeta e si estende anche oltre, a grande distanza dalla Terra. Il suo valore sulla superficie terrestre in Italia si situa attorno ai 60.000 nanoTesla, ma nei momenti di maggiore variabilità, in presenza di intense tempeste magnetiche, può variare anche del 5-10%.

E le misure sono condotte solo nei due osservatori che lei ha nominato?

No, oltre a quelli c’è una rete di 116 punti dislocati su tutti il territorio dove andiamo a ripetere regolarmente, nell’arco dei cinque anni, le misure con un’apposita strumentazione mobile che oggi è quasi tutta di tipo elettronico. Lo scopo della misurazione distribuita è di arrivare a realizzare e aggiornare la cartografia, quindi di registrare come il campo cambia non solo nel tempo ma anche nello spazio. Così si capisce anche il senso di questi workshop e la loro cadenza quinquennale: in questi giorni noi presenteremo i risultati complessivi dell’ultima campagna di rilevamenti che si è conclusa nel 2010.

Ha molto colpito recentemente la notizia dello spostamento dell’asse terrestre in conseguenza del forte terremoto in Giappone; ciò ha rilevanza anche per il campo magnetico?

Bisogna distinguere bene tra asse di rotazione della Terra, che è associato alla dinamica della rotazione terrestre, e l’asse magnetico che è quello ideale del dipolo magnetico originato, come ho detto, nel nucleo terrestre. Il primo può essere influenzato da fenomeni tellurici di grandissime proporzioni; anche se comunque si tratta di variazioni di lievissima entità e quindi di difficile misurazione e accertamento. Nel caso dell’asse magnetico, invece, la variazione c’è e quindi c’è uno spostamento misurabile dei poli magnetici. Ad esempio, il polo Nord magnetico, attualmente in Canada, si sta spostando verso Nord a una velocità di diversi chilometri l’anno. Se poi consideriamo la variazione secolare di cui parlavo, abbiamo spostamenti anche rilevanti, tanto che si può arrivare, su scale temporali di centinaia di migliaia di anni, all’inversione dei poli: la storia del nostro Pianeta ha già registrato diverse inversioni della polarità magnetica.

 

(a cura di Mario Gargantini)