La Regione Veneto ha rilasciato una delibera che porta il limite di età per la fecondazione assistita fino ai 50 anni. Una decisione che già suscita polemiche. Di fatto, il Veneto rende possibile avere assistenza sanitaria a carico del sistema nazionale, pagando cioè solo il ticket, per tutte le donne fino ai 50 anni che vogliano fare uso di fecondazione assistita. La giunta a maggioranza leghista ha approvato all’unanimità. Il governatore Luca Zaia ha commentato che portare il limite di età a 50 anni perché non era più possibile non tener conto di un’aspettativa di vita “in crescita. Casi come quello di Gianna Nannini testimoniano la possibilità di procreare anche nella maturità. Abbiamo voluto andare incontro ai desideri della nostra gente e regalare un’opportunità alle pazienti più grandi. Non c’è niente di male”. Protestano invece i medici che parlano di false illusioni. Secondo alcuni medici infatti in Italia non si registrano parti di donne superiori ai 43 anni in procedura di procreazione assistita. Una tale tecnica, per una donna di 50 anni, significherebbe solo ingolfare le liste di attesa e sprecare dei soldi sottratti a pazienti più giovani che hanno invece le carte in regola per diventare mamme. Il professor Nardelli parla di limite di età non condivisibile. Aumenterebbero poi i casi di parto prematuro, morte del feto e altri problemi per la gestante. Il caso di Gianna Nannini, aggiunge, non dimostra assolutamente nulla.
Gli insuccessi, spiega, crescono con l’aumentare degli anni. Per il professor Sposetti infine, che anni fa praticò un cesareo a una donna di 63 anni, alimentare le speranze di signore mature è una presa in giro e uno spreco di denaro pubblico. E soprattutto per un bimbo avere una mamma-nonna non è una cosa positiva.