Gli astronomi sono convinti di avere individuato la fonte di una misteriosa raffica di raggi gamma che ha raggiunto la Terra nel marzo scorso e che continua ancora oggi, anche se a livelli ridotti.
RAFFICA DI RAGGI GAMMA – Il responsabile sarebbe un buco nero, distante 3,8 miliardi di anni luce, che ha inghiottito e fatto a pezzi una stella vagante. Il 28 marzo scorso il satellite Swift della Nasa ha notato per primo la raffica delle radiazioni invisibili, una delle più potenti dell’universo. Queste raffiche, pur essendo il risultato della deflagrazione di una stella di grandi dimensioni, sono individuate regolarmente e di solito cessano nell’arco di pochi minuti. Mentre questa sta continuando ancora oggi, e nei suoi primi due giorni l’intensità dell’esplosione è stata misurata in lunghezze d’onda invisibili a occhio nudo, e che sono luminose come centinaia di miliardi di soli. A riportare la notizia è l’ultima edizione della rivista specializzata «Science», che rivela che si tratta delle raffiche cosmiche più intense mai documentate dagli astronomi. «Questa è probabilmente la prima volta che l’umanità assiste a un fenomeno di questo tipo», ha dichiarato a Usa Today l’astronomo dell’University of California-Berkeley, Josh Bloom, principale autore di uno dei due studi sull’esplosione.
LA STELLA «DIVORATA» – La scoperta aggiunge nuove prove alla teoria secondo cui la maggior parte delle galassie, inclusa la Via lattea, ospitano enormi buchi neri nel loro centro, che sono solitamente quieti, ma sempre pronti a distruggere qualsiasi cosa si avvicini troppo. «Comprendere questo è stata come una lunga detective story», ha osservato sempre Bloom. Swift e altri satelliti hanno individuato l’origine dell’irradiazione del marzo scorso nel centro di una galassia distante circa 22,4 trilioni di miliardi di miglia dalla Terra. La maggior parte delle esplosioni dei raggi gamma ha origine dai bordi delle galassie, le isole di stelle che riempiono lo spazio, e si ritiene che siano la conseguenza del collasso improvviso di grandi stelle. Per Bloom, «la maggior parte delle galassie, inclusa la nostra, hanno un enorme buco nero al centro». Un’analisi presentata dal suo gruppo di ricerca e un’altra guidata da Andrew Levan dell’università britannica di Warwick suggeriscono che la misteriosa irradiazione si sia verificata quando un buco nero, il cui peso è superiore al Sole di dieci milioni di volte, ha distrutto una stella vagante nel giro di pochi istanti, divorandone i gas. Il calore intenso dei gas contenuti nella stella ha fatto ruotare alla velocità della luce il buco nero, creando fasci di radiazioni che fuoriuscivano dal suo interno.
BUCHI NERI E GALASSIE – Uno di questi fasci è stato puntato direttamente verso la Terra, la cui atmosfera la protegge però dagli effetti di queste irradiazioni, che sono state comunque individuate dal satellite Swift. Le esplosioni hanno impiegato 3,8 miliardi di anni a raggiungere la Terra. L’astronomo Dave Goldberg, coautore del libro «Una guida all’universo», sottolinea invece che «vedere una stella fatta a pezzi da un buco nero a circa 4 miliardi di anni luce di distanza è un fatto abbastanza notevole. Vogliamo studiare i buchi neri perché sono dei portentosi laboratori naturali per comprendere che cosa accade alla materia in concentrazioni di energia molto elevate». Per Bloom però solo circa il 10% di tutte le galassie sembra avere un buco nero super-massiccio che si nutre attivamente di stelle e di gas. Quello al centro della Via lattea sarebbe comunque un buco nero dormiente. Come aggiunge lo scienziato, «è stato solo un fortuito incidente della geometria se questi raggi sono stati puntati proprio nella nostra direzione». Fatto sta che il gruppo di ricerca di Chandra, il telescopio a raggi X della Nasa, ha rilevato che anche le galassie più antiche, quelle nate entro un miliardo di anni dal Big Bang avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa, ospitano delle versioni nane di questi buchi neri. E invece di finire per inghiottire le prime galassie, sembra che ne abbiano favorito la crescita.
(Pietro Vernizzi)