Le conquiste della scienza offrono formidabili possibilità di comprensione del mondo e delle dinamiche dei fenomeni fisici. Da questa conoscenza e dall’osservazione di dati e tracce nel reale l’uomo ha imparato a ricostruire vicende storiche a noi vicine o lontane. Lo scienziato attento ai dati può infatti utilizzare discipline che a un primo sguardo sembrano lontanissime per ricostruire avvenimenti storici e trovare le motivazioni che li hanno generati. È il caso della meteorologia e della storia umana.



Il clima, nelle sue manifestazioni locali e globali, è la risultante di una serie di numerosi fattori, che sono in rapporto dinamico e complesso fra loro. Come tale, è soggetto a variazioni anche importanti e a volte repentine, dove per “repentine” si intendono modifiche delle caratteristiche macroscopiche in periodi di poche decine di anni. Il caso storico sul quale lo studio del clima ha dato ultimamente risultati significativi è la comprensione della scomparsa delle colonie Vichinghe dalle coste della Goenlandia: ben due articoli in meno di un mese hanno trattato la medesima questione, utilizzando differenti metodi di indagine.



I Vichinghi, grandi viaggiatori, colonizzarono le coste della Groenlandia fin dal X secolo d. C., chiamandola appunto “Terra verde”, nei secoli della massima fioritura medievale: mentre nell’Europa delle abbazie e dei comuni Dante dava corpo a una delle più grandi opere letterarie della storia umana e innumerevoli artisti e architetti rendevano splendide le nostre città, gli antichi popoli dell’attuale Norvegia fondavano e sviluppavano una nuova società sulle coste dell’immensa isola sub-polare. La Groenlandia evidentemente offriva buone possibilità dal punto di vista dell’agricoltura e della pastorizia e gli insediamenti vichinghi si stabilizzarono per alcuni secoli. Eravamo in un momento, dal punto di vista climatico, favorevole a questo tipo di insediamenti: studi approfonditi sulle dinamiche climatiche negli ultimi mille anni infatti ci dicono che la temperatura media terrestre nei secoli del Medioevo raggiunse un picco del tutto paragonabile a quello cui siamo sottoposti attualmente, tanto che i climatologi arrivano a parlare di “optimum medievale”.



Ma il clima, pur essendo un’osservabile indiretta che media le caratteristiche fisiche di una certa regione su un lasso di tempo di almeno 30 anni, può variare significativamente: all’optimum medievale succedette un periodo di circa un secolo nel quale la temperatura media terrestre scese di qualche grado (più di 4), causando un peggioramento delle condizioni di vita, soprattutto nelle zone più a Nord. La Groenlandia iniziò a ricoprirsi di ghiacci e le condizioni meteorologiche mutarono anche in tutta Europa, con una espansione temporale delle stagioni fredde, estati più brevi e temperature in generale meno miti. La differenza di temperatura fu tanta che si arriva a parlare addirittura di “piccola età glaciale”. Il periodo andò dai primi decenni del 1400 al 1500 inoltrato.

Il lavoro svolto da William D’Andrea, dell’università Brown, ha preso in considerazione l’andamento climatico in Groenlandia negli ultimi 5600 anni e ha messo in luce le oscillazioni della temperatura, che hanno portato alla scomparsa degli insediamenti di due civiltà anteriori ai Vichinghi: i Saqqaq, che rimasero in Groenlandia dal 2500 avanti Cristo all‘850, e i Dorset, che si sostituirono ai Saqqaq e rimasero fino al 50 avanti Cristo.

È la prima analisi quantitativa sulle temperature nella zona di due laghi nel Kangerlussuaq, vicina all’insediamento Vichingo Occidentale. L’analisi è stata condotta facendo rilevazioni sul ghiaccio dei due laghi e ha permesso di quantificare l’entità della variazione di temperatura e il periodo nel quale è avvenuta. Si è così scoperto che i Vichinghi hanno abbandonato la Groenlandia all’inizio del 1400, ma il trend di abbassamento della temperatura media nella regione è iniziato ben 80 anni prima, raggiungendo una differenza di 4 gradi rispetto al periodo precedente. Questo fatto ha posto i Vichinghi di fronte una scelta: o la revisione delle proprie abitudini, pur di rimanere, o abbandonare tutto. Gli antichi Norvegesi scelsero di andarsene.

Il secondo lavoro, diretto da Sofia Ribeiro, dell’università di Chopenagen, sostanzialmente concorda con la situazione descritta da d’Andrea, pur partendo da metodi di analisi diversi, avendo svolto indagini sui record marini e ristretto il campo agli ultimi 1500 anni. La Ribeiro mette in luce l’insegnamento che in qualche modo ci arriva dalla vicenda dei Vichinghi: erano un popolo fiero delle proprie tradizioni, anche della propria capacità di agricoltori e non accettarono il cambiamento che le nuove condizioni gli imponevano, cosa che invece gli abitanti della Groenlandia, gli Inuit, non fecero, rimanendo nella loro terra, anche si raffreddava sempre più.

È un problema molto attuale: è la grande questione della adattabilità, con la quale, volenti o nolenti, per cause antropiche o meno, dobbiamo fare i conti anche noi “moderni” che stiamo assistendo a un aumento delle temperature anche più veloce e consistente di quanto hanno dovuto -in direzione opposta- soffrire i Vichinghi.